Foto: un momento delle premiazioni al Petra Cantare International Choral Festival (Surabaya, Indonesia, febbraio 2025)

Un dialogo senza confini

Nel mio recente viaggio in Indonesia ho avuto il privilegio di assistere a un fervente movimento compositivo nel mondo della musica corale. L’entusiasmo con cui i compositori locali esplorano e sviluppano nuove armonie è impressionante, e pur trattandosi di linguaggi molto distanti dalla nostra cultura musicale, le loro opere dimostrano una vitalità straordinaria. Le strutture ritmiche ostinate e l’uso sapiente delle dinamiche riflettono l’energia e la ricchezza espressiva di un Oriente che sta lasciando un segno sempre più evidente in questa disciplina. Ma in un’epoca in cui la globalizzazione permea ogni aspetto della nostra esistenza, ci si può chiedere: come possono incontrarsi il mondo occidentale e quello orientale? E ancora, è giusto che la contaminazione culturale diventi sempre più intensa? La risposta a questi interrogativi non è univoca, ma la mia esperienza mi ha portato a considerare la fusione culturale non come una perdita, bensì come un arricchimento reciproco. Durante il mio soggiorno ho avuto l’occasione di ascoltare esecuzioni di Palestrina e Monteverdi da parte di cori indonesiani. Non ho percepito alcuna forzatura né ho mai pensato che quel repertorio fosse esclusiva prerogativa dell’Occidente. Al contrario, ho assistito a un’interpretazione fresca e genuina, che, pur provenendo da un contesto culturale differente, risuonava con autenticità e rispetto verso la tradizione europea. Certo, il modo con cui questi cori affrontano la musica rinascimentale può lasciare perplessi per la spontaneità e la naturalezza con cui si accostano a un repertorio che per noi è frutto di un lungo percorso storico ed estetico. Tuttavia, questa apertura è sinonimo di educazione alla prassi e di un dialogo culturale che va oltre le barriere geografiche.

Un momento delle premiazioni al Petra Cantare International Choral Festival (Surabaya, Indonesia, febbraio 2025)

La musica, nella sua essenza più profonda, è un linguaggio universale. Imprigionare i tesori musicali entro confini rigidi significa privare l’umanità della possibilità di condividere bellezza e conoscenza. La musica corale, con la sua capacità di unire le voci in un’unica armonia, è un perfetto simbolo dell’incontro tra popoli e culture. Accogliere la diversità di interpretazione e lasciare che la musica viaggi liberamente significa contribuire alla sua evoluzione e diffusione.
Dunque, la sfida non è solo quella di accettare che il nostro patrimonio musicale possa essere eseguito in ogni angolo del mondo, ma di riconoscere il valore della reciprocità: così come Monteverdi risuona in Indonesia, le sonorità orientali possono entrare a far parte del nostro repertorio corale. In questa continua osmosi culturale, la musica dimostra ancora una volta di essere il mezzo più potente per abbattere i confini e creare ponti tra le diverse tradizioni del mondo.