Dalla propriocezione alla sintonizzazione attraverso l’empatia e l’evocazione emozionale

Moltissime volte ci siamo trovati in occasioni di chiedere ad un/a corista di un coro amatoriale di cantare la propria parte di un certo brano. Nella stragrande maggioranza dei casi, potremmo leggere sul suo volto un evidente e plausibile disagio, seguito da una serie di scuse e/o motivazioni (“non ricordo bene la parte”, “sono senza voce”, “il direttore non l’ha insegnata bene”, ecc).

Il disagio poi, comprensibilmente, aumenterebbe se tale richiesta fosse fatta in presenza dell’intero gruppo corale. Generalmente i direttori, conoscendo questa timida ritrosia, se possibile, tendono ad evitare di far eseguire solisticamente le singole parti. Quali considerazioni esperienziali possiamo trarre da questo comportamento naturale, legittimo e autoprotettivo? Ecco alcune che ci hanno portato ad approfondire un approccio a tutto tondo, ispirato proprio dai coristi, persone che risuonano e si incoraggiano insieme, in coro; considerazioni per provocare ed ampliare il proprio percorso corale e direttoriale:

– la compagine corale amatoriale condivide e supporta debolezze e fragilità: lo stare insieme a cantare permette di superare la bassa autostima, dando forza e dignità al singolo tramite il gruppo;

– la pedagogia corale si basa generalmente sulla performance e sulla prestazione melodica, insistendo nell’eseguire la parte secondo quanto scritto nel pentagramma, tralasciando talvolta fattori emozionali che favorirebbero l’apprendimento;

– il ritmo ed il metro sono “corpo”: battito cardiaco, pulsazioni, energia vascolare, muscolare, neurologica che si irradia. La stessa emissione vocale, produce vibrazioni che possono essere acquisite e condivise con i presenti;

– si trascura, perdendo in sicurezza e consapevolezza, la percezione dei propri meccanismi fisiologici (propriocezione) durante il meccanismo affascinante della fonazione che, partendo dalla respirazione, coinvolge la laringe, il cavo orofaringeo, l’epiglottide, la lingua, i denti, il palato e le cavità nasali.

Si ritiene quindi maggiormente utile e necessario utilizzare un approccio “olistico” che attenzioni non solo la figura del corista come esclusivo produttore vocale, ma la persona nella sua interezza, che dona la propria voce al coro. La persona è composta di sensi, percezioni, emozioni, veicolate anche dal ritmo corporeo e dall’energia vibrazionale che emette e distribuisce, e che caratterizzano la relazione umana tramite, soprattutto, la voce (il termine persona, di probabile origine etrusca, da Phersu, significava ‘maschera teatrale’ utilizzata anche per amplificare la voce). Inoltre, a favore di un approccio globale e ampliando gli orizzonti delle nostre riflessioni, bisogna anche considerare che la musica evoca stati emozionali da vivere e gestire, anche dimenticati, che possono rimanifestarsi all’ascolto di uno specifico brano (melodie ascoltate durante la prima infanzia o durante l’adolescenza, colonne sonore di eventi significativi, ecc) e che possono inaspettatamente farci ‘vibrare’ ed emozionare fortemente. Anche l’esperienza del vero ascolto, l’‘orecchio’, ha un carattere totalizzante: «L’orecchio non ha palpebre… il suono ignora la pelle, non sa cosa sia un limite: non è né interno né esterno. Illimitante, non è localizzabile. Non può essere toccato: è l’inafferrabile. Udire non è come vedere. Ciò che si vede può essere rimosso dalle palpebre… L’udito è la percezione più primitiva nel corso della storia personale: precede di gran lunga la vista, persino l’odorato… Sentire è essere toccato a distanza! È in questo che la musica rende involontariamente intimi dei corpi giustapposti… Il suono non si emancipa mai del tutto dal movimento del corpo che lo causa e che lui amplifica. La musica non si dissocerà mai del tutto dalla danza che anima ritmicamente. Non si può essere impermeabili di fronte al sonoro. L’udito è l’unico senso in cui l’occhio non vede1».

Propriocezione, Sintonizzazione, Empatia

Rientrando quindi nel tema del titolo, una riflessione su propriocezione, sintonizzazione ed empatia, andiamo a vedere cosa significano questi termini e in che modo possono contribuire a facilitare la produzione corale.

Propriocezione

Con il termine propriocezione si vuole descrivere l’insieme delle informazioni sensoriali che permettono al corpo di riconoscere la posizione di sé, delle sue parti nello spazio in rapporto al mondo esterno e il loro movimento. La propriocezione assume un’importanza fondamentale nel complesso meccanismo di controllo del movimento e della postura. Il termine fu coniato da C. S. Sherrington nel 1906 da receptus (atto del ricevere) e proprius (da sé stesso) per definire il senso di percezione della posizione del corpo. In buona sostanza, per propriocezione si intende la capacità di riconoscere quanto succede nel nostro corpo tramite una accurata osservazione interna, come “girare gli occhi all’interno” e guardare tutte le modificazioni muscolari, scheletriche, neurologiche prodotte da movimenti meccanici e fisiologici, facendo attenzione alle vibrazioni prodotte. Consiste anche nell’attenzionare le modificazioni corporee dovute al riconoscimento delle emozioni.  Nella pratica vocale e corale, la propriocezione parte dall’auto-osservazione:

1. della postura (appoggio dei piedi, colonna vertebrale, testa)

2. del respiro (clavicolare, toracico, addominale, apnee)

3. della laringe e faringe

4. delle varie posizioni che la lingua assume nella pronuncia delle vocali e delle consonanti

5. dell’apertura/chiusura delle labbra

6. delle vibrazioni dei risuonatori (orofaringei, nasali, ossei). Auspicabili, in questo contesto, sperimentazioni di pratiche di humming e canto armonico. Una ulteriore riflessione: tutto ciò risiede in una testa che occupa circa un decimo di tutto il nostro corpo! Pensate a quanta ricchezza vi alberga: una ricchezza che trasuda il nostro linguaggio interno ed emozionale, che ci rende unici ed irripetibili, e che costituisce il pilastro delle nostre interazioni.

Sintonizzazione

Forse non c’è ancora consapevolezza che la pratica del cantare assieme possa sincronizzare anche i battiti del cuore dei coristi, creando un legame unico; eppure la ricerca neuroscientifica ha dimostrato che, quando le persone cantano insieme, accadono fenomeni straordinari nel loro corpo e nella loro mente. Uno degli aspetti più affascinanti è appunto la sincronizzazione dei battiti del cuore: i cuori dei coristi tendono a battere all’unisono durante una performance, un riflesso di una connessione emotiva e sociale profonda. Come funziona? Quando cantiamo, il respiro diventa sincronizzato con le frasi musicali. Questo respiro comune porta i battiti cardiaci dei coristi ad entrare in sintonia, creando un ritmo collettivo che rafforza tantissimo il senso di appartenenza. Questo fenomeno avviene in modo naturale e inconscio nelle persone e trasforma radicalmente la dinamica del coro. Le persone si sentono unite, si abbattono le barriere interpersonali e cadono le inibizioni tra i membri del un gruppo, facilitando la formazione di legami sociali.

Aurora pacchi

Empatia

Il termine empatia deriva dal greco “en-pathos” (sentire dentro), e consiste nel riconoscere le emozioni degli altri come se fossero proprie, calandosi nella realtà altrui per comprenderne punti di vista, pensieri, sentimenti ed emozioni. L’empatia, in un coro, si traduce anche nella capacità di immedesimarsi nel senso del brano che si andrà a eseguire. Per questo è di fondamentale importanza costruire una cornice culturale di riferimento del pezzo, permettendo così, sia al direttore che ai coristi, di dare un impulso emotivo e quindi interpretativo, alle parole che si andranno a cantare, facilitando un sentire comune che può sostenere l’energia canora di tutti i partecipanti.

Alcuni metodi di pedagogia vocale volti alla propriocezione, sintonizzazione ed empatia

Molti sono gli esperti di pedagogia vocale, molti i metodi, la letteratura e anche i social abbondano di proposte interpretative: dalla nostra esperienza che abbraccia anche i campi della musicoterapia, ci permettiamo di consigliare alcune interessanti metodologie finalizzate alla propriocezione, sintonizzazione ed empatia, approfondibili anche online.

SOVTe (Semi-Occluded Vocal Tract exercises)

Gli esercizi di tale metodo, sono utili per aumentare la propriocezione interna del tratto vocale, ottenendo un massimo risultato con il minimo sforzo e cioè minor fatica fonatoria con migliore qualità risonanziale e maggiore disponibilità armonica. Di questi esercizi fanno parte i classici vocalizzi, glissati e scale con la consonante /M/ detti “Humming”, le sirene con /n/ velare e altri vocalizzi che utilizzano le mani come ausilio per creare una maggior pressione sopraglottica. Gli esercizi di respirazione sono fondamentali per aumentare la propriocezione della muscolatura respiratoria e delle tensioni muscolari. Utilizzando ad hoc fasce elastiche o foulard intorno alle costole si possono percepire i muscoli che intervengono sia nell’inspirazione che nell’espirazione, lavorando su tempi diversi in “inspirazione-apnea piena-espirazione-apnea vuota”, andando a percepire e a controllare consciamente la respirazione. Una buona percezione del lavoro muscolare in glottide ci permette di sentirne la qualità e di dosare la forza muscolare, suggerendo esperienze di apertura e chiusura totale della glottide che danno la possibilità di sentirne la quantità e la qualità di lavoro, promuovendo inoltre la propriocezione e stati di tensione/distensione.

Aurora Pacchi

EVT (Estill Voice Training)

Le “Figure per il Controllo della Voce” di EVT (Estill Voice Training) e le “Qualità Vocali Estill” permettono di avere padronanza delle combinazioni delle varie parti anatomiche del tratto vocale per avere stili diversi a seconda delle esigenze artistiche e stilistiche.

L’EVT è uno strumento pratico e scientifico che, lavorando attraverso la propriocezione del tratto vocale e della muscolatura, permette di avere dei buoni risultati in termini di emissione vocale equilibrata e senza sforzi. Attraverso la conoscenza e la pratica si imparerà a controllare la qualità risonanziale e timbrica del suono aumentando la propriocezione e stimolando la ricerca sensoriale e propriocettiva.  La pratica eutonica (giusto tono muscolare), presa in prestito dalle tecniche distensive propriocettive della Psicomotricità Funzionale® di J. Le Boulch, permette di ritrovare il giusto tono muscolare sia nella produzione vocale che in quella respiratoria migliorando la qualità della propriocezione.

Metodo Lichtenberger®

Il Metodo Vocale Lichtenberg®, fondato dalla cantante e insegnante Gisela Rohmert nel 1982 con il nome Institut für funktionales Stimmtraining (‘Istituto di Training Vocale Funzionale’ di Lichtenberg, in Germania) si pone come obiettivo non solo di formare al suono cantato o parlato, ma di fornire un itinerario volto all’acquisizione di una conoscenza di sé e della propria corporeità attraverso la scoperta del proprio suono e l’utilizzo funzionale dell’apparato vocale. Si tratta di un percorso personale guidato da una pedagogia stimolativa, rivolta alla persona nella sua globalità che, risvegliando la propriocezione del nostro ricchissimo mondo fisiologico e sensoriale, permette di dialogare con ciò che ci accade e di espandere la coscienza percettiva allontanandoci dai modelli del controllo muscolare o dell’abitudine, alla scoperta di nuove potenzialità. Protagonista centrale di tale pedagogia è proprio il Suono e i suoi parametri, raffinati ordinatori, che coordinandosi in un naturale processo sinergetico, creano le condizioni per fare esperienza di flessibilità e leggerezza, maggiore estensione e inattese risonanze. È in questa vibrante esperienza che scopriamo un’altra, privilegiata, possibile via nascosta dalle nostre abitudini esecutive e dalla nostra quotidianità, troppo spesso minata da fattori di stress, paure e relative tensioni, più o meno consapevoli. Conoscere i “luoghi del canto” (anatomia e fisiologia), gli organi direttamente interessati (laringe, orecchio, respiro, ecc) e le loro relazioni, diviene così un percorso esperienziale e non solo intellettuale. Il Suono della voce diviene quindi uno strumento privilegiato, che ci permette di entrare in relazione con le tutte nostre strutture, sul piano fisiologico, psichico ed emozionale e nelle loro manifestazioni più profonde, conducendoci in una dimensione segreta, intima e ricca di potenzialità inesplorate.

1. Pascal Quignard, L’odio della musica, Torino, EDT, 2015.

Per approfondire:

• Donna Farhi, Il grande libro del respiro. Esercizi e tecniche per ottenere salute e vitalità, concentrazione e rilassamento, Cesena, Macro, 2018

• Kristin Linklater, La voce naturale, Milano, Franco Angeli, 2006

• Patsy Rodenburg, Il diritto di parlare. Lavorare con la voce, Milano, Franco Angeli, 2015

• Corrado Veneziano, Manuale di dizione, voce e respirazione, Nardò, Besa, 1997

• Buddhadasa, La consapevolezza del respiro. Un manuale per il principiante serio, Roma, Astrolabio-Ubaldini, 1998

• Silvia Magnani, Io sono la mia voce. Quando la mente fa ammalare la voce, Milano, Volontè & Co, 2020

• Jonathan Goldman e Andi Goldman, L’effetto ‘mmmmmm…’: il canto a bocca chiusa ci guarisce?, Rimini, Amrita, 2017

• Flora Gagliardi, Percezione, conoscenza, arte, terapia, [s.l., s.n.]

• Alfred A. Tomatis, L’orecchio e la vita, Como, Xenia, 2013

• Alfred A. Tomatis, Ascoltare l’universo: dal Big Bang a Mozart, Milano, Baldini & Castoldi, 2005

• David Rossato, Voiceling, la voce che cura. Spunti per un counseling centrato sulla voce, [pubblicato in proprio], 2014

• Laura Pigozzi, A nuda voce. Vocalità, inconscio, sessualità, Torino, Antigone, 2008

• Giovanni Battista Bortoluzzi, Cantare gli armonici. Il Metodo 4L. Guida teorica e pratica all’utilizzo melodico degli armonici naturali della voce, Roma, Di Leandro & Partners, 2024

Aurora Pacchi – Cantante, insegnante di canto, musicoterapeuta, psicomotricista funzionale. Aurora Pacchi è laureata in Lettere e Filosofia all’Università degli studi di Pisa, cantante del gruppo Madaus, cantautrice, insegnante di canto, musicoterapeuta, diplomata al Corso Quadriennale di Musicoterapia di Assisi, iscritta al Master post-universitario in Psicomotricità Funzionale Jean Le Boulche a Firenze, Estill Voicecraft I e II Livello, corso EFP Estill Voicecraft, I livello metodo Tomatis. Studia canto armonico e si interessa all’espressione vocale, frequenta corsi sulla tecnica del Teatro dell’oppresso (Teatro do Oprimido), sul canto trasformatore e terapeutico, Brain Gym e Kinesiologia Educativa. Insegna canto moderno presso l’Accademia musicale Alta Valdera di Peccioli (PI) e il “Cantiere Madaus” di Lajatico (PI). Da oltre dieci anni è la musicoterapeuta di riferimento della Valdera occupandosi di diversi disturbi tra cui, principalmente, l’autismo.

Daniele GuiottoOrganista e direttore di coro,  diplomato in Musicoterapia. Pur non facendo della musica la sua occupazione lavorativa principale, per oltre trent’anni Daniele Guiotto è stato organista liturgico, direttore di coro e corista, approfondendo tematiche relative soprattutto alla voce. Ha partecipato a diversi corsi di approfondimento sulle tecniche direttoriali per coro e orchestra, sui metodi Tomatis e sul metodo funzionale di Gisela Rohmert. Raggiunta la pensione, ha concluso il percorso della Corso Quadriennale di Musicoterapia di Assisi, diplomandosi nel 2022 con una tesi su “Voce e Musicoterapia”. Frequenta il corso biennale di specializzazione “Musicoterapia e Vocalità” organizzato da Aulòs di Trieste e i corsi di Composizione e Musiche Tradizionali e Popolari presso il Conservatorio “A. Steffani” di Castelfranco Veneto (TV).