L’interno della Cattedrale di Bologna ed il suggestivo effetto di luce che si verifica ogni anno a maggio (foto di Martina Caroli)
L’Archivio musicale della Cattedrale di S. Pietro si trova presso l’Archivio Generale Arcivescovile di Bologna, e contiene grosso modo le musiche usate nelle celebrazioni liturgiche a partire dal secolo XVII fino alla fine dell’Ottocento. Fu perlopiù ignorato dagli studiosi fino a circa il 1983, quando Elita Maule incominciò una nuova schedatura dell’Archivio basato sui generi ivi presenti, che però non fu mai completata: l’ultimo indice si deve a Petronio Belvederi, che nel 1845 ne curò uno per autore e generi, poi integrato con aggiunte successive (molti manoscritti e spartiti non vi sono riportati). Nel 2015 il dott. Lars Magnus Hvass Pujol ha incominciato un’opera di catalogazione e messa in sicurezza dell’archivio stesso, tuttora in corso: in totale l’Archivio consta di 1330 manoscritti.
La musica nella Cattedrale di Bologna
Nonostante si abbiano testimonianze di musica in Cattedrale a partire dai secoli XIII-XIV (come si evince dalla raccolta di corali miniati presenti nell’Archivio del Capitolo della Cattedrale, i cui più antichi esempi, come quello contenente il Proprio della Messa, risalgono almeno all’inizio del ‘300), non abbiamo molte informazioni su come si eseguissero tali musiche. Abbiamo inoltre testimonianze dell’esecuzione in Cattedrale anche di musica figurata (ossia polifonica) a partire dal XVI secolo, e della presenza di un organista stabile a partire dalla fine del XV secolo, ma non vi sono resoconti d’archivio di quali musiche venissero eseguite.
Grazie a notizie d’archivio sappiamo che con il pontificato del cardinale Gabriele Paleotti, tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, la cappella musicale fu fondata come cantoria e stipendiava mensilmente una decina di cantori professionisti ed un trombone, oltre ai mansionari, ai cappellani, ai chierici e alla scuola dei putti; dal 1592 si hanno testimonianze dell’uso del violino almeno saltuariamente, e il suo primo utilizzo risulta nell’Oratorio di S. Pietro, quindi in contesto extra-liturgico.
La scarsità di notizie sull’organico della cappella musicale nel XVII secolo è sconcertante, ma forse dovuta ad una sua stabilità d’organico: si sa infatti che dal tempo del magistero di Lorenzo Perti e del nipote Giacomo Antonio Perti (i quali tennero la cappella alla fine del XVII secolo), l’organico era ormai stabilito e tale rimase fino alla fine del ‘700, ovvero un cantante per voce (cantus, altus, tenor e bassus), due violini, un violoncello ed un violone oltre all’organista, il maestro di cappella e gli alzamantici; si sa però che in occasioni particolarmente solenni, come la Messa solennissima fatta celebrare dal cardinale Boncompagni il 21 dicembre 1716, essa comprendeva ben 21 strumentisti ed un coro di 25 elementi.
I manoscritti
Sarà dunque dalla metà del XVIII secolo che si inizierà a formare stabilmente l’Archivio musicale, periodo in cui i vari maestri di cappella inizieranno a far propria la concezione di lasciare le proprie composizioni alle chiese in cui avessero prestato servizio – quindi, per riferirci al nostro archivio, fino al magistero di Antonio Mazzoni, che nel 1769 lascia come legato testamentario tutta la sua produzione alla conservazione nell’Archivio; e così fecero i suoi successori, come Gabriele Vignali, Ignazio Fontana, Giovanni Tadolini e Benedetto Donelli.
Dei precedenti (i già citati Lorenzo e Giacomo Antonio Perti, Giacomo Cesare Predieri e Angelo Antonio Caroli) non si conservano veramente che pochi manoscritti: due di G. A. Perti, un Adoramus te Christe (Belvederi, Settimana Santa, 42) ed un Dixit Dominus a 4 con strumenti (Belvederi, Perti, 1): di Predieri invece sono conservati invece 6 manoscritti1 di genere liturgico vario.
Come si è detto i successori di Predieri – di cui Antonio Mazzoni (in carica dal 1779 al 1785) fu il primo, con un lascito di più di 50 manoscritti, Gabriele Vignali (1785-1798) il secondo con più di 110 e Ignazio Fontana (1798-1820) con una sessantina – furono molto generosi nelle loro donazioni: Giuseppe Pillotti (in carica dal 1820 al 1825, anno in cui venne eletto maestro di cappella in S. Petronio) donò invece un solo manoscritto. Il successore di Pillotti fu Giovanni Tadolini (1825-1872), che fece lunghi periodi di assenza per impegni operistici a Parigi e in Italia, poi sostituito da Antonio Fabbri, Benedetto Donelli e Giuseppe Busi: egli lasciò all’Archivio 75 brani registrati nell’indice Belvederi ed altri 130 non registrati (probabilmente successivi all’Indice). Nel dicembre del 1872 il capitolò nominò Antonio Fabbri, che lasciò all’Archivio una quindicina di manoscritti e fu sostituito nel settembre 1887 da Federico Parisini, del quale cui sono presenti solo due musiche per la Madonna di S. Luca; nel 1891 fu eletto Alfonso Milani, ultimo maestro di cappella del XIX secolo, che lascia all’Archivio solo una composizione in una silloge di piccoli brani bandistici sempre per la Madonna di S. Luca.
D. G. M. Carretti, Responsi da morto a due voci cioè tenore e basso con organo
L’indice di Belvederi
Scorrendo l’indice Belvederi (che come si è detto è il più recente di cui disponiamo, compilato nel 1845) possiamo avere un’idea di che cosa sia contenuto nell’Archivio musicale di S. Pietro: l’indice è diviso per autori (ne presenta 19: Alberghini, Basili, Beccantini, Bertoni, Caretti, Dallari, Dal Fiume, Donelli, Favi, Fontana, Gibelli, Mazzoni, Martini, Predieri, Perti, Tesi D. Angelo, Tesi D. Valerio, Tadolini e Vignali)2, nonché sette categorie determinate dalla destinazione liturgica delle composizioni (Settimana Santa, Inni Exultet, Tantum Ergo, Te Deum, Litanie, Beata Vergine, Per Defunti), a cui Belvederi aggiunse in secondo momento la categoria Mattei.
G. A. Perti, Miserere a 8 voci e basso continuo
Belvederi compilò anche un secondo indice, detto Indice dei Pezzi, che permetteva la ricerca per generi attraverso i rimandi all’indice generale secondo 26 categorie (Chirie, Chirie e Gloria, Gloria, Beatus Vir, Laudate Pueri, Laudate Dominum, Nisi Dominus Laetatus sum, Credidi, In Convertendo, Domine probasti, De Profundis, Inni, Magnificat, Tantum Ergo, Messa a pieno, Introiti, Antifone e Te Deum). Queste ci fanno intuire che tipo di brani siano conservati nell’Archivio e soprattutto ci danno un’idea del loro utilizzo liturgico-musicale: possiamo notare come essi siano afferenti soprattutto all’Ordinarium della Messa e ai salmi presenti nei vari communia delle ufficiature festive vespertine secondo i libri liturgici romani, nella forma che oggi viene identificata ‘straordinaria’; è inoltre interessante notare le voci Pezzi di Gloria e Pezzi di Credo, che afferiscono alla pratica molto usata nella musica sacra dei secoli XVIII-XIX di creare messe ‘pasticcio’, ovvero composte da sezioni chiuse (tipiche delle messe concertate italiane) di diversi autori, oppure di prevedere in musica polifonica solo alcune sezioni dell’Ordinario, lasciando il resto in canto fermo.
Degna di nota è inoltre la sezione Exultet: essa indica l’inno Exultet orbiis gaudiis, che il Liber Hymnarius3 fa risalire al X secolo circa, afferente al Comune degli Apostoli per i Vespri, che veniva cantato in cattedrale in una para-liturgia celebrata durante la novena alla festa dei SS. Pietro e Paolo, ovvero nei nove giorni antecedenti al 29 giugno (di cui, nell’attuale assetto celebrativo della Cattedrale, si sono perse sia la memoria che la pratica liturgica).
G. B. Martini, Antifona V (Tu es Petrus) per i Vespri dei SS. Pietro e Paolo
Il grande Giovanni Battista Martini
Ed a proposito di quest’ultima festività, così solenne ed importante per la Cattedrale, ci colleghiamo ad uno dei più importanti autori che ha scritto per la chiesa metropolitana bolognese: Giovanni Battista Martini. Egli fu indubbiamente e indiscutibilmente un’autorità musicale e musicologica in tutta Europa: a lui sappiamo che si rivolgevano tantissimi compositori, e come tale fu chiamato a scrivere musica anche per la Cattedrale della Città.
Lo stile compositivo di Padre Martini era a dir poco flessibile alle esigenze, ai gusti e alla destinazione delle proprie commissioni; le sue composizioni variano dalla polifonia a cappella, agli oratori con orchestra, alla musica sacra a doppio coro, ma le composizioni contenute all’interno dell’archivio della cattedrale vertono verso quella che era, nella seconda metà del ‘700, la composizione corale più richiesta all’interno della Cattedrale: il coro maschile a 2 e 3 voci (TB e TTB) a cappella o con accompagnamento di basso continuo.
G. B. Martini, Antifona V (Tu es Petrus) per i Vespri dei SS. Pietro e Paolo
Egli infatti, l’anno prima della sua morte, nel 1783, scrisse le sue penultime due opere datate a noi note: Antiphonae in primis Vespri SS. Apostolor. Petri et Pauli 3 vocibus e Antiphonae in primis Vesperi SS. Apostolor. Petri et Pauli 4 vocibus (1783)4. Ma non solo: di questa tipologia di composizione, dedicate proprio ai primi e secondi vespri per la solennità del Patrono della Cattedrale, abbiamo tanti esempi, ma la quasi totalità non è datata, e quasi tutte sono per coro a 3 voci maschili (a parte l’unica già citata del 1783).
Ma non ci fermiamo qui: la musica di Padre Martini contenuta in questo fondo musicale è totalmente musica liturgica. Delle sue quasi 30 composizioni si spazia dai Tantum Ergo, ai Te Deum (fra questi ne spicca uno a 2 voci con strumenti), agli introiti per le varie solennità dell’anno, a molte composizioni dedicate al culto dei defunti, alcune messe e salmi, e appunto le antifone ai salmi dei SS. Pietro e Paolo; e ad esclusione degli introiti (per le feste della Pentecoste, Epifania e di Ognissanti), di un Tantum Ergo e dell’antifona già citata del 1783, parliamo di composizioni tutte scritte per coro maschile a 2 e 3 voci.
G. S. Silvani, Profezia ultima del Sabato Santo a 8 voci e basso continuo
Con gli studi fatti sui manoscritti di padre Martini all’interno di un Archivio musicale così importante non possiamo che accrescere le nostre conoscenze relative agli altri altrettanto importanti compositori bolognesi, che necessitano di sempre maggiore attenzione e riscoperta, esattamente come l’Archivio musicale arcivescovile della Cattedrale di Bologna.
di Antonio Lorenzoni – Musicista e diplomando in Musica corale e direzione di coro, primo cantore della Cattedrale di S. Pietro in Bologna
e Giacomo Contro – Cantante, ricercatore e trascrittore
Scrivi un commento