La festa di san Petronio celebrata il 4 ottobre del 1722 alla presenza del pretendente al trono inglese Giacomo Stuart e della sua consorte Clementina Sobieski. Bologna, Archivio di Stato, Anziani Consoli, Insignia, vol. XIII, c. 37
L’invito a scrivere qualche parola sulla Cappella musicale di S. Petronio giunge particolarmente gradito in questo 2024, quarant’anni dopo la sua rifondazione. Sarebbe irragionevole presumere di ricostruire in poche righe le vicende di un’istituzione la cui storia si snoda nell’arco di quasi sei secoli, tanto più che ad essa è dedicata una nutrita letteratura: la prima trattazione sistematica è idealmente l’Origine della musica in S. Petronio di Bologna1, redatta da padre Martini nel 1761; in tempi più recenti, hanno dedicato alla Cappella due fondamentali monografie Osvaldo Gambassi2 e Marc Vanscheeuwijck3, ma la bibliografia si fa ancor più cospicua se si considerano gli studi specifici riguardanti autori, fonti musicali, opere, stili compositivi e prassi esecutiva collegati a S. Petronio prodotti dai primi anni del Novecento a oggi. Questo breve excursus intende perciò offrire al lettore qualche spigolatura storica e qualche considerazione musicale utili a comprendere l’importanza tanto dell’antica tradizione quanto dell’esperienza contemporanea di questa istituzione, rinviandolo ai predetti contributi per ogni ulteriore approfondimento. Il legame fra le vicende della Cappella musicale e quelle della Basilica costituisce un punto di partenza imprescindibile. Sul finire del 1388 il Comune di Bologna stabilì l’edificazione nella piazza maggiore di una chiesa pulcherrima et honorabilis4; non si trattava di una nuova sede vescovile, prerogativa della vicina cattedrale di S. Pietro, ma del tempio votivo eretto dai cittadini e della nobiltà bolognesi per celebrare il vescovo Petronio, santo patrono della città, e ospitarne le reliquie.
Giovanni Spataro, Nativitas tua (particolare), Archivio musicale di S. Petronio, Libro corale A.XXXI (autografo)
La devozione al protettore celeste si accompagnava alla volontà di esaltare potenza e «libertas» del comune: da qui l’ambizione di innalzare un’architettura di proporzioni colossali. La prima pietra fu posata nel 1390 ma nel 1506 il definitivo assoggettamento al governo pontificio ad opera di Giulio II pose fine all’ambizione di realizzare una domus ecclesiæ superiore a tutte le altre per dimensioni e magnificenza. Alla metà del secolo XVI, la costruzione del palazzo dell’Archiginnasio a lato della fabbrica di S. Petronio rese di fatto impossibile la realizzazione della pianta a croce latina prevista dal progetto; nel 1663 l’edifico fu completato innalzando una grande abside nel punto in cui avrebbe dovuto innestarsi il transetto. Durante i 273 anni intercorsi fra l’inizio e la conclusione dei lavori S. Petronio non rimase un semplice cantiere: già nel 1393 era stato possibile chiudere le prime due campate con un’abside provvisoria al fine di poter officiare i riti sacri all’interno. Con queste modalità la vita liturgica – e musicale – della Basilica poté svolgersi regolarmente sin dai primi anni, mentre la fabbrica procedeva lentamente di campata in campata. Nel 1436 il papa Eugenio IV si insediò a Bologna; fra i primi atti del suo soggiorno vi fu l’emanazione di una bolla con la quale riformava l’organizzazione del clero assegnato alla chiesa di S. Petronio e vi istituiva una Cappella: essa comprendeva in origine un maestro del canto, due o tre cappellani cantori e ventiquattro chierici, la cui mansione principale consisteva nell’esecuzione del canto gregoriano durante le celebrazioni della messa e dell’ufficio; questa compagine si trasformò gradualmente in un complesso stabile di cantanti professionisti versati nel canto figurato.
Il presbiterio di S. Petronio durante la cerimonia per l’imposizione del galero cardinalizio ad Alfonso Litta (5 maggio 1666). La cantoria su cui è schierata Cappella musicale mostra ancora l’aspetto precedente alla sistemazione definitiva di Giovan Giacomo Monti. Bologna, Archivio di Stato, Anziani consoli, Insignia, vol. viii, c. 93
Nel 1449 la nomina di don Battista di Nicolò inaugurò la serie insigne degli organisti di S. Petronio; fra il 1471 e il 1475 il maestro organaro Lorenzo da Prato costruì e installò in Basilica il suo capolavoro: il primo organo di concezione moderna con registri indipendenti di cui si abbia notizia, il più antico strumento di 24 piedi giunto sino a noi e uno dei più antichi al mondo conservato integro in tutte le sue parti e in perfetta efficienza. La prima figura notevole che emerge nella storia musicale petroniana è Giovanni Spataro (Bologna, 1458/59 – ivi, 1541), maestro di cappella dal 1512 alla morte. Egli è ricordato in primo luogo per i suoi scritti teorici, tuttavia sono giunte sino a noi anche alcune sue composizioni, tramandate in alcuni libri corali dell’Archivio di S. Petronio da lui stesso compilati5. Nel Cinquecento la Cappella fiorì sotto la guida di maestri illustri quali Domenico Maria Ferrabosco (Bologna, 1513 – ivi, 1574), Bartolomeo Spontone (Bologna, 1530 – Treviso, 1592), e Andrea Rota (Bologna, 1553 – ivi, 1597); la pregevole e vasta produzione di quest’ultimo, che padre Martini indica quale capostipite della scuola musicale bolognese6, comprende alcune composizioni policorali, primizie di uno stile che ebbe grande fortuna presso i suoi successori secenteschi. La presenza stabile di strumentisti nella Cappella è attestata dal 1560, quando fu assunto il primo suonatore di trombone. Verso la fine del secolo l’organico raggiunse proporzioni ragguardevoli: nel 1593 si arrivò a stipendiare 34 cantori, un organista, un cornettista, un violinista e tre trombonisti. Risale al 1596 la costruzione del secondo organo della Basilica ad opera del centese Baldassarre Malamini e la conseguente assunzione del secondo organista «quod possint cum duobus organis fieri concertus et chori ac musica duplex et responsiva ac alternata»7. Giovanni Battista Mecchi (Bologna, II metà del sec. XVI – ivi, 1613) e Ottavio Vernizzi (Bologna, 1569 – ivi, 1649), entrambi valenti compositori, furono i primi a condividere la titolarità dei due magnifici strumenti. Nei primi vent’anni del Seicento la personalità di maggior rilievo fu don Girolamo Giacobbi (Bologna, 1567 – ivi, 1628), che divenne maestro di cappella in S. Petronio nel 1604.
Maurizio Cazzati, Sonate a due, tre, quattro e cinque con alcune per tromba, Bologna, Marino Silvani, 1665, parte di Violino primo, pp. 38-39.
La solida tecnica contrappuntistica del compositore si espresse fin dalla prima opera stampata, i Motecta multiplici vocum numero concinenda del 1601; egli fu, nel contempo, assiduo promotore del neonato stile concertato e del ‘recitar cantando’: a lui si devono i primi esempi di teatro musicale in area emiliana. Nel 1609 diede alle stampe la Prima parte dei salmi concertati a due e più cori, nella quale fissò la propria maniera di comporre grandi architetture policorali nello stile moderno. L’edizione dell’opera contiene alcuni preziosi avvertimenti indirizzati «al cortese lettore», indispensabili per allestirne l’esecuzione: il primo coro concertato richiede cinque voci sole, il secondo una voce e tre strumenti, viole o tromboni, il tutto sostenuto dal basso continuo. In ogni salmo vi sono passaggi che ammettono il raddoppio delle voci di concerto con uno o più cori «di ripieno» vocali e strumentali che l’autore suggerisce di collocare «convenientemente distanti dalli due cori principali». Queste indicazioni di prassi esecutiva e queste composizioni richiamano la magnificenza degli apparati musicali solenni che si approntavano nella prima metà del Seicento in S. Petronio. La diffusione dello stile concertato non soppiantò tuttavia la musica nello stile a cappella, né le sue forme esecutive: a seconda dell’occasione liturgica e del repertorio, si cantava «su’ corridori», cioè sulle cantorie, o «al leggile», con i cantori raccolti a semicerchio intorno a un unico grande leggio; la presenza nell’Archivio di S. Petronio di una serie di libri corali contenenti musica polifonica compilati fra l’inizio del Cinquecento e il 1663 conferma la longevità di questa consuetudine. Fra la metà del Seicento e la metà del Settecento il magistero di tre grandissimi compositori, la presenza in organico di alcuni fra i migliori cantanti e strumentisti dell’epoca, la grandiosità delle esecuzioni, il progressivo definirsi al suo interno di uno stile caratteristico fecero della Cappella di S. Petronio una delle istituzioni musicali più celebri d’Europa. L’inizio di questo secolo d’oro coincise con la nomina a maestro di cappella di Maurizio Cazzati (Luzzara, 1616 – Mantova, 1678) nel 1657. Nel primo anno del suo mandato egli licenziò tutti i musicisti in servizio, promulgò meticolosi Ordini per la musica e procedette a nuove assunzioni funzionali a un radicale rinnovamento dell’organico e del repertorio. La formazione comprendeva a quel punto tredici cantanti, tre violini, due viole alto, una viola tenore, due violoni, una tiorba e un trombone. A seguito di queste riforme autoritarie si inimicò la consorteria musicale bolognese, che gli oppose un ostracismo ostinato sdegnando le sue origini forestiere, denigrando pubblicamente le sue deboli competenze tecniche nell’ambito del contrappunto osservato, escludendolo deliberatamente dal novero degli aggregati alla neonata Accademia Filarmonica.
Giovanni Paolo Colonna, Domine a 8 con violini e trombe (1679), Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, ms. Mus.Hs.16773, cc. 2v-3r
Esasperato dall’ostilità dell’ambiente musicale cittadino, lasciò nel 1671 l’incarico per riparare a Mantova. Nell’arco della sua frastagliata vicenda artistica, Cazzati pubblicò ben sessantasei opere a stampa che, insieme con alcuni lavori senza numero d’opera e un piccolo gruppo manoscritti, costituiscono una produzione sterminata. Sebbene la formazione e, per molti versi, lo stile di questo autore risalgano alla tradizione musicale lombarda, egli influenzò in modo decisivo la maniera dei compositori bolognesi della generazione seguente, particolarmente nei generi del mottetto a voce sola, della messa concertata e della musica strumentale. Giovanni Paolo Colonna (Bologna, 1637 – ivi, 1695) e Giacomo Antonio Perti (Bologna, 1661 – ivi, 1756) assunsero la direzione della Cappella rispettivamente nel 1674 e nel 1696. A differenza del predecessore, furono annoverati fra i più dotti contrappuntisti del loro tempo e riscossero l’ammirazione di papi, imperatori e principi. Ricevuti i primi rudimenti della musica in patria, entrambi si perfezionarono con maestri di scuola romana: Colonna studiò a Roma con Abbatini, Benevoli e Carissimi, mentre Perti fu allievo a Parma di Giuseppe Corsi detto Celano, che di Carissimi era stato discepolo prediletto. Con le loro opere e con quelle dei musicisti che si formarono alla loro scuola essi definirono il gusto monumentale della musica bolognese di quell’epoca, caratterizzato dalla sintesi fra grandiose architetture contrappuntistiche e stile concertato, dall’uso massivo della policoralità e dall’impiego di organici imponenti8. In quegli anni, la grande cantoria a ferro di cavallo della Basilica, completata nel 1674, soleva ospitare nelle occorrenze più solenni fino a centocinquanta esecutori fra cantanti e strumentisti. Dell’orchestra della Cappella fecero parte, in pianta stabile o come aggiunti in occasione degli allestimenti più sontuosi Giovanni Battista Vitali, Domenico Gabrielli, Giuseppe Torelli, Arcangelo Corelli, Giovanni Bononcini, Giuseppe Jacchini.
42° Concerto per la solennità di S. Petronio, 3 ottobre 2024 (foto di Massimo Gennari)
Il contributo di S. Petronio allo sviluppo delle forme musicali tardo secentesche fu significativo anche in ambito strumentale puro: videro la luce in questo contesto i primi esperimenti di concerto grosso e le prime pagine della letteratura solistica per il violoncello e per la tromba. Perti morì novantacinquenne nel 1756, dopo aver retto onorevolmente la Cappella per sessant’anni; gli succedette il suo vice, don Giuseppe Carretti (Bologna, 1690 – ivi, 1774), che incrementò l’organico stabile dell’orchestra introducendovi oboi, fagotto, trombe e trombone. Né lui né i suoi successori poterono far fronte alla difficoltà sempre crescente di reperire cantanti castrati cui affidare i ruoli di soprano e contralto, ruoli che dal 1765 non compaiono più nelle liste dei musici al servizio ordinario della Cappella. Nel 1770 venne istituita la carica del primo violino ossia capo orchestra. Anche nel secolo xix la carica di maestro di cappella fu affidata a personalità illustri quali don Stanislao Mattei (Bologna, 1750 – ivi, 1825), Gaetano Gaspari (Bologna, 1807 – ivi, 1881), Luigi Mancinelli (Orvieto, 1848 – Roma, 1921), Giuseppe Martucci (Capua, 1856 – Napoli, 1909); quest’ultimo tuttavia non assunse mai il ruolo. Durante il suo soggiorno bolognese, Rossini in persona aveva proposto la nomina in S. Petronio a Mercadante e a Donizetti, senza successo. Formulare considerazioni di natura stilistica sulla musica composta per la Cappella in questa stagione risulta difficile, poiché gran parte delle fonti attende ancora uno studio sistematico. Senza dubbio sulla fortuna ottocentesca della Cappella pesarono le mutate condizioni politiche ed economiche, l’insorgere ricorrente di situazioni conflittuali fra governo pontificio e fabbriceria, il disinteresse della fabbriceria stessa nei confronti dell’istituzione, la perdita di importanza della musica sacra nella percezione sociale collettiva di quegli anni; così la carica di maestro di cappella rimase vacante dal 1838 al 1856 e per un periodo ancor più lungo l’organico rimase totalmente sprovvisto di voci. I diversi tentativi di riforma posti in essere alla fine del secolo si rivelarono inconcludenti e la tradizione della Cappella si incamminò verso una progressiva decadenza, per poi interrompersi del tutto dopo la prima guerra mondiale. Nel 1984 la nomina di Sergio Vartolo a maestro di cappella segnò l’avvio della vicenda contemporanea della Cappella di S. Petronio; essa fu rifondata con una duplice vocazione: da un lato la cura del canto liturgico in occasione delle celebrazioni solenni officiate in Basilica; dall’altro la valorizzazione dell’inestimabile patrimonio musicale sorto in seno alla Cappella nel corso dei secoli e conservato in larga parte nel ricchissimo archivio della fabbriceria. Per adempiere in modo conveniente a questo mandato, le scelte in ordine a repertorio, organici e stile interpretativo furono illuminate dal fervore di ricerca intorno alla prassi esecutiva storica che andava diffondendosi nell’Europa di quegli anni: sotto il magistero di Vartolo, essendo organisti titolari Luigi Ferdinando Tagliavini e Liuwe Tamminga e archivista Oscar Mischiati, fu creata un’orchestra con strumenti antichi (una delle prime in Italia) e si riunì un agguerrito gruppo di cantanti; ciò da un lato fece affluire a Bologna da tutto il mondo i più accreditati specialisti nell’ambito della cosiddetta musica antica; d’altro lato fece sì che in seno alla Cappella si formasse una generazione di musicisti italiani destinata ad affermarsi negli anni successivi sulla scena concertistica internazionale. Da allora, attraverso studi, trascrizioni, edizioni critiche, pubblicazioni, concerti e registrazioni discografiche, centinaia di capolavori sconosciuti sono stati riportati alla luce e restituiti al suono grazie al lavoro della rediviva Cappella di S. Petronio.
1. Giovanni Battista Martini, Origine della musica in S. Petronio in Liceo, Cappella di S. Petronio e Cappella della Metropolitana di Bologna. I Professori dei tre pubblici Stabilimenti di musica in Bologna, la cappella di San Petronio, quella di S. Pietro e il Liceo Comunale di musica, ms., Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna, M.51.
2. Osvaldo Gambassi, La Cappella musicale di San Petronio. Maestri, organisti, cantori e strumentisti dal 1436 al 1920, Firenze, Olschki, 1987.
3. Marc Vanscheeuwijck, The Cappella musicale of San Petronio in Bologna under Giovanni Paolo Colonna (1674-1695). History – Organization – Repertoire, Bruxelles & Roma, Istituto Storico Belga, 2003.
4. Mario Fanti, La Fabbrica di S. Petronio in Bologna dal xiv al xx secolo. Storia di un’istituzione, Roma, Herder, 1980, p. 19.
5. Cfr. Frank Tirro, Renaissance Musical Sources in the Archive of San Petronio in Bologna, I: Giovanni Spataro’s Choirbooks, Neuhausen-Stuttgart: American Institute of Musicology, 1986 (Renaissance Manuscript Studies, 4).
6. Giovanni Battista Martini, Esemplare, o sia Saggio fondamentale pratico di contrappunto fugato, dedicato all’illustrissimo… monsignore Gennaro Adelelmo Pignatelli arcivescovo di Bari da f. Giambattista Martini minor conventuale, accademico dell’Instituto delle scienze, e filarm. Parte seconda, Bologna, Lelio Dalla Volpe impressore dell’Instituto delle Scienze, [1775], p. 294.
7. Oscar Mischiati, Luigi Ferdinando Tagliavini, Gli organi della Basilica di san Petronio in Bologna, Bologna, Patron, 2013, p. 73.
8. Cfr. Anne Schnoebelen, The concerted mass at San Petronio in Bologna: ca. 1660-1730. A documentary and analytical study, dissertation, University of Illinois, Ph.D., 1966; Michele Vannelli, I tre libri di salmi vespertini a otto voci (opp. I, VII e XI) di Giovanni Paolo Colonna, [Dissertation thesis], Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Dottorato di ricerca in Cinema, musica e teatro, 26 Ciclo (2015). DOI 10.6092/unibo/amsdottorato/6971.
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