Foto: Nehemiah H. Brown, Rossana Bonvento e altri cantori nella hall dell’ospedale di Charlottesville, Virginia (USA)

Non mi sento certo in grado di scrivere un ‘trattato’ sul mondo del gospel, ma vi posso portare la mia esperienza di canto durata 13 anni con il maestro e pastore, nonché amico, Nehemiah H. Brown. Questa esperienza inizia proprio col titolo di questo personale resoconto: «se vuoi capire davvero il gospel vieni con me in America…». Apperò! Beh, andai a sperimentare ‘sul campo’ la forza e il valore di questo genere musicale che mi aveva preso da subito ‘di pancia’ durante il seminario di canto gospel tenuto a Carpi nel 2005 proprio dal maestro Nehemiah H. Brown. Così a novembre dello stesso anno andai in America insieme a Nehemiah e al suo coro di Firenze, il Florence Gospel Choir. Ci recammo dapprima in una chiesa evangelica a Charlottesville in Virginia, quindi in una chiesetta nella campagna frequentata principalmente da persone di colore, e ancora in una scuola elementare, infine nell’enorme ospedale di Charlottesville. Pur nella sua brevità, questa esperienza mi ha insegnato che non tutto è codificato, ma che è fondamentale avere la capacità di improvvisare e dialogare nel canto con l’assemblea.
Ho capito che i gospel non sono solo “canzonette allegre”, ma profonde preghiere che vengono dall’anima. E mi ha pure insegnato l’importanza degli inni: dopo aver intonato nella grande hall dell’ospedale uno degli inni più importanti e noti nella chiesa americana (Great is Thy faithfulness, tratto dal libro delle Lamentazioni 3, 22-23) un gran numero di persone (pazienti, parenti e anche personale medico) si unì a noi nel canto. Quindi quello che genericamente definiamo gospel, racchiude in realtà una varietà di composizioni che spaziano dagli spiritual, ai gospel e agli inni, questi ultimi così prepotentemente attuali… pensate per esempio a Joyful Joyful dal film e musical Sister Act 2.

African American Heritage Hymnal (2001) e Songs of Zion (1981)

Ecco qualche appunto sul mondo musicale che ho incontrato nel mio viaggio, cantando…

• gli spiritual (genericamente in tonalità minore e cantati a cappella): sono i canti della schiavitù. I padroni delle piantagioni ‘acquistarono’ questi poveri schiavi dai mercanti che provenivano da varie parti dell’Africa e del Sud America, e le loro famiglie venivano smembrate e divise nelle varie piantagioni. Ma gli schiavi avevano un “difetto”: non erano macchine, ma uomini ognuno con la propria lingua, e questa disgregazione delle famiglie di fatto generò una vera e propria Babele! Come impartire ordini, come farsi capire? Così, i padroni convenirono su quanto fosse di prioritaria importanza insegnare agli schiavi la lingua inglese e per fare questo scelsero come testo la Bibbia, ma – ahi loro – nella Bibbia gli schiavi trovarono sì una lingua comune, ma soprattutto la speranza! E devono averla letta davvero bene, perché la maggioranza dei testi degli spiritual proviene proprio dalla Bibbia, una esperienza profonda nei testi sacri – per esempio, Balm in Gilead canta di un balsamo che lenisce tutte le ferite («There is a balm in Gilead To make the wounded whole; There is a balm in Gilead To heal the sin-sick soul», in riferimento a Geremia 8, 22) o Swing low sweet chariot, che rimanda al carro di fuoco che portò Elia in cielo, un carro evocato per poter tornare liberi a casa (Libro dei Re 2, 11-12).

• i canti di lavoro: così come nei canti delle mondine o nei canti della tonnara che conferivano ritmo al lavoro e, nel contempo, ne alleviavano la pesantezza, allo stesso modo funzionavano i work songs degli schiavi americani nelle piantagioni.

• i canti che annunciavano una fuga imminente, come un codice cifrato non comprensibile agli schiavisti, ma ben chiaro agli schiavi, come Wade in the water che, pur ricordando il brano dell’Esodo quando gli israeliti attraversarono il Mar Rosso, presagiva una fuga organizzata verso territori dove la schiavitù era già stata bandita.

Rossana Bonvento e Nehemiah H. Brown

• ho inoltre appreso che i canti gospel (ricordo che gospel significa Vangelo, letteralmente una contrattura di God spell) nacquero dopo la fine della schiavitù e si diffusero rapidamente per il paese attraverso i camp meetings. Sono originari del Nord America e divennero la controparte settentrionale agli spiritual del Sud. Nacquero quando le popolazioni di colore provenienti dal Sud arrivarono a Chicago, New York, Detroit e in altre città del Nord e si ritrovarono, di fatto, in una terra straniera. Ancora una volta però i canti erano sulle loro labbra, ed erano una combinazione di pura gioia di vivere e profonda fede religiosa. Cito dal testo Songs of Zion: «è stata la fede a ispirare i canti. Esprimono una teologia profonda, non accademica o da seminario, ma una teologia legata all’esperienza, la teologia di un Dio che manda il sole e la pioggia, un Dio molto vivo che non ha abbandonato i poveri, gli oppressi e i disoccupati… Questi canti della tradizione religiosa nera hanno arricchito il cristianesimo occidentale, fornito forza spirituale e resistenza morale per affrontare le realtà presenti senza soccombere, presentando nel contempo una prospettiva eterna».
I testi sono pieni di significato, di fede e per la maggior parte sono ispirati alla Sacra Scrittura. Se vi capita fra le mani un innario della chiesa americana (ad esempio l’African American Heritage Hymnal) troverete nelle pagine finali indici dettagliati per autore, per titolo, metrica del testo, argomento e citazioni bibliche. Anche i canti spiritual come i canti gospel vengono utilizzati nelle celebrazioni: sempre nel volume Songs of Zion troverete indicazioni molto precise circa il ruolo del direttore, dei solisti, dei musicisti, come e quando inserire un controcanto e sulla modalità di improvvisazione.

Nehemiah H. Brown

«Questi canti possono arricchire il culto di tutta la Chiesa. È la musica che ha nutrito un popolo, lenito e curato le sue ferite, sostenuto le sue speranze.
È la musica che amplierà i generi musicali nel culto in qualsiasi chiesa cristiana.

Sono i canti di Sion che devono essere cantati dal popolo di Dio, che è sempre straniero e pellegrino in qualunque terra abiti.

Ogni terra in cui abitano è loro e ogni terra è straniera. Questi canti sono offerti sull’altare della chiesa da un popolo che, mentre si trovava in questa terra straniera, ha cantato i canti di Sion alla gloria di Dio. (Salmo 136)».