Intervista a Walter Testolin
Il 28 gennaio 2024, in una domenica di nebbia umida e fredda, presso la Casa della Musica di Parma, abbiamo avuto il piacere di ascoltare la lectio di Walter Testolin su Josquin. Tra i presenti non solo gli allievi della scuola per direttori di coro di AERCO, ma anche studiosi, musicologi e amanti di musica rinascimentale. Tutti accomunati dalla volontà di conoscere uno dei Padri della musica rinascimentale. Walter Testolin ha, come di consueto, incantato l’uditorio con la sua narrazione fluida e profonda, che non rinuncia a tuffarsi in citazioni letterarie, dispacci, lettere, bolle di pagamento e dipinti per completare ed esaltare il racconto della musica e dei suoi protagonisti. La seconda parte della giornata di studi ha avuto il prezioso apporto del coro polifonico Santo Spirito di Ferrara che ha permesso ai direttori presenti alla Masterclass di praticare la musica di Josquin sotto lo sguardo attento e la guida di Walter Testolin.
Abbiamo posto qualche domanda al Maestro in merito a Josquin e alla sua musica, ben sapendo che l’argomento è tanto vasto e profondo da non poter essere costretto in poche righe.
Ci racconta da dove nasce la sua devozione per la figura di Josquin?
Fu un incontro casuale, avvenuto ormai trentacinque anni fa, con un disco preso il giorno del mio diploma in fagotto. Inserito nel lettore si manifestò immediatamente come la musica che avevo sempre cercato, quella che speravo esistesse da qualche parte e in qualche epoca. Decisi in quel preciso momento che a quella musica avrei dedicato la mia vita.
La Masterclass di Walter Testolin dedicata a Josquin (Parma, Casa della Musica, 28 gennaio 2024)
La ricerca musicologica oggi, in un mondo tecnologizzato, in cui sembra che tutto il sapere sia a portata di mano, segue strade diverse rispetto al passato?
Senza dubbio a guadagnarci è la velocità con la quale si possono trasmettere le informazioni, così come l’ampiezza delle stesse. Poi però bisogna rimettersi in viaggio, guardare le cose direttamente con i propri occhi, ogni qualvolta possibile. Vedere un documento in rete, vagante nell’etere elettronico, oppure vederlo da vicino, sapere in che scaffale è custodito, qual è il suo odore e che aria respira, sono due cose davvero imparagonabili.
Molti documenti relativi alla biografia e ai rapporti sociali di Josquin sono andati perduti o sono ancora avvolti dal mistero, ma è rimasta la sua musica. Crede che si possa abbozzare un ritratto emotivo di Josquin attraverso le opere giunte fino a noi?
Viviamo in epoche davvero molto lontane, il significato stesso delle parole scritte sembra molte volte diverso ora rispetto ad allora, e tutto è potenzialmente equivocabile. Ma la musica stabilisce, almeno tra alcuni esseri, una comunicazione a sé stante, attraverso la quale le sensibilità possono trovare un linguaggio comune. In conclusione sì, ritengo che ponendosi in una certa maniera di fronte alla sua musica, da essa si possa ottenere questo ritratto emotivo del suo autore, per quanto estremamente complessa doveva essere la sua personalità.
Durante il seminario ci ha mostrato documenti e cronache risalenti a decenni dopo la dipartita di Josquin in cui si riportava che la sua musica veniva ancora eseguita in occasioni particolarmente significative, come l’incoronazione di un sovrano. Caso rarissimo in un’epoca in cui quanto già ascoltato non aveva più alcun motivo di essere rieseguito. Eppure possiamo dire che Josquin e la sua musica, per noi moderni, siano stati una riscoperta relativamente recente. Cosa ha determinato questo temporaneo oblio?
Come tutta l’opera musicale antica, fatta forse eccezione per quella di Palestrina, che è stata ininterrottamente eseguita almeno presso le istituzioni musicali religiose romane, il repertorio rinascimentale è scomparso pressoché totalmente per almeno due secoli, cancellato dal mutare del gusto e delle esigenze artistiche e pratiche. L’amore per l’antico, peraltro mai del tutto scomparso nella cultura europea, ricevette però un enorme slancio dalla cultura neoclassica e poi dal pensiero romantico, per il quale l’Antico assumeva un’importanza capitale: basti fare a questo proposito i nomi di Winckelmann prima e di Schliemann poi. La musicologia cominciò in maniera più costante nell’Ottocento a svolgere un lavoro di ricerca archivistica sui repertori musicali rinascimentali, ricerca che sfociò poi nei grandi progetti di recupero del repertorio antico messi in atto durante il Ventesimo secolo. Oggi a questo riguardo viviamo un momento unico nella nostra storia, nel quale possiamo essere a conoscenza di una parte davvero cospicua del patrimonio musicale europeo degli ultimi sette secoli. Una enorme fortuna, frutto di un lavoro altrettanto enorme. Quella di Josquin, proprio grazie al riconoscimento della straordinarietà della sua levatura artistica nei decenni successivi la sua morte e la conseguente presenza documentaria, è stata una di quelle figure le cui opere sono state ricercate, rintracciate, trascritte, studiate, edite ed eseguite in maniera particolarmente capillare, come testimonia la quantità di registrazioni della sua musica disponibile ai giorni nostri.
Le sue lezioni sulla figura di Josquin dimostrano anche una profonda conoscenza della letteratura, della pittura, della storia delle corti europee e della storia della liturgia, frutto di grande studio e attività di ricerca grazie alle quali oggi tutti noi possiamo accostarci a Josquin con una nuova consapevolezza, collocandolo all’interno della cultura del suo tempo e comprendendo il preziosissimo apporto che egli ha dato alla storia della musica successiva. Nonostante questo, Josquin resta ignoto alla maggior parte degli italiani che pure saprebbero dare un volto e collocare storicamente Mozart, Beethoven e Verdi. A cosa crede si possa attribuire una simile lacuna?
Questa è una grave lacuna della cultura moderna, purtroppo non solo in Italia, secondo la quale il Rinascimento fu un’epoca artisticamente dominata dalla pittura, mentre sappiamo (ma lo sappiamo solo se ci informiamo per conto nostro) che alla musica erano riservate energie economiche perfino superiori a quelle destinate alle arti visive, con inoltre un enorme ruolo dal punto di vista della rappresentazione politica del potere. Non solo, la musica possedeva il particolare dono di essere diffusa tra tutte le classi sociali nelle sue diverse forme: se nelle chiese dominavano Messe e mottetti, nelle corti madrigali, chansons e mottetti, nelle strade forme di musica più semplici, come villanelle, villotte e altre di spiccato carattere popolare, ma non per questo non frequentate anche dai più prestigiosi compositori dell’epoca. Conoscere la cultura del periodo storico cui ci si rivolge per una particolare disciplina artistica è un elemento necessario, se a questa forma artistica ci si vuole avvicinare tentando di coglierne l’essenza più intima. Non si può fermarsi al sapere qualcosa sulla musica: il musicista viveva immerso in un mondo culturale fatto di filosofia, religione, arte, difficoltà quotidiane, non solo di segni su un pezzo di carta. Dunque bisogna immergersi totalmente nel suo mondo, tentare di respirare l’aria che respirava il musicista che si studia e si esegue, se si ha il desiderio di volerne fare una lettura filologicamente il più corretta possibile.
Dallo studio iconografico di tele, dipinti e affreschi dell’epoca di Josquin traspare che la moderna tecnica vocale è probabilmente molto più raffinata di quanto non fosse quella del periodo a cui ci riferiamo. Riportare in vita musica rinascimentale con una prassi storicamente informata e non in maniera strettamente filologica equivale alla creazione di un falso storico?
Alcune rappresentazioni ci dànno l’idea, confermata da alcune cronache, che il modo di cantare potesse essere più duro di quanto il nostro orecchio è abituato. Ma del resto ci sono anche immagini e cronache che dicono l’esatto contrario: dunque bisogna trattare la materia con molta prudenza. Di certo si tratta di un’epoca durante la quale al cantare a libro, che comporta il piegamento indietro della testa con conseguente alzamento della laringe e abbassamento del palato, si affianca il canto da libri parte, dunque da parti staccate che consentono una posizione completamente diversa, di testa, faringe e palato, con conseguente maggiore possibilità di gestione del suono vocale. Non posso però non considerare in fondo, che molta della musica di quell’epoca mostra una potenzialità che una lettura legata esclusivamente al segno scritto o a una presunta interpretazione di un’iconografia peraltro né esaustiva né univoca, rischia di sminuirne drasticamente e drammaticamente la portata artistica.
Walter Testolin
La fitta simbologia che sottende i componimenti di Josquin era una pratica raffinatissima e comprensibile probabilmente solo a pochi ‘iniziati’. Quanto un pubblico moderno potrebbe comprendere i meccanismi simbolici della sua musica senza una guida all’ascolto e in che misura è necessaria una penetrazione tanto profonda nella simbologia per poter apprezzare la musica di Josquin?
La bellezza indiscutibile della musica di Josquin è tale che può essere apprezzata, goduta e compresa completamente a diversi livelli. Josquin scrive chiaramente per diversi livelli di comprensione, è una musica iniziatica ma nel contempo talmente perfetta da essere anche emozionale. A qualunque livello si riesca ad entrare nella sua arte la si può comprendere con la sensazione della completezza.
Josquin, Missa Pange lingua (Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Handschriften- und Inkunabelsammlung, Ms. 4809, fol. 1v)
Le giovani generazioni sono sempre affascinate da figure che raccontino di trasgressione, rifiuto delle regole imposte e dell’autorità. Josquin, pur piegandosi alle richieste di re (a suo modo) e papi, ha avuto condotte diverse da quelle dei suoi colleghi contemporanei, come dimostrano i versi di Serafino Aquilano. Si può passare attraverso questa narrazione per avvicinare i giovani alla sua musica? Come far rotolare il masso del pregiudizio sulla musica antica e permettere la scoperta di un tesoro tanto grande?
Credo che la più grande forza della musica antica risieda in essa stessa, nell’impressionante fascino sonoro che emana, nella sua capacità di far coesistere delle armonie a noi pressoché totalmente familiari con sistemi compositivi che invece sembrano alieni. Né adesione né trasgressione servono, serva la volontà di mettersi in sintonia con un linguaggio che ci è lontano solo in apparenza, perché comunica direttamente con il nostro essere interiore, col nostro essere umani, cresciuti dentro un mondo in perenne equilibrio tra modernità e natura, tra immagini di solida tangibilità e altre invece che proiettano il nostro essere dentro un mondo rarefatto, nel contempo onirico e reale.
Per coloro che volessero approfondire lo studio della figura di Josquin e del suo tempo, può fornire una bibliografia e dare i riferimenti di prossime sue lezioni, masterclass, concerti a riguardo?
Ci sono alcuni libri, pochi ma buoni. La biografia, l’unica in italiano, scritta da Carlo Fiore edita da L’Epos, però non più disponibile. Poi la grande biografia di David Fallows edita da Brepols, disponibile solo in inglese. Poi i testi di Willem Elders, tra i più grandi studiosi dell’opera di Josquin, anch’essi reperibili in lingua inglese. Su tutti Josquin Legacy edito da Leuven Univesity Press. Ma in fondo, più che letto va ascoltato, studiato, cantato. Per quanto mi riguarda, Josquin cammina sempre al mio fianco, dunque non mancheranno certo occasioni!
Leonardo da Vinci, Ritratto di musico, 1485 circa (Milano, Pinacoteca Ambrosiana)
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