In copertina: Luciano Berio e Talia Pecker nel 1999 – Günther Sturm
Analisi di There is no tune di Luciano Berio
Nonostante il fondamentale contributo dato alla musica strumentale e orchestrale, all’interno dell’itinerario creativo di Luciano Berio (1925-2003) la voce è stata, fin dai suoi esordi compositivi, oggetto un’attenzione particolare. Se è vero che il consistente numero di composizioni che comprendono la voce umana, tanto in funzione solistica quanto in formazioni più ampie, è legato anche alle molteplici sollecitazioni ricevute da interpreti d’eccezione quali Cathy Berberian o gli Swingle Singers, tale attenzione non può essere ricondotta esclusivamente a occasioni di mera circostanza. La profonda attrazione esercitata dall’espressione vocale su Berio è infatti legata all’irriducibilità della voce a strumento musicale, in considerazione dell’equilibrata coesistenza, nel medesimo apparato fonatorio, della natura di mezzo di comunicazione quotidiana e mezzo di espressione artistica, in special modo musicale. Così si esprime infatti lo stesso compositore in un’intervista del 1995: «Il fenomeno della voce e quello parallelo, contiguo, del linguaggio, è infinito. Tutto quello che è pertinente al linguaggio e alla voce non può esaurirsi1.»
La musica vocale comporta necessariamente la scelta di testi da intonare, a proposito dei quali Berio mostrò sempre grande consapevolezza nell’individuazione le caratteristiche espressive e formali maggiormente confacenti alle proprie esigenze: non a caso, oltre ad attingere – e rielaborare – testi preesistenti, sollecitò collaborazioni con poeti e scrittori talvolta assai differenti, tuttavia di volta in volta affini a differenti aspetti della sua poetica. Tra le tante collaborazioni, sono rimasti celebri i sodalizi con coloro che lo stesso Berio ebbe più volte a definire i suoi «tre punti di riferimento2» della letteratura italiana: Edoardo Sanguineti, Italo Calvino e Umberto Eco. Collaborazioni che non vanno tuttavia scambiate con la preminenza del compositore sul librettista ereditata dall’Ottocento, nonostante Berio sia intervenuto spesso profondamente sui testi, ma nella convinzione che «testo e musica devono avere una loro autonomia e un grado analogo di complessità e dignità». Nella sua ultima fase creativa si avvalse anche della collaborazione della moglie Talia Pecker, da cui nacquero lavori di rilievo, tra cui Cronaca del luogo. Proprio a partire da una sua poesia Berio compose il breve pezzo per coro da camera intitolato There is no tune.
Dal testo alla musica
There is no tune, la cui partitura è edita da Casa Ricordi (n. 136671), fu composto nel 1994 ed eseguito per la prima volta a Londra nella Chiesa di St. John in Smith Square dai BBC Singers diretti da Simon Joly il 14 settembre dello stesso anno3. Nell’ambito della lunga fedeltà di Berio alla scrittura vocale, la composizione corale riveste, almeno dal punto di vista numerico, un ruolo marginale; tuttavia il coro è protagonista ed eponimo del titolo di uno dei suoi lavori più significativi, Coro, e al coro con orchestra è dedicata l’ultima sua composizione, Stanze, senza contare gli inserti in opere di vaste dimensioni. D’altra parte basta accostarsi ai soli due minuti circa di There is no tune per comprendere la maestria del compositore anche in questo ambito. Il testo di Talia Pecker Berio, di evidente ispirazione metaletteraria, è formato da cinque strofe di tre versi dalla lunghezza variabile e ripercorre le fasi iniziali della creazione poetica, in cui cominciano ad affacciarsi al poeta le prime indistinte suggestioni concettuali, ritmiche e verbali che solo un duro lavoro di artigianato poetico porterà a compiuta definizione4. Tuttavia, come indicato peraltro nel frontespizio della partitura, il testo effettivamente impiegato è frutto di un adattamento operato dal compositore stesso, che ha soppresso le prime due strofe:
Here comes the sound a loom
of lines and beats on which
the words to weave.
It’s not a song to sing
There is no tune
My tongue is shy and mixed.
May sieve and net and knife and lense
Untangle it and bloom
Sounds into words.
TRADUZIONE
Qui giunge il suono di un telaio
di versi e ritmi su cui
intessere le parole.
Non è una canzone da cantare
Non c’è melodia
La mia lingua è timida e confusa.
Possa setaccio e rete e coltello e lente
Sbrogliarla e trasformare
Suoni in parole
Il motivo di tale scelta andrà ricercato nella necessità di perseguire una certa sintesi, dal momento che la maggiore lunghezza dei versi delle prime due strofe rispetto a quelli delle tre seguenti avrebbe imposto un percorso compositivo maggiormente articolato e differente da quello immaginato dal compositore. D’altra parte lo scarto la terza strofa non compromette in alcun modo l’assunto del testo poetico.
Dentro There is no tune
Pur impiegando un coro da camera, There is no tune richiede la divisione di ciascuna famiglia vocale per tutto il pezzo, che è scritto dunque a otto parti. Si tratta di una scelta decisiva, come si vedrà, nelle strategie del compositore, dal momento che permette di ottenere differenti gradazioni di addensamento e rarefazione sonora. A differenza di altri suoi lavori per musica vocale d’insieme, Berio non richiede qui tecniche esecutive non ordinarie, ad eccezione dell’emissione a bocca chiusa, dell’emissione mista all’aria e del parlato, così indicati in legenda (figura 1):
La rinuncia alle sofisticate ricerche sull’emissione del suono presente in altri lavori è senz’altro legata in parte alle minori sfumature possibili nella massa corale rispetto all’ensemble vocale, ma è motivata anche dall’interesse eminentemente sintattico che ha indirizzato l’autore durante la composizione. Berio ha infatti scelto con accuratezza tre modalità di scrittura: una armonica, caratterizzata da forte verticalità, in cui tutte le voci si muovono in modo sostanzialmente omoritmico attraverso pulsazioni più o meno irregolari; una scrittura orizzontale, fondata su una texture (tessitura) di fasce sonore e di sovrapposizione di cellule melodiche secondo la tecnica dell’eterofonia5; infine il suono prolungato statico. Ciascuna delle tre forme modalità di scrittura assume funzione diversa: se la conduzione del discorso avviene soprattutto per mezzo della scrittura armonica, al suo opposto il suono statico ne è posto in conclusione con funzione, per così dire, cadenzale, mentre la scrittura orizzontale funge da elemento connettivo tra le altre due. Tale ripartizione di funzioni permette di scandire chiaramente il pezzo in tre sezioni (fig.2).
La prima sezione, aperta da un rapido impulso verticale, è dominata dalla scrittura armonica6 (figura 3):
Il carattere è molto ritmico e dal tono velatamente jazzistico, come esplicitato peraltro dall’indicazione agogica. Le cellule ritmiche qui presenti, soggette a trasformazione per aumentazione, diminuzione, unione o elaborazione, saranno variamente presenti in tutto il pezzo. La scelta dei suoni di ciascun accordo è legata a procedimenti assai rigorosi, di cui non è possibile in questo contesto rendere conto. Bisogna tuttavia precisare che il termine accordo qui non va inteso in senso tradizionale, bensì quale sovrapposizione verticale di suoni in cui altezza e timbro sono strettamente interdipendenti7. Uno studio dettagliato dimostra infatti come la disposizione e il collegamento delle parti non obbediscano a criteri armonico-contrappuntistici, dal momento che ciascuna famiglia tende spesso a cantare parallelamente a distanza di seconda o terza. Vale poi la pena notare come ciascun agglomerato armonico, pur essendo otto le parti, non contenga lo stesso numero di note differenti: gli accordi sono prevalentemente di sei o sette suoni, con conseguente raddoppio di due o una nota. Tali aspetti sono coerenti alla tecnica dei campi armonici cari al compositore in cui, dato un gruppo predeterminato di suoni, la densità è distribuita in modo di volta in volta differente in modo da creare alcuni «punti di risonanza privilegiati come quelli delle formanti della voce8». Tale tecnica è ben evidente nell’esempio, dove la prevalenza del fa# condiziona il timbro dell’intero passaggio. Il sofisticato gioco di distribuzione delle note, l’accrescimento o la diminuzione del numero, l’intensificazione dinamica e la stratificazione degli eventi diventano quindi lo strumento per ottenere una progressività evolutiva nel discorso musicale chiara ma assai differente dai procedimenti sintattici della tonalità. Si noti inoltre che il campo armonico delle prime dieci battute è un totale cromatico difettivo, ossia mancante della nota sol# che appare solo a partire dalla decima battuta.
Il culmine della sezione avviene alle battute 21-23 attraverso il congiunto aumento di intensità fino al ff, di densità armonica e di concitazione – ottenuta con la persistente presenza di biscrome ribattute -, dopo il quale avviene rapidamente la chiusa, conseguita mediante la riduzione delle note impiegate e il progressivo restringimento del registro, che si coagula intorno alle note re3, re#3 e mi3. Il discorso musicale riparte gradualmente in pp attraverso il gioco di note ribattute, creando una fascia timbrica sfaccetta, in cui il medesimo suono è reiterato alla stessa altezza da voci e tecniche di emissione differenti (fig 4).
La progressiva rivivificazione conduce ad un nuovo culmine, legato ad una conquistata omoritmia e pienezza armonica, destinata anch’essa a concludere su un suono statico a battuta 45. L’esempio seguente esemplifica in maniera assai chiara le tecniche fin qui esposte, qui compresenti (figura 5).
La progressiva conclusione è ottenuta ancora una volta per mezzo della riduzione dei suoni impiegati: il campo armonico di partenza viene sottoposto ad un vero e proprio filtraggio 9, come si può osservare nella figura a lato, che lo riduce a una nota sola, re, cui si aggiunge il sol#, omesso nel campo armonico precedente (figura 6).
Come si può constatare dall’osservazione dell’esempio sopra riportato, la scrittura omoritmica è raggiunta mediante la progressiva sfaldatura della compattezza sonora attraverso la combinazione di staticità di alcune parti e la liquidazione mediante una texture eterofonica. Con procedimento inverso avviene il successivo ritorno alla scrittura omoritmica. Il passaggio, nella sua brevità, è emblematico della tendenza tipica in Berio di far coesistere tecniche afferenti a epoche e culture differenti, dal momento che la tecnica eterofonica è qui congiunta a procedimenti di rotazione combinatoria della successione melodica la cui ascendenza dalla scrittura seriale è evidente (figura 7).
La ritrovata omoritmia riprende le battute 40-41 conduce alla conclusione (figura 8).
Così come era iniziato, There is no tune è chiuso da un lieve impulso: si conclude così un pezzo che, pur nella sua brevità, dimostra compiutamente la padronanza nella scrittura corale e la maestria compositiva di uno dei protagonisti della musica del XX secolo.
1. Cappelletto, Nel labirinto della musica. Incontro con Luciano Berio, in Luciano Berio, Interviste e colloqui, a cura di Vincenzina Caterina Ottomano, Einaudi, Torino 2017, p. 319.
2. P.Albèra e J. Demierre, Intervista con Luciano Berio, in Luciano Berio, ibidem, pag. 149.
3. È possibile ascoltare il brano nell’esecuzione dell’ensemble Le cris de Paris sotto la direzione di Geoffroy Jourdain al seguente link, tratto dal CD Berio to sing, Harmonia Mundi, 2021: https://www.youtube.com/watch?v=V9zDLgFzKkY&list=OLAK5uy_nKJAZjc4mSvhyjXpnz8eWHFGN73zrPNtc
4. Devo alla gentilezza della prof.ssa Talia Pecker Berio, presidente del Centro Studi Luciano Berio, e della prof.ssa Angela Ida De Benedictis, direttrice scientifica del Centro e curatrice della Collezione Luciano Berio presso la Paul Sacher Stiftung di Basilea la possibilità di consultare il testo originario, altrimenti inedito. A entrambe vanno i miei più sentiti ringraziamenti.
5. L’eterofonia è una tecnica assai diffusa in molte culture musicali e consiste nell’esecuzione simultanea della medesima melodia in forme diverse date da varianti e fioriture. L’assunzione della tecnica eterofonica da parte di Berio è frutto da un lato del crescente sviluppo degli studi etnomusicologici avvenuto nel Novecento a partire dalle prime esperienze agli inizi del secolo, dall’altro dal profondo amore di Berio per la musica popolare, testimoniata tra l’altro da opere quali Folk- songs, Voci e Coro.
6. La partitura edita da Ricordi consiste della riproduzione in facsimile del manoscritto autografo; per garantire maggiore comodità di lettura, gli esempi qui riprodotti sono stati riscritti per mezzo del software di videoscrittura musicale Sibelius. Sono stati emendati senza segnalazione alcuni refusi: l’omissione per dimenticanza di porzioni testuali nelle singole parti, alterazioni incontrovertibilmente errate e un caso di battuta ipermetra in una singola parte.
7. Significativa in tal senso la testimonianza di Luca Francesconi che, avendo chiesto a Berio in che modo avesse costruito l’accordo iniziale di Sinfonia, si sentì rispondere piccato che non si trattava di accordo ma di colore. Per leggere la testimonianza si veda il link http://lucianoberio.org/node/35478.
8. P. Albèra e J. Demierre, cit., pag. 153.
9. Il termine, mutuato dalla musica elettronica, indica il procedimento attraverso il quale è possibile porre in evidenza o sopprimere alcune fasce di frequenze.
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