Con il 2022, si commemora il centocinquatesimo anno dalla sua nascita. Perché è così importante ricordarlo?
Lorenzo Perosi, nato a Tortona, fu un musicista attento, uomo e religioso dalla profonda spiritualità e interprete musicale intelligente. La sua vita fu immersa tra l’arte e la fede. Amò la musica, come i suoi cinque fratelli. Tutti coinvolti attivamente e pienamente. Fin da giovanissimo, si fece “terziario” (chiamato a compiere il suo cammino aderendo pienamente alla spiritualità francescana), e poi entrò anche al Liceo Musicale di Santa Cecilia di Roma e seguì ancora un corso di studi a distanza col Conservatorio di Milano. Fu maestro di canto all’Abbazia di Montecassino; si diplomò al Conservatorio di Milano e continuò a studiare nella città di Ratisbona. Divenne poi maestro di cappella a Imola e l’anno seguente direttore della Cappella Marciana della Basilica di San Marco a Venezia. Dopo essere diventato nel 1895 sacerdote, Papa Leone XIII lo nominò direttore perpetuo della Cappella Musicale Pontificia Sistina, carica che ricoprì fino alla sua morte nel 1956.
Già da queste informazioni biografiche, capiamo e confermiamo la sua intensa attività musicale nell’ambito religioso cattolico.
Considerato anche tra i compositori, in particolare di musica corale, più attenti al mondo del Novecento e Contemporaneo, qual è stato il ruolo di Perosi e quale impronta ha lasciato nella Cappella Sistina, come modello musicale da seguire? Perosi lasciò un grande segno, sia perché era una personalità e un maestro musicalmente straordinariamente dotato e preparato, sia perché particolarmente sensibile e appassionato, oltre che continuamente attivo nella musica: soprattutto religiosa corale. Assorbì tutte le abilità e le capacità necessarie per intercettare e praticare la musica del suo tempo. Compose moltissima musica per la liturgia, dando così un enorme contributo al repertorio musicale cattolico. Dedito molto alla forma dell’Oratorio e dei mottetti, ha interpretato quello che stava succedendo dall’inizio del Novecento in Italia e in Europa. Uomo aperto e irriducibilmente curioso, pur nelle sue vesti di “povero prete”, fu una personalità così tanto inserita nella società dell’epoca e aggiornato ai suoi tempi.
Giacomo Puccini, disse di lui: «C’è più musica nella testa di Perosi che in quella mia e di Mascagni messe insieme.»
Perosi fu la guida e l’esponente principale del Movimento Ceciliano: il movimento musicale che riformò la musica sacra nell’ambito della Chiesa Cattolica. Rifacendosi alla figura di Santa Cecilia, patrona della musica, dei musicisti e dei cantanti, fu la risposta alla ormai totale assenza del Canto Gregoriano e della polifonia rinascimentale dalle celebrazioni liturgiche cattoliche della fine dell’800 e del ’900.
La musica di Perosi ci svela una pietà solida: uno spazio della vita dell’Uomo alla preghiera e all’aspetto della spiritualità. Una vera proposta di legame con la vita della Chiesa e il vivere con il “sentore di Dio”. Mai esposto, tale da mettersi in mostra, Perosi, pur con la sua grande apertura verso gli altri e verso l’espressione musicale, rimase sempre nell’ombra, riservato e delicato. Proprio questi aspetti della sua personalità, li ritroviamo puntualmente anche in tutta la sua musica religiosa composta. I suoi mottetti, moltissimi dei quali brevi, delicatissimi e leggeri come “acquerelli”, e allo stesso tempo intensi, sono tra le sue composizioni più eseguite ancora oggi dai cori liturgici e non solo.
A titolo esemplificativo, prendiamo in considerazione il breve mottetto “Ave maris stella” (Fig. 1) da lui composto. Il brano, in Re Maggiore, prevalentemente omonimico, trasmette il proprio inconfondibile stile compositivo e linguaggio musicale di Perosi, miscelando, in modo naturale diversi elementi, oltre all’ispirazione gregoriana. Già nei primi tre accordi delle prime due battute, notiamo ai Contralti e ancor più ai Soprani ampi salti (di terza, di quarta e di sesta) che possiamo definire come: “effetti/affetti”, volti a trasmettere fin da subito molta espressività in sintonia col testo “Ave Maris stella”. Il saluto alla beata Vergine Maria, come “stella del mare”. I Soprani raggiungono sul primo tempo della seconda battuta, la settima dell’accordo di Secondo grado, senza alcuna preparazione, ma appunto direttamente di salto. Questo accordo è di particolare dolcezza, basato sul grado pre cadenzale della battuta successiva, che ne connota ulteriormente il carattere espressivo del soggetto del testo e brano cantato.
Nella terza battuta (Fig. 2), raggiungiamo il Quinto grado, con la sensibile ai Tenori, che però viene subito abbandonata a favore di un accordo raggiunto per gradi congiunti insieme ai Contralti, più aperto e distensivo e meno convenzionale.
Alla quinta battuta (Fig.3) ascoltiamo una dissonanza tra il Do# dei Bassi discendenti e il Re dei Tenori, che nonostante la percussione scritta, trasmette un effetto invece anch’esso molto dolce e distensivo.
Nelle due battute successive (Fig. 4), Perosi scrive in modo da tonicizzare il Quinto grado (alla battuta 8), con una soluzione armonica molto interessante. Si porta su un accordo sempre dissonante e comunque ancora dolce sul secondo tempo della battuta 6 con queste note: Si, Fa#, La e Do#, per poi poggiare sull’accordo del primo tempo della battuta successiva (Mi, Mi, Sol#, Do#), prima di raggiungere il V di V, dall’effetto spiccatamente “liturgico”.
Alla battuta 11 (Fig. 5), Perosi ci porta ad una modulazione al tono relativo di Si minore. L’accordo stesso di Si minore è raggiunto alla tredicesima battuta, dopo un breve percorso ancora una volta efficacemente espressivo e funzionale, attraverso le concatenazioni armoniche di due battute:
Raggiunto il Sesto grado alla battuta 13, il nostro compositore ci porta sul secondo tempo della battuta al grado di V6m discendente in primo rivolto, senza la sensibile perché è concepito sulla scala discendente di Si minore (scala minore naturale). Rievoca l’arcaico “Passo di lamento” e trasmette ancora un gusto musicale modale e liturgico.
Alla battuta 15 (Fig. 6), torniamo nuovamente al tono d’impianto di Re Maggiore con il I6 in comune col III6 di Si minore.
Ci stiamo avviando verso la fine, con tutto il cadenzale e la coda finale delle ultime 6 battute. Una particolare attenzione la poniamo sul dolcissimo accordo dell’ultimo tempo di battuta 16: il II56, che convalida ancora una volta il tratto distintivo del carattere musicale di Perosi.
La lunga cadenza sul V-I delle battute 17-19 (Fig. 7) è volutamente tratta e caratterizzata dalle parole: “porta” (da: porta del cielo) e “nomen” (da: muta il nome di Eva).
La coda finale (Fig. 8) è basata, nelle ultime tre battute sul rapporto armonico della cadenza pagale, cioè IV- I, come la tradizione musicale corale più antica e modale vuole.
Consigli per l’esecuzione
Il primo suggerimento che ci teniamo a dare, è non lasciarsi condizionare da un’apparente “semplicità” musicale delle composizioni corali di Perosi.
Questa semplicità è dovuta dal suo stile di vita francescano altrettanto semplice, ma non per questo “semplicistico”.
È una semplicità che vuole arrivare a tutti: a tutti i cantori che vogliono cantare nei cori e soprattutto nei cori liturgico religiosi, in perfetta sintonia anche con le indicazioni sulla Musica Liturgica del “Motu Proprio”, promulgato nel 1903 da Papa Pio X.
Si stabiliva, oltre che il recupero del Canto Gregoriano, anche di comporre musiche per coro più semplici e comprensibili a tutti i fedeli.
Gusto altamente profondo poetico e semplicità, sono gli ingredienti principali da consumare durante le esecuzioni delle composizioni di Perosi.
Durante le prove, è opportuno quindi che si tenga sempre conto: del testo o preghiera religiosa che si sta affrontando e di un modo di partecipare alle prove e allo studio delle parti corali, con particolare sensibilità d’animo e sentore profondo.
Seguendo gli aspetti analitici che abbiamo indicato durante questo articolo e il brano scelto, occorre ottenere molta “amalgama” corale, visto che il brano è prevalentemente “omoritmico”.
Intonare i salti ampi di intervallo con particolare attenzione all’apertura della bocca e della gola, evitando strozzature posturali della cavità orale o cedimenti d’intonazione, perché i suoni non siano efficacemente sostenuti e allo stesso tempo lasciarsi andare a questi effetti/affetti, che producono particolari e intensi momenti espressivi.
Tutte le dissonanze che incontriamo, occorre intonarle con particolare delicatezza, evitando esecuzioni dure e inutilmente aspre, sia nel modo di sentirle nel nostro ascolto interno sia nell’esporle agli ascoltatori.
Il continuo uso di rapporti e concatenazioni armoniche modali e solo velatamente più tonali, ci invita a porci nel modo di cantare, più come si faceva nella musica antica e rinascimentale. Invitiamo quindi a usare un suono vocalico timbrato e scorrevole – che induce oltre modo a rapportarci più strettamente con la “polifonia” – evitando di usare voci e timbri vocalici più pesanti. Lo stretto rapporto tra la musica antica e quella del ’900 (in particolare), è molto usato dai compositori, non solo di musica vocale, di quest’ultimo periodo. È sicuramente anche più utile ed efficace usare il “vibrato” con parsimonia, molto più indicato per parti liriche o brani corali di composizioni di più ampio respiro.
Dicevamo prima, che possiamo intendere come metafora, molti mottetti di Perosi come se fossero degli “acquerelli”. Una volta stabilita la giusta attenzione “tecnica e vocalica” sull’affrontare il nostro brano, sarà importante ed efficace, concentrarsi continuamente sull’aspetto dinamico ed espressivo, che connoterà e trasmetterà il più giusto e voluto messaggio religioso liturgico del nostro delicato e sensibile compositore Lorenzo Perosi.
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