Carrellata (non esaustiva) sull’immagine del canto corale nella settima arte
Voci bianche e audizioni
L’immaginario cinematografico ci influenza e ci suggestiona in tanti ambiti. Vedendo un film ci illudiamo di conoscere situazioni lontanissime da noi e abbiamo l’impressione di viaggiare nel tempo e nello spazio. Un bel film può anche ispirarci facendoci conoscere mondi nuovi, può rendere affascinanti attività o professioni che non lo sono o viceversa. È innegabile che il cinema sia una fabbrica di miti moderni e abbia in larga parte colonizzato la nostra fantasia. Da maestra di coro mi è spesso successo di condividere con vari colleghi una considerazione (sarebbe meglio dire lamentela) sulla scarsa presenza del mondo corale nei media. Mi è sorta allora la curiosità di verificare se la nostra attività sia o meno presente nei soggetti cinematografici. Ho anche pensato che potesse essere interessante capire quale fosse il tipo di rappresentazione che ne viene fatta e se vi siano degli stereotipi ricorrenti. Insomma, la domanda alla quale ho cercato di rispondere con questa piccola, e sicuramente limitata, ricerca personale è: come vengono rappresentati i cori nel cinema? Il punto di vista dal quale mi muoverò è quello della direttrice di coro; lungi da me il pensiero di occuparmi di critica cinematografica non avendo la minima competenza al riguardo. Non ho potuto fare a meno, comunque, di far emergere anche i miei gusti personali.
Cominciamo prendendo in esame alcuni tra i film in cui il coro costituisce l’elemento centrale della trama. Non sono pochi, contrariamente a quel che pensavo, ma tra questi i veri successi internazionali si contano sulle dita di una mano. I primi esempi che mi piace citare sono dedicati alle voci bianche e presentano l’attività corale ricorrendo ad alcuni elementi narrativi tipici: in tutti ritroviamo un’audizione più o meno severa e un protagonista in forte crisi alla ricerca di dignità e di riscatto. Può rientrare in questo canovaccio “Les Choristes“: film francese di genere drammatico del 2004 diretto da Christophe Barratier. Ebbe un notevole successo, come testimonia la grande diffusione, tra i cori di voci bianche, dei brani corali presenti nella colonna sonora. Il più famoso è senza dubbio “Vois sur ton chemin”, eseguito in tutto il mondo.
Fig.1 Les Choristes
Può essere considerato un remake poiché il nocciolo della storia è tratto dal film del 1945 “La gabbia degli usignoli” diretto da Jean Dreville, che ottenne una candidatura agli Oscar del 1948 per il miglior soggetto. In entrambi i film è presente anche una bella versione di “La nuit” di Rameau. La vicenda è ambientata in un collegio per ragazzi “difficili” durante gli anni ‘40. Nonostante l’opposizione del preside un insegnante di buona volontà tenta di coinvolgere i suoi problematici alunni in una attività corale. Non sarà facile ma il canto d’assieme riuscirà a rendere più umani i rapporti tra i docenti e i ragazzi. Il coro gioca un ruolo fondamentale, andando a costituire un’oasi di bellezza in un contesto (l’istituto di correzione non a caso è soprannominato “pozza di fango”) cupo e punitivo. L’eleganza del repertorio, in parte costituito anche da brani tradizionali, sembra ridare dignità ai giovanissimi protagonisti.
Atmosfera piuttosto tesa anche per “Boychoir” film americano del 2014 con la regia di François Girard. Si tratta di un film, uscito in Italia con il titolo “L’ottava nota”, in cui un blasonato coro americano di voci bianche è al centro dello snodo drammatico: un esigente e freddo maestro di coro, interpretato da Dustin Hoffmann, riconosce, in un dodicenne problematico doti canore non comuni. Il protagonista faticherà non poco a conquistarsi la fiducia del maestro e dei compagni ma ne uscirà maturato. Nel corso della vicenda la routine corale del gruppo viene tratteggiata in modo non del tutto superficiale (molte le scene girate durante le prove), ma a farla da padrone è la competitività e la rivalità tra coristi, spesso incoraggiata dal maestro stesso. La scelta dei brani corali predilige i classici: Haendel, Britten, Mendelsshon. Il film ci presenta l’attività corale come assai affascinante ma anche difficile ed esclusiva con tanto di severe audizioni per gli aspiranti coristi. Il tema, anche se non viene del tutto esplicitato, sembra essere quello del riscatto personale e sociale del protagonista.
Fig. 2 Almost Angels
Analoghe dinamiche (audizioni comprese) le troviamo anche in “I ragazzi dello Zecchino d’Oro” (Fig. in apertura). con la regia di Ambrogio Lo Giudice. Questo film per la tv del 2019 narra la nascita del Piccolo Coro dell’Antoniano di Bologna, fondato nel 1963 dalla giovane maestra Mariele Ventre per accompagnare i piccoli interpreti delle canzoni allo Zecchino d’Oro. Vengono cantati alcuni degli storici successi e viene ripercorsa l’epopea televisiva del Piccolo Coro partendo dalle vicende personali di alcuni bambini e delle loro famiglie. Il loro comune denominatore è la voglia di riscatto dall’anonimato e, talvolta, dalla marginalità.
Il clima si alleggerisce con “Almost Angels” un film musicale del 1962 diretto da Steve Previn e prodotto dalla Disney. Uscì in Italia con il titolo di “Angeli o quasi”. I protagonisti assoluti sono i ragazzini del celebre coro di voci bianche “Piccoli Cantori di Vienna” che recitano nella parte di se stessi. L’esile trama costituisce lo spunto per mettere in scena alcuni dei cavalli di battaglia del blasonato coro austriaco: Mozart, Schubert, Brahms. Pur trattandosi di un film per famiglie di tono assai lieve viene sottolineata la severità della selezione dei piccoli coristi e il rigore della preparazione musicale. L’ambientazione evidenzia il prestigio di questa antica istituzione e la sua serietà ed esclusività.
Diverso è l’impianto dei prossimi tre film, tutti americani e tutti ascrivibili al genere commedia. Il tema principale, più che il coro in sé, sembra essere la ricerca del successo. Le colonne sonore sono tutte orientate al vocal pop.
In “The Fighting Temptations”, film statunitense del 2003 a regia di Jonathan Lynn. lo spunto narrativo è piuttosto artificioso: il protagonista diventa erede universale di una ricchissima zia ma scopre di non poter incassare nulla prima di aver esaudito le ultime volontà dell’anziana parente che consistono nel rinsaldare un piccolo coro gospel in disarmo fino ad ottenere il primo premio in una importante competizione corale. Ci riuscirà coinvolgendo nell’impresa coristi dalle provenienze più disparate: un gruppo di carcerati guardati a vista da un secondino e una solista interpretata nientedimeno che da Beyoncè. A questo punto diventa chiaro che, tra brani gospel, blues e incursioni nel rap l’improbabile coro marcerà dritto verso il successo. Trattandosi di una commedia, il lieto fine è d’obbligo e forse non c’è nemmeno da aspettarsi un intreccio credibile o un minimo di realismo nella realizzazione delle scene corali. Anche qui, più che sul coro, l’attenzione è rivolta ai solisti e alla competizione tra cori. Con tanto di audizioni pur se in chiave umoristica.
Fig. 4 Pitch Perfect
“Voices” (titolo originale “Pitch Perfect”) è un film americano del 2012 con la regia di Jason Moore. Si tratta di una fortunata commedia (ha avuto ben tre sequel) che mette al centro della vicenda, ambientata in un college universitario, la rivalità tra due gruppi vocali a cappella, uno femminile e l’altro maschile. I numeri musicali (basati su brani pop vecchi e nuovi) sono spettacolari sia dal punto di vista vocale che coreografico. Ben confezionato e spumeggiante è sicuramente pensato per un pubblico giovanile, ma non brilla certo per profondità e verosimiglianza. Il canto corale viene dipinto come un mezzo per primeggiare: i solisti sono le vere star della situazione e la competizione, ancora una volta, la fa da padrona.
Fig. 5 Joyful Noise
“Joyful Noise”. Uscito in Italia con il titolo di “Armonie del cuore” è un film del 2012 scritto e diretto da Todd Graff. Tra rivalità personali e amori contrastati si racconta l’improbabile riscatto di un malandato coro gospel di provincia pieno zeppo di solisti carismatici. Le due star principali, Queen Latifah e Dolly Parton, si contendono la conduzione del coro in modo quasi macchiettistico, ma di musica si parla pochissimo. La sceneggiatura si alza raramente al di là dell’ovvietà e del già sentito: prevedibilmente, assistiamo a una gara tra cori, che vedrà i “nostri” trionfare. I numeri corali, però, sono decisamente ben fatti anche se infarciti di tutti i cliché narrativi più logori che si possano immaginare. Tra questi anche una sorta di contrasto tra “innovatori” e “tradizionalisti”. Quindi, di cliché in cliché , non mancherà nemmeno la scena del pubblico che sbadiglia assistendo all’esecuzione tradizionale mentre, lo stesso pubblico, poco dopo, tributerà un vero e proprio trionfo al gospel “moderno”, arrangiato con sonorità pop e ballato con tanto di coreografie.
Mettendo a confronto questi primi titoli emerge già una netta distinzione tra l’immagine del coro presentata dalla cinematografia statunitense e quella dalle produzioni europee, meno spettacolarizzata e meno focalizzata sul vocal pop. Un altro aspetto è, invece, ricorrente ovunque; è quello della rivalità tra solisti, vera e propria “ciliegina sulla torta” a cui, evidentemente, nessuno sceneggiatore vuole rinunciare. La stessa cosa potrebbe essere detta a proposito della presenza, in tutti questi film, di scene che presentano un’audizione con tanto di commissione di esperti in cattedra. Sembra proprio che l’elemento della competitività non possa mai mancare nemmeno nel rappresentare il coro, organismo paritario per antonomasia. Nel prossimo numero daremo uno sguardo ad altri filoni cinematografici che abbiano, anche solo parzialmente, toccato l’argomento “coro”.
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