Il canto folkloristico in Romagna secondo Franco dell’Amore

Ponendo il focus sulla storia dei Canterini di Longiano, si analizza la storia non solo di un fenomeno musicale, ma anche storico e di costume, che ha contraddistinto la Romagna dal 1921, anno di costituzione del primo gruppo di Canterini, periodo segnato dalla politica culturale fascista e dal recupero strumentale della tradizione agreste, fino ad oggi.
Indicando i Canterini si fa riferimento ad una forma di canto corale, spesso in vernacolo, eseguito a cappella e inframezzato da balli popolari, come il saltarello romagnolo, che si avvalevano dell’accompagnamento musicale messo in atto da fisarmonica, chitarra oppure violino.

Il repertorio si basava sulle “Cante romagnole” le cui origini, per consuetudine, erano fatte risalire al “canto alla boara”, tendenza spontanea al canto da parte di coloro che conducevano i buoi. Tale raccolta era, però, tutt’altro che “popolare”, come veniva definita, ma frutto di una ricerca colta e dell’ispirazione artistica di personaggi altamente istruiti, ben conosciuti e di spicco del panorama culturale romagnolo. Autori come Cesare Martuzzi per la parte musicale e Francesco Balilla Pratella o Aldo Spallicci per il testo poetico, che, fra i più, riuscirono a cogliere l’importanza del dialetto quale strumento linguistico al fine di tramandare un patrimonio culturale ben più ampio.
Si può, quindi, parlare di una tradizione etnograficamente “inventata”, che utilizzava il recupero di un passato completamente idealizzato, al fine di rinnovare il linguaggio musicale, ricorrendo al folclore e mantenendosi distante dall’accademismo borghese che contraddistingueva le società corali dell’epoca.

La politica culturale fascista fece del canto dialettale romagnolo uno strumento finalizzato a forzare un legame identitario alla terra; ma i Canterini rappresentarono anche un’importante forma di aggregazione. Fu, infatti, l’Ordine Nazionale Dopolavoro, preposto a rispondere all’esigenza di attività ricreative da offrire ai lavoratori, a dare grande impulso e sostegno alle attività corali dei Canterini. In particolare, al O.N.D. si legò intensamente il gruppo dei Canterini di Longiano, il quale, in tale contesto, si esibì ad Amburgo in occasione del I Congresso Mondiale dei Dopolavoristi e partecipò ai festeggiamenti indetti per il viaggio in Italia di Adolf Hitler nel 1938.


In quest’opera, pubblicata dalla Fondazione Tito Balestra, Franco Dell’Amore punta il focus proprio sui Canterini di Longiano, ricostruendone le vicende, grazie alla documentazione fornita da Giorgio Bettucci, il cui archivio storico è ora conservato presso il Museo della Civiltà Contadina di Longiano. La cronistoria della Camerata dei Canterini longianesi ha inizio nel 1933, quando in Romagna sono già attive alcune delle più importanti compagini corali, quali i Canterini di Forlì nati da un’idea di Aldo Spallicci del 1910, i Canterini della Camerata di Lugo fondati da Francesco Balilla Pratella nel 1922 e i Canterini di Imola fondati nel 1928 da Turibio Baruzzi.


Le prime esibizioni sono legate a teatri locali ma, nello stesso anno, il gruppo affronta un concorso nazionale tenutosi al Teatro Carlo Felice di Genova, aggiudicandosi il secondo premio e ottenendo importanti opportunità quali l’esibizione alla prima edizione della Settimana Cesenate. A due anni dalla propria costituzione il gruppo longianese ha già collezionato, inoltre, numerosi successi internazionali ed è acclamato come uno dei migliori complessi corali italiani, arrivando a presenziare anche ai giochi della XI Olimpiade, tenutasi a Berlino nel 1936. Negli anni Trenta partecipano e si fanno promotori di numerose “Feste dell’uva” disposte dal regime fascista, mentre in periodo di guerra tra 1941 e 1943 sono chiamati ad esibirsi negli ospedali militari della Riviera Adriatica come intrattenimento a favore dei feriti di guerra. Se l’inasprirsi della condizione bellica porta il gruppo ad una pausa forzata, ritroviamo i Canterini protagonisti dal 1947 di numerose rassegne, in particolare grazie alla collaborazione con l’ENAL (Ente Nazionale Assistenza Lavoratori), organizzazione in cui si converte l’O.N.D. nel 1945. In un mondo, fino alle fine degli anni Cinquanta, in cui si concede sempre più spazio all’industrializzazione, i Canterini sono l’esempio della stereotipata e salubre attività agreste, mentre amano farsi ritrarre maldestramente impegnati in attività di campagna, con i loro costumi “tradizionali”.

Si tratta dei costumi folcloristici “tipici romagnoli” che erano, tuttavia, pressoché totalmente inventati, in mancanza di un’iconografia storica precedente che ne delineasse chiaramente i caratteri. E se l’aspetto e la costruzione di un’immagine pubblica riconoscibile sono importanti, lo è altrettanto la fruizione della musica, non solo dal vivo, ma anche attraverso i moderni mezzi di diffusione. Al 1926 risalgono, infatti, le prime incisioni su 78 giri, per arrivare alle più recenti su vinile sul finire degli anni Ottanta, poi riversati su compact disc.
Rispetto alle corali “classiche” polifoniche, liriche o in riferimento al canto gregoriano, si può notare, quindi, come il fenomeno dei Canterini si ponga su un piano nettamente differente, sia per repertorio che per struttura.

La connotazione che si vuole conferire è quella di un aspetto prettamente “popolare”, ma i versi endecasillabi dei testi tradiscono l’origine colta dei brani, pur legati per temi e simbologie alla campagna. Gli autori, in particolare, impiegarono la monodia e la forma responsoriale. La struttura delle “Cante Romagnole”, infatti, rimanda al canto liturgico preconciliare e, nello specifico, ai canti responsoriali, con l’introduzione della melodia ad opera del solista e la ripresa da parte della comunità corale, allontanandosi, in realtà, dai “canti alla boara” a cui la tradizione voleva far risalire l’origine delle Cante, che rimarrà unicamente un’ispirazione per la prassi esecutiva a cappella. L’utilizzo del dialetto favoriva un senso etnico di appartenenza e autenticità. Il significato della parola Canterini, inoltre, come si evince dal termine stesso, indicava chi amava cantare, ma senza essere necessariamente edotto nell’arte della musica. Gli interpreti, infatti, in virtù del loro carattere “popolare”, erano scelti nell’ambito della comunità, privi di qualsiasi nozione musicale.


La storia dei Canterini di Longiano è solo un esempio di un ampio fenomeno che interessa la Romagna del primo Novecento – negli anni Trenta i gruppi corali di questo tipo raggiungevano la dozzina – volto a presentare il mondo contadino della “tradizione” sotto un’ottica idealizzata e romantica.
Gli studi dedicati ai gruppi dei Canterini, proseguiranno con la storia dei Canterini di Lugo fondati da Pratella nel 1922, a cui Franco Dell’Amore sta già lavorando, di prossima uscita.