50 anni di AERCO nel ricordo dei presidenti
3.PARTE TERZA
Quali stimoli ti ha dato l’AERCO ad aggregare altri Cori nell’Associazione.
Giovanni Torre: sono stati proprio gli aspetti positivi, descritti più sopra (cfr. FarCoro 2/2021), già impostati dal mio predecessore Giorgio Vacchi e da me proseguiti e ampliati durante la mia presidenza, che hanno permesso all’AERCO di aggregare altri Cori nell’Associazione.
Pier Paolo Scattolin: l’eredità della cultura corale di Vacchi, il fondatore dell’Associazione e le idee di Giovanni Torre che si inserì validamente e con grande competenza musicale per un breve periodo nell’arco della presidenza di Giorgio, costituirono per me un entusiasmante percorso in cui avvenne un grande allargamento delle iscrizioni che cercai di fronteggiare con il contatto diretto, la presenza alle attività dei cori grazie anche al proficuo scambio di idee con il “direttivo”: la realizzazione delle proposte di questo gruppo di responsabili attraverso il concreto ausilio organizzativo di Puccio furono un impegno costante per me e faceva da collante e forte stimolo aggregativo per i cori della regione. Sulla base dei valori precedentemente descritti l’aggregazione dei cori avvenne sulla base della diffusione del “farcoro” come elemento socializzante, la ricerca come metodo di lavoro, lo scambio fra cori senza finalità e modalità mercantili. Si cercò di promuovere l’adesione all’associazione individuando, incoraggiando e promuovendo ogni progettualità che desse la possibilità a ciascun coro di evidenziare le proprie specificità e capacità, potenziali volani per nuove aggregazioni; si era attenti ad evitare sovrapposizioni con attività decise dal direttivo che potessero mettere in secondo piano quelle già esistenti. Gli stimoli aggregativi, quindi, non avevano il tramite di offerte o vantaggi di tipo amministrativo (seppure non assenti), ma le riunioni avevano per argomento soprattutto temi musicali e di crescita culturale. Quindi non la competitività capace di irradiarsi e stratificarsi con nocumento nelle attività associative, bensì la solidarietà era il principale obiettivo per diffondere il senso autentico dell’AERCO. Era l’idea che un direttore poteva crescere con consapevolezza assieme al suo coro e non l’essere il centro di un’attività valida come trampolino di lancio per una carriera personale: e anche se ciò possa essere considerato come un naturale ed eticamente giusto esito complementare, non era lo stimolo più importante.
Fedele Fantuzzi: L’associazionismo è per definizione “mettersi insieme, unire forze e idee”, perciò è stata una esigenza, una necessità cercare di raggiungere il maggior numero di realtà corali della regione. Portare a conoscenza gli obiettivi le finalità di AERCO, far sentire vicina e presente la Associazione per cercare insieme di crescere sia a livello musicale che aggregativo…
Andrea Angelini: se si vuole avere ‘forza contrattuale’ bisogna essere uniti e numerosi. Questo avviene un po’ ovunque nel mondo sociale ed associativo. Non è ovviamente un fatto solo numerico, i cori non sono ‘clienti’ ma sono i veri destinatari dei servizi che AERCO può offrire. Mi piange il cuore quando un coro decide di non rinnovare l’iscrizione, specialmente se questo è dovuto ad un fatto economico, ad una difficoltà nel pagare la quota associativa. Negli ultimi 6 anni non abbiamo mai modificato la quota se non nel ‘caricare’ il costo dell’abbonamento a Choraliter. L’essere conscio di appartenere ad una rete corale regionale, nazionale, europea, mondiale mi ha dato lo stimolo maggiore per essere continuamente alla ricerca di cori da associare. I cori non possono restare da soli, devono vivere la loro bella attività a fianco degli altri, condividerne valori ed esperienze. Quale motivazione migliore può esistere?
La tua presidenza ti ha consentito di introdurre idee innovative in AERCO atte a dare un miglioramento statutario e aggregativo?
Giovanni Torre: come accennato, fino al momento della iscrizione del mio coro (1973), la associazione veniva chiamata AERCIP. Di essa, facevano parte soltanto cori a voci maschili interessati a repertori di canti di ispirazione popolare. L’iscrizione del mio coro, a voci miste, ha comportato un cambiamento di statuto e di ragione sociale. Da allora, su nostra richiesta, l’AERCIP è diventata AERCO. Una associazione cioè, che intendeva comprendere tutte le possibili formazioni corali: dai cori a voci virili, a quelli a voci femminili, bianche e miste, con repertori che spaziavano su tutte le forme della musica vocale. In questo modo, la famiglia corale emiliano romagnola si allineava con quelle già attive nelle altre regioni d’Italia (in particolare: Veneto, Trentino, Lombardia…), avendo però cura di mantenere la specificità che l’aveva distinta fin dalla sua nascita in campo nazionale: e cioè, di essere una “Associazione a forte contenuto popolare”, legato al lavoro di ricerca musicale, svolto in regione dai suoi componenti sia sul terreno della tradizione orale che su quello della musica colta.
Pier Paolo Scattolin: dopo l’apertura ai cori polifonici e la rinuncia di Giorgio Vacchi alla presidenza, uno dei miei principali obiettivi fu quella di cercare un equilibrio fra la cultura musicali dei cori popolari ancora preponderanti numericamente e quelli polifonici: si trattava di adeguare l’associazione alle nuove istanze prodotte anche dall’adesione di cori gospel e vocal-pop, di cori liturgici, di voci bianche e scolastici. Le rassegne dei cori si aprivano a rappresentare e favorire l’incontro fra culture corali così diverse. Fu necessario nella pubblicistica separare il foglio delle comunicazioni sociali dagli argomenti che riguardavano gli aspetti didattici, culturali e la focalizzazione di importanti attività dei cori e associative; azione che permise di configurare in maniera decisiva l’attuale rivista “Farcoro”, che oggi grazie all’apporto dei vari responsabili che nel tempo si sono succeduti continua con merito e validità. Un ulteriore passaggio verso l’approfondimento dei temi musicali e corali fu l’iniziativa editoriale de “I quaderni di far coro” che diedero all’Associazione uno spessore culturale e musicologico. Fu dato il definitivo assetto alla rappresentanza provinciale e al convenzionamento con l’Assessorato alla cultura della Regione Emilia-Romagna iuxta LR 13/99. Furono inoltre allargate le competenze della commissione artistica, che acquistarono un slancio propulsivo grazie alla vivacità del dibattito e dello scambio rispettoso delle opinioni che poi si traduceva in sintesi di indirizzo e di proposta di modifiche anche statutarie. Si cominciò a porsi il problema della catalogazione, iniziata da Giorgio Piombini, degli archivi musicali presenti in alcuni cori come esperienza da estendere e pianificare successivamente al resto della coralità regionale. In occasione del trentesimo anniversario dell’AERCO fu pubblicato un doppio CD dal titolo AERCO, far coro contenente registrazioni che sintetizzavano la situazione artistica dei cori associati nel 2001. Si moltiplicarono le iniziative didattiche su base provinciale in maniera che fosse diversificata la proposta didattica a secondo delle tematiche che amalgamavano in maniera costruttiva docenze esterne e interne all’associazione. Fu il creato un corso permanente denominato “Chorus” per i direttori e compositori che desse stabilità didattica e organizzazione continuativa ai precedenti laboratori che fin dall’inizio l’AERCO aveva proposto ai propri iscritti. Nelle peculiarità di questo corso c’erano tre aspetti: la presenza di molti cori laboratorio, alcune dei quali provenienti anche da fuori della regione, per dare sostanza concreta alla pratica diretta dell’attività direttoriale, la ricerca di una metodologia tale da far sì che ci fosse spazio per una disciplina rivolta ai formatori didattici e infine la creazione di un circuito di cori ospitanti i direttori sia in veste didattica che concertistica, attività oggi sviluppata e praticata in particolare negli “Sconcerti” del movimento corale Scintille solidali.
Fedele Fantuzzi: Devo confessare che non mi sono mai sentito “presidente” vero e proprio, per carattere e personalità…avevo ereditato il lavoro di Presidenti di alto profilo, altamente qualificati dal punto di vista culturale che musicale (sono sempre stato più a mio agio con la musica…), tuttavia credo di aver contribuito al miglioramento strutturale e operativo dell’associazione. Un ringraziamento speciale al grande segretario Puccio che mi ha supportato in tutto con la sua esperienza. Qualche esempio: 1) modificato lo statuto 2) attivato un corso permanente per direttori 3) la Commissione Artistica è stata ampliata, resa più operativa (anche
itinerante…) come supporto ai cori associati, con maggior peso decisionale 4) reso più autonome le delegazioni provinciali sia a livello economico che organizzativo sul territorio 5) ho cercato di essere presente più possibile quando invitato dai cori…
Andrea Angelini: il mondo del volontariato ha subito un radicale cambiamento durante i primi anni della mia presidenza. Già alla fine del mandato di Fedele Fantuzzi, AERCO aveva iniziato l’iter per diventare una APS, ovvero un’Associazione di Promozione Sociale. Questo processo è diventato impellente e quanto mai complesso con l’introduzione del D.Lgs 3 Luglio 2017 n° 117, che ha introdotto il Codice del Terzo Settore: una vera rivoluzione che non si è ancora completata e che diventerà definitiva con l’avvio del RUNTS, il famigerato Registro Unico. Essere presidente di un’associazione importante come AERCO, considerata di secondo livello in quanto i suoi soci non sono persone fisiche ma altre associazioni, richiede competenze manageriali, economiche, tecniche, legislative che vanno spesso oltre alla buona volontà e al buon senso. La legge, come spesso si dice, non ammette ignoranza e quindi il tempo che è necessario dedicare ad AERCO, affinché questa navighi sicura, è pari a quello richiesto ad un imprenditore che conduce la propria azienda. Non è un qualcosa di cui è possibile occuparsene a tempo perso, nei ritagli di tempo, ma un compito che ti segue sempre e dovunque, domeniche incluse. Poiché la domanda mi chiede di parlare delle ‘idee innovative’ che ho introdotto, sono orgoglioso di rispondere che, sì, ho creato un team-working più simile ad un’azienda che all’idea ‘romantica’ dell’associazione. Non perché non ami questa visione molto sociale ma perché altrimenti non sarei sopravvissuto al cambio di marcia del mondo associativo. Da questo ne deriva l’impossibilità del fare ‘tutto da solo’ per carenza di tempo e di competenze. L’innovazione si è concretizzata nella definizione di ruoli e responsabilità: un Project Manager che possa seguire le varie attività artistiche, un Direttore Generale che funzioni da raccordo tra il Consiglio Direttivo e i soci, un PR che segua la parte web, grafica e pubblicitaria, un Segretario per la consulenza amministrativa e fiscale, un Delegato per ogni provincia (coadiuvato da un gruppo territoriale) in grado di seguire localmente gli associati, di capirne le necessità e di favorirne lo sviluppo, una Commissione Artistica per il brain-storming progettuale, un Comitato di Redazione al quale affidare la Rivista. E poi, ovviamente e grazie al lavoro di squadra, i contenuti artistici creati negli ultimi anni: le Rassegne regionali ‘Voci nei Chiostri’, ‘Fiumi di Voci’, il Festival ‘CantaBO’, l’Accademia Corale AERCO’, il Festival e Concorso per la Coralità Giovanile ‘Corinfesta’, ‘Cori@ Mo’, i ‘Concerti del Te’, il ‘Festival dei Cori Piacentini’, la partecipazione a ‘Soli Dei Gloria’, i concerti del World Choral Day, i corsi delle delegazioni provinciali (in presenza e online), il Concorso Internazionale per Direttori di Coro ‘Romano Gandolfi’, il Concorso Nazionale Video, il Concorso Internazionale di Composizione ‘AERCO, i miei primi 50 anni’, i contributi erogati ai cori per corsi ed eventi, il ‘Coro Giovanile Regionale’ e la ‘Schola Gregoriana Ecce’. Spero di non aver dimenticato nulla. Lasciatemi, infine essere anche orgoglioso della modernizzazione informatica della segreteria e della responsabilizzazione del suo addetto, della vivacità social-media…
Quale pensi sia oggi il ruolo di una Associazione Corale Regionale?
Giovanni Torre: nel 1983, in qualità di Presidente AERCO e insieme a pochi altri Presidenti regionali, sono stato uno dei fondatori della Federazione Nazionale Italiana delle Associazioni Regionali Corali (FENIARCO). Si completava così il processo di diffusione a livello nazionale delle realtà associative, iniziato anni prima da alcuni di noi. Lo scopo, allora, era quello di dare maggiore visibilità e forza contrattuale al lavoro che i cori svolgevano per diffondere l’associazionismo musicale amatoriale nelle singole regioni d’Italia. In realtà, questo lavoro non era ancora riconosciuto appieno dal governo nazionale. Le cose sono cambiate quando, un anno dopo (1984), ho avuto l’opportunità di incontrare l’allora ministro del Turismo e dello Spettacolo, on. Lelio Lagorio, in occasione di un convegno organizzato dal sindaco del mio paese sulle attività musicali e teatrali. Fu un incontro particolarmente fortunato perché mi permise di illustrare il ruolo svolto dai cori italiani e dall’associazionismo musicale amatoriale a un ministro che stava in quegli anni istituendo per legge il “Fondo Nazionale per lo Spettacolo”, con cui si assicurava l’attività delle istituzioni della musica, del cinema e del teatro. Ed è da quell’incontro che anche i cori della FENIARCO poterono utilizzare dei vantaggi che offriva per le loro attività il suddetto Fondo. A maggior ragione, di questi vantaggi poterono cominciare ad usufruirne anche le Associazioni Regionali, nella loro funzione di raccordo fra le esigenze dei singoli cori e le offerte della Federazione tutta. Questo raccordo mi pare che sia oggi ben oliato in tutte le regioni, anche se, per aver presieduto una regione che rivolgeva la sua primaria ragione di esistenza al recupero e al mantenimento del suo patrimonio culturale, non posso non dirmi preoccupato per il proliferare in essa di cori che sviluppano la loro attività in tutt’altro settore. E cioè, solo su repertori e programmi cosiddetti etnici, contribuendo così alla lenta scomparsa e perdita di secoli di arte vocale che ha reso l’Italia grande nel mondo. Ma tant’è. Come si dice in Emilia: “Piutôst che gninta, l’è méi piutôst”.
Fedele Fantuzzi: sinceramente ho perso quell’entusiasmo che avevo agli inizi, ovviamente a causa dei tempi che stiamo vivendo, della luce in fondo al tunnel che ancora non vedo, della lontananza che indebolisce la passione, lo sconforto generale… oggi però una associazione corale regionale se gestita bene, se attenta ai valori veri, se non si risparmia negli aiuti anche economici ad ogni associato, può e deve essere l’unica possibilità della rinascita “corale” ciò che può far brillare la fiammella della passione del “cantare in coro”; ne sono certo!
Pier Paolo Scattolin: allargando lo sguardo alla situazione italiana, penso che una risposta concretamente costruttiva ed efficace richiederebbe un’analisi che senza enfatizzazioni retoriche e autocelebrative descriva quanto in questi anni le associazioni regionali nell’attuazione degli obiettivi statutari originari e dei successivi necessari adeguamenti, abbiano concretizzato o eluso o addirittura distorto i valori che sono il fondamento e la ragione dello sviluppo consortile dei cori. Analisi necessaria affinché ogni associazione regionale possa procedere a ri-conoscere e ri-dare significato anche per il futuro alle ragioni dell’investimento emotivo e partecipativo che ogni singolo coro è chiamato a dare come contributo morale e umano. Mi permetto di esprimere al riguardo alcune opinioni e qualche suggerimento per quello che può valere la mia esperienza nella coralità italiana. Attualmente la pandemia ha accelerato l’esplosione di problemi che si erano già palesati e accumulati nel tempo indipendentemente dalla buona volontà dei responsabili nella ricerca dell’azione e della sua efficacia: mi sembra in particolare che l’attuale ramificazione e moltiplicazione delle associazioni corali siano lo specchio di una crisi dell’associazionismo derivata prevalentemente dal progressivo distacco delle iniziative rispetto ai reali problemi dei cori: per esempio l’investimento di risorse quasi esclusivamente nel premiare i percorsi performanti, nella esasperazione di una prassi competitiva fine a se stessa e nello stimolazione eccessiva dello sviluppo culturale del talent con il conseguente sgretolamento della unitarietà di indirizzo del coro hanno permeato gran parte degli obiettivi e delle scelte che non paiono aver favorito la diffusione della cultura corale e l’idea della aggregazione unitaria del coro, idea che ha consentito a molti cori italiani una propria identificazione e il raggiungimento di traguardi sociali e artistici duraturi nel tempo. I progetti, pur nella pregevolezza delle proposte, oggi diremmo di livello avanzato, molto spesso sono calati dall’alto senza il requisito di complementarietà rispetto alla coralità che tout court potremmo definire “di base”. La distanza rispetto al mondo corale “reale” si è ulteriormente manifestata in questo periodo nell’assenza di efficaci provvedimenti atti ad aiutare i cori in questo periodo di chiusura dell’attività. Tuttavia, oggi sicuramente nei passi decisivi che sono stati fatti nell’azione di inserimento nella didattica della scuola primaria e secondaria il ruolo delle associazioni si è mostrato invece molto efficace e interessante per il futuro: il medesimo buon esito va notato nel campo dell’editoria musicale della composizione per coro. Un aspetto invece in cui mi sembra poco interessato attualmente l’associazionismo italiano è la ricerca “scientifica”, che ha per sua natura la trasmissione del sapere e la traduzione in termini divulgativi dei patrimoni antichi e moderni della cultura musicale vocale e corale: in particolare il patrimonio italiano ha una grande ricchezza ancora inesplorata e sia quello “storico” che quello etnico hanno un’enorme influenza nella divulgazione di carattere pedagogico- didattico. In questo settore il ruolo dell’associazionismo sarebbe fondamentale nella ridistribuzione di risorse pubbliche alle quali i singoli cori non possono accedere. Il ruolo attuale dell’associazionismo potrebbe essere quello di ripercorrere la strada della valorizzazione e dell’attività partecipativa di ogni coro che va messo al centro dell’essenza esistenziale dell’unione dei cori. Il regionalismo ha senso per me solo se si torna a fare la politica del territorio, del contatto diretto della dirigenza con la coralità, nello stimolare le competenze nella composizione, nella didattica e nella direzione. Altrimenti ogni coro, anche se associato, si vedrà costretto a portare avanti i propri progetti che non riescono ad incrociarsi con i bandi amministrativi dell’associazione: prescindendone si crea così un corto circuito che rischia di non alimentare la qualità artistica dell’Associazione e la partecipazione viva e reale degli associati.
Andrea Angelini: ancora lo ribadisco: il ruolo principale è quello di creare la consapevolezza di appartenere ad una rete corale. Mi sono accorto che è questo il lato più difficile del nostro lavoro… All’inizio l’approccio con un nuovo coro avviene, nella norma, a causa dei vantaggi immediati che l’associazione può offrire: gli sconti SIAE, la possibilità di un’assicurazione a costo conveniente, i prezzi ridotti sui corsi e poi, via via, la Rivista, l’essere inseriti in una rassegna, un festival. Poi finalmente i cori si accorgono che, grazie a tutto questo, si crea un fil rouge con gli altri cori, che quello che viene offerto è per certi versi un fine ma anche un mezzo per sentirsi parte del sistema corale Italia. Voglio rendere merito di questo a FENIARCO, la Federazione che riunisce le Associazioni Corali Regionali, il cui lavoro è stato proprio quello di farsi portatrice del messaggio culturale corale. A prescindere da tutto questo, compiti importanti di un’Associazione Corale Regionale sono quelli di lavorare a stretto contatto con le istituzioni al fine di veicolare nel modo migliore possibile la nostra attività e di riceverne il giusto supporto economico. Cantare in coro è il modo più semplice per fare musica, a basso costo, senza limitazioni di età, di capacità e con grande soddisfazione. Vorrei che i cori ci vedessero così…
Nelle foto: Immagini dalla Terza Assemblea Generale AERCIP – Pavullo – 25 febbraio 1973
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