Gli esordi e la presidenza di Giorgio Vacchi
Buon compleanno AERCO!
L’amico Puccio Pucci, per tanti anni segretario e anima organizzativa dell’associazione, mi ha chiesto di rievocare tramite i miei ricordi familiari i primi anni di presidenza di Giorgio Vacchi. Compito arduo, se non impossibile, quantomeno per motivi anagrafici. Tenterò, comunque, di sintetizzare le principali idee di mio padre sull’argomento servendomi, oltre che dei ricordi personali, dei pochi ma incisivi scritti da lui lasciati.
Gli anni ‘70 della mia infanzia sono disseminati di concerti, rassegne e festival corali che, per noi bambini al seguito del coro Stelutis, erano anche un’occasione per far festa e partecipare a epici rinfreschi. Sono ricordi bellissimi di una coralità piena di energia e di voglia di condividere. Come capii molti anni dopo, mio padre era stato tra i primi a spendersi personalmente nella ricerca e nel rinnovamento del repertorio di ispirazione popolare e di questo suo percorso artistico e umano aveva voluto far partecipi tantissimi cori. Come ebbe modo di dire in molte occasioni, era importante promuovere la ricerca sul campo perché ognuno capisse che nessuna tradizione era da considerarsi valida o scadente a priori. Ciò che importava era che fosse autentica. Il dialetto trentino non era per forza di cose sempre meglio di quello emiliano. I canti tradizionali certamente esistevano anche nelle nostre campagne e montagne ma dovevano essere cercati. Ma come? Non fu facile convincere il mondo corale a occuparsi delle proprie tradizioni contadine. Non era raro che quasi ci si vergognasse delle proprie radici, spesso legate ad un passato di povertà o, in qualche caso, di vera e propria miseria. Era sicuramente più comodo e rassicurante riproporre i classici del repertorio corale della SAT già così diffusi e amati dal pubblico. Papà capì che era necessario un apripista che mostrasse alla coralità una nuova direzione. Nuovi brani tratti dalle tradizioni a noi più vicine, certo, ma proposti in una efficace elaborazione per coro. Per coinvolgere attivamente il mondo corale ideò quello che egli stesso definì un “amichevole ricatto”: in cambio dell’impegno a far ricerca che si chiedeva agli associati si ‘offriva la disponibilità ad impegnarsi nel realizzare armonizzazioni di qualche canto ritrovato e di dedicarle al coro che aveva fatto ricerca’1.
Questo semplice meccanismo, potenziato dall’autorevolezza che Giorgio Vacchi e il coro Stelutis si erano già guadagnati nei lustri precedenti, fu determinante per la costituzione dell’Aercip e servì da valido collante tra i primi cori membri che, in tal modo, si sentirono attivamente coinvolti in un progetto culturale di ampio respiro. Gli anni di presidenza di mio padre furono caratterizzati da frequenti contatti con i cori membri: egli riteneva doveroso, in qualità di presidente, andare regolarmente e di persona presso i singoli cori, privilegiando spesso quelli in difficoltà ai quali dava consigli e sostegno tecnico. Questa attività di “soccorso cori”, come la chiamava scherzosamente lui, è durata anni e credo che sia stata la miglior dimostrazione pratica di quello che egli intendeva come associazionismo. Si trattava, innanzitutto, di ribadirne le ragioni fondanti: l’elemento artistico costituiva la ragion d’essere principale e le conoscenze tecniche dovevano essere messe a disposizione di tutti lasciando da parte, una volta tanto, il campanilismo a favore dell’aiuto ai più giovani ed inesperti tra i cori membri. Applicando queste convinzioni diversi anni dopo vennero istituiti i primi corsi AERCO per maestri di coro presso la sede del coro Stelutis. Erano caratterizzati dalla presenza fissa di un coro laboratorio che permetteva agli aspiranti maestri di fare esercitazioni pratiche. Una formula ancor oggi assai diffusa ma innovativa per l’epoca. Insomma, quello che sembrava essere più importante nella visione associativa di Giorgio Vacchi era senza dubbio l’aspetto artistico, lo scambio culturale tra gli associati. Al contrario era assai chiaro come la nascente associazione corale (e mio padre in particolare) volesse prendere le distanze da un modello associativo quasi esclusivamente concentrato sulla riscossione e gestione di fondi pubblici. Alcune precedenti esperienze associative italiane avevano rappresentato un termine di paragone fin troppo evidente da cui Aercip voleva prendere le distanze. Credo proprio che oggi, nel bel mezzo di una pandemia che sta mettendo in discussione le basi stesse del far coro, sia importante ricordare da quali principi nacque, nel 1971, la nostra associazione. Solo confrontarsi ed agire in modo comunitario ci farà superare questa difficilissima congiuntura.
di SILVIA VACCHI
Direttrice del Coro Stelutis di Bologna
1. Dall’AERCIP all’AERCO, p. 93. In: Giorgio Vacchi, Scritti ed elaborazioni per coro. Quaderni della rivista FarCoro. n. 8.
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