50 anni di AERCO
Apriamo le celebrazioni per il 50° anniversario di AERCO con questo articolo di Puccio Pucci. Entrato, giovane studente universitario, nel Coro Stelutis (era il 1961) ne è stato Segretario e poi Presidente. Segretario dell’AERCIP-AERCO dal 1971 al 2015, ha vissuto in questo ruolo gran parte del cinquantennio che quest’anno celebriamo. Ha ricoperto anche l’incarico di delegato nell’Assemblea Nazionale di Feniarco e dal 2002 al 2015 è stato redattore della rivista di Feniarco, Choraliter.
1. LE FASI ISTITUZIONALI: DALL’AERCIP ALL’AERCO
Lo ricordo ancora con affetto; era stato Giudice a latere del Tribunale dei Minori di Bologna per divenire poi un alto Funzionario del Comune di Bologna, nell’Assessorato alla Cultura. Persona molto attenta a seguire le iniziative dei gruppi musicali, per lo più amatoriali, che nascevano in quegli anni a Bologna. Lo avevo conosciuto nelle mie scorribande in Regione e in Provincia in cerca di piccoli sostegni economici per il mio Coro, quando organizzavamo iniziative e concerti. Erano gli inizi degli anni ’70 e mi stavo occupando, da tempo, della Segreteria organizzativa di uno dei Cori che operavano nella città di Bologna, il Coro Stelutis, fondato e diretto dal maestro Giorgio Vacchi.
Alla attenzione di questo amico non era sfuggito che, proprio sul modello dei tre importanti cori di ispirazione popolare che operavano nella nostra città, il Coro CAI, lo Stelutis e il Coro Leone, stava nascendo in Regione e in particolare nella Provincia, un fermento di attività musicali ispirate al canto corale, segnatamente più indirizzato al settore del canto alpino e del canto popolare. Sono derivati proprio dall’impegno di questo personaggio i primi contributi che l’Assessorato iniziò a concedere annualmente ai cori; io stesso consegnavo a lui i nominativi dei cori che entravano in attività, aiutato in ciò proprio dal maestro Vacchi che, per competenza e convinzione di percorrere un atto di dovuta socialità, divenne un sicuro riferimento per i tanti gruppi che si stavano attivando nelle Provincie della Regione e anche in alcune località del vicino Appennino Tosco-Emiliano e della Bassa Emiliana. Molti cori ancora ricordano di avere ricevuto la preziosa mano di “docenza musicale” che lui generosamente prestava.
Questi contributi annuali ottenuti, per così dire “a pioggia”, rappresentarono, per dirlo con un termine musicale, l’ouverture, non ancora istituzionalizzata, a un sopporto economico importante per sostenere le attività dei cori che stavano divenendo sempre più numerosi. Ma il contributo a disposizione, che complessivamente rimaneva invariato, risultò sempre più esiguo per ogni complesso corale a cui veniva devoluto. Poi, come avviene nella gestione delle Amministrazioni Pubbliche, giunge il tempo delle elezioni e qualcosa può cambiare. Il sasso però era caduto in uno stagno generoso e non mancarono le onde che generò.
Quanto realizzato sino a quel momento, sia l’ottenimento del modesto contributo, sia il lavoro che il maestro Vacchi andava tessendo tra i giovani cori, fecero nascere una fitta rete di contatti che, al di là del giovanile entusiasmo che vedevano coronate le nostre aspettative, portarono ad evidenziare maggiormente le carenze tecniche e alcune lacune che stavano alla base della formazione musicale di coristi e direttori dei complessi in fieri. Occorreva forse una qualche forma di aggregazione, capace di fornire con sistematicità un forte supporto musicale ai cori e si impegnasse anche a convogliare su queste nuove esperienze musicali l’attenzione delle Istituzioni: non era più sufficiente solo quella di un valente e oculato funzionario. Divenne spontanea la necessità, unanimemente richiesta, di riunirsi per parlare dei problemi comuni e superare, con fiducia reciproca, anche quello spirito un po’ campanilistico che si stava intravedendo tra i cori, come l’acquisizione di una specie di diritto personale delle musiche eseguite e una certa… presunzione delle proprie qualità musicali rispetto ad altri cori. Inoltre, si iniziò a valutare gli aspetti del repertorio, del suo rinnovamento e a tesaurizzare i primi frutti della ricerca.
Questo fervore musicale e sociale era evidente anche in molte altre Regioni; soprattutto in quelle dell’arco alpino, in cui da tempo il canto amatoriale corale di tradizione era coltivato e condiviso. Nella Provincia di Trento già esisteva una prima forma aggregativa, che riuniva alcuni cori locali. Iniziarono quindi contatti tra i principali Maestri Direttori dei più noti Cori in attività, i cui bellissimi vinili erano ascoltati con attenzione. Malatesta, Bon, Sbordone, Vacchi, Marelli, Carone, per citarne solo alcuni, tessero significative iniziative di incontri e progetti di lavoro futuro.
Un grande riferimento noi padani lo trovammo nel Notiziario Nazionale del CAI, il Club Alpino Italiano, che da tempo aveva tenuto d’occhio le attività corali amatoriali dei numerosi complessi di quelle zone e aveva affidato a un preparato giornalista di Cortina una rubrica, pubblicata in ogni numero, dedicata alle attività dei Cori alpini, riscontrandone il grande valore musicale, sociale e aggregativo svolto e ritenendo doveroso promuovere e supportare questo movimento. Giancarlo Bregani ne era il redattore. Con lui si creò un grande scambio di esperienze sui temi che ci accomunavano. Questi importanti contatti indussero i rappresentanti del Coro Leone e dello Stelutis di Bologna a organizzare un primo incontro tra dirigenti e maestri dei complessi corali, per discutere e verificare la possibilità di una forma aggregativa anche nella nostra Regione. Mentre si stava programmando l’evento, giunse l’invito a partecipare a un “Convegno di Cori” che, a breve, si sarebbe svolto a Cortina, per iniziativa proprio di Giancarlo Bregani. La riunione si proponeva, innanzi tutto, di creare una occasione di incontro tra “addetti ai lavori” provenienti da varie regioni italiane e non fu da noi sottovalutata; infatti anche Giorgio Vacchi ed alcuni esponenti di cori regionali vi parteciparono attivamente. Furono discusse, esposte e confrontate idee ed esperienze sui temi emergenti, sollevati dal mondo nascente della coralità e fu dettata anche una prima sintesi per mettere in cantiere iniziative, quale preludio a realizzare progetti comuni ben più impegnativi. L’evento si tenne nel novembre del 1970 e quanto fu discusso e concordato rafforzò maggiormente la volontà in Giorgio Vacchi di proporre la costituzione di un organismo comunitario regionale, una Associazione che riunisse tutte le esperienze della giovane coralità emiliano-romagnola e desse un preciso indirizzo a tutti i Complessi corali regionali, stabilendone finalità ed obiettivi a mezzo di uno Statuto.
Il che avvenne il 16 maggio 1971 a Ferrara. La sede non poteva che essere un piccolo ristorante del centro storico, dove i rappresentanti dei cori Leone e Stelutis di Bologna, Monte Toccacielo di Porretta Terme, Giuseppe Verdi di Argenta, Valpadana di Casumaro e Val Dolo di Toano si trovarono quel mattino. Nel tardo pomeriggio fu definito e sottoscritto un breve e chiaro documento: fu il primo Statuto della prima associazione regionale di cori nata in Italia a cui, anche in virtù dei repertori eseguiti dai cori fondatori, fu dato il nome di AERCIP: Associazione Emiliano Romagnola Cori di Ispirazione Popolare. I partecipanti dopo aver varato lo Statuto costitutivo, elessero a Presidente dell’AERCIP il Maestro Giorgio Vacchi e nominarono alla segreteria della neo associazione Puccio Pucci. Il primo mattone era posato; ora occorreva realizzare l’edificio.
I fondatori si posero come obiettivo quello di fondare un orizzonte aggregativo per diffondere la cultura e la pratica dell’associazionismo musicale amatoriale in regione e sollecitare l’attenzione delle istituzioni su questo movimento, che nasceva spontaneo da un impulso di socialità e di attenzione alla musica corale. Occorreva quindi creare le premesse per permettere la continuazione dell’attività degli associati, usufruendo anche di tutti i supporti economici previsti e destinati all’associazionismo e alla cultura. Tra i contenuti dello Statuto si andava a definire che l’associazione era rivolta a cori maschili, che operavano nel mondo della musica popolare e di tradizione. L’intento era pure di creare le condizioni per concorrere, con opportune attività corsuali, alla migliore preparazione tecnica dei direttori e dei cantanti e attuare opportunità di concerti ed incontri musicali al fine di facilitare l’attività e lo scambio di esperienze tra cori. Non fu dimenticato l’impegno di contribuire a potenziare, nel territorio regionale, la ricerca musicale in ogni direzione, ma in particolare quello del campo etnofonico.
Fu un vero successo di partecipazione se si considera che, nel dicembre 1972 i cori associati erano già quattordici. Il giorno della prima, che fu il lancio pubblico dell’AERCIP a livello regionale, porta la data del 29 maggio 1973. Fu organizzato un grande momento musicale, la 1^ Rassegna Corale Regionale AERCIP. Prima, perché poi ne seguirono negli anni seguenti numerose altre edizioni similari. Con la significativa e determinante collaborazione dell’Ente Provinciale del Turismo, si tenne a Bologna, in Piazza S. Stefano di fronte ad un pubblico di oltre mille di persone, il grande evento musicale. Si esibirono in successione dieci dei diciassette cori, che erano già regolarmente associati all’AERCIP.
Queste sono le date che fanno da cornice a quella trama di stimoli culturali, spirituali e sociali che crearono lo spirito “costituzionale” della associazione, la cui nascita, senza dubbio alcuno, costituì la base di lancio per la crescita delle attività corali in regione che, a 50 anni dalla fondazione, può avvalersi attualmente di 230 cori associati e di grandi realizzazioni.
La struttura complessiva della associazione, come vedremo, si è molto evoluta in seguito per l’apporto delle variate esigenze che venivano osservate e definite dallo staff operativo. Staff che veniva sovente integrato da nuove energie umane emergenti. Si trattò di definire e aggiornare in modo più specifico la conformazione tecnica e amministrativa della associazione, a iniziare dallo Statuto che, negli anni, subì cinque successive revisioni per consentire anche il suo allineamento alle varie normative legali ed amministrative introdotte dagli organismi statali e regionali che si relazionavano via via alle Associazioni del Terzo Settore. Lo Statuto ha però sempre mantenuto la definizione della natura dei cori, ribadendo essenziale quella della amatorialità e della assoluta assenza di finalità di lucro. È rimasta anche stabilmente confermata la norma statutaria che l’organo su cui poggia tutta la struttura direttiva ed amministrativa della Associazione è l’Assemblea che, formata dai rappresentanti dei cori associati, discute e approva i progetti proposti dal Presidente e dal suo staff, i bilanci annuali ed è chiamata a eleggere il Presidente e successivamente anche il Vice Presidente e il Segretario.
Il 2 giugno 1974 avvenne uno dei primi fondamentali aggiornamenti. L’Assemblea, dopo una ampia discussione, ampliò la gamma dei cori che potevano far parte dell’AERCIP. In virtù delle numerose richieste di adesione, l’accesso alla iscrizione fu reso possibile non soltanto a cori maschili, ma anche a quelli misti, femminili e di voci bianche. Fu una decisione che innanzi tutto fu un atto di “democrazia musicale” e inoltre si aprì ad un più ampio numero di adesioni. Fu ricercata una collocazione urbana in cui conservare atti, macchina da scrivere e oggetti da ufficio. Agli inizi della esperienza, Giorgio Vacchi propose che si potesse utilizzare come sede cittadina dell’AERCO quella del Coro Stelutis in Via Zamboni 51, proprio a fianco dell’Università. La ricerca di una nuova locazione fu difficoltosa: trovammo una prima nuova sede, più autonoma, utilizzando una grande stanza nella sede dell’ACER, Associazione Culturale Emilia Romagna in via Amendola, che generosamente ci ospitò. Quindi per oltre un decennio, fu impiegata come sede dell’ufficio il sito, a due locali, di un ex negozio, in via San Carlo, 25/f. L’osteria che si apriva nel portico davanti alla sede fu molto spesso il luogo dove i componenti dei direttivi e delle commissioni, convocati per le riunioni, bevevano un bicchiere, prima di ritornare nelle loro sedi in Appennino, nella Bassa o in Romagna. Questi luoghi tutti molto vicini alla Stazione FS, per rendere possibile a chi partecipava alle riunioni l’uso del treno e non dell’auto.
Sempre nel 1974 un gruppo di maestri italiani, tra i quali Giorgio Vacchi a rappresentare l’Emilia-Romagna, dopo una serie di incontri preparatori, ritenne importante dare continuità in modo autonomo all’esperienza editoriale di Giancarlo Bregani sul notiziario CAI. Si giunse alla decisione di fondare una rivista. Fu chiamata: “CORO” che, prima diretta da Mario Marelli a Bergamo e poi da Giorgio Vacchi a Bologna, rappresentò per alcuni anni un serio e unico esempio di pubblicazione rivolta alle attività della coralità italiana. Purtroppo, la Rivista era supportata esclusivamente dalla presenza di abbonamenti, non troppo numerosi per l’epoca. Nonostante l’impegno anche di tanti coristi dei cori bolognesi, che intervenivano nella sede associativa per dare una mano e far pacchi nel momento della spedizione, fummo costretti a sospendere la pubblicazione nel 1978.
Il 21 maggio 1978, nel corso della Assemblea di Monghidoro, alla unanimità, fu presa un’altra fondamentale e ormai improcrastinabile decisione: dare alla Associazione un nuovo nome, che meglio definisse le variazioni apportate allo Statuto e consentisse l’adesione a cori, qualsiasi forma di vocalità fosse usata, con o senza accompagnamento strumentale. Il nuovo nome fu AERCO, Associazione Emiliano-Romagnola Cori.
Con questo Primo Atto si concluse il lungo Crescendo iniziato nel 1971. L’AERCIP, col nuovo nome di AERCO, rientrava in palcoscenico per i nuovi Atti che seguirono, pronta per l’impegnativo futuro che sin da allora si prefisse.
1.continua
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