Il codice DCCLVII1 fa parte della collezione di manoscritti risalenti al XV secolo posseduti dalla Biblioteca Capitolare di Verona. Come gli altri manoscritti della collezione, anche DCCLVII solleva molti interrogativi, più di quanti ai quali attualmente possiamo dare risposta; innanzitutto si hanno poche ipotesi concrete su dove, quando e perché è stato copiato. Le prime analisi sulla filigrana, fecero supporre tuttavia che il manoscritto in questione fosse stato compilato a Verona circa agli inizi del 1500 sebbene non si sapesse quando fosse arrivato in Biblioteca Capitolare. Il manoscritto DCCLVII si presenta piccolo e ben copiato (misura 217 per 325 mm), sono assenti iniziali, decorazioni, o altri segni distintivi di proprietà. Gli unici segni di testo scritto si riducono a pochi schemi illustranti brevemente i rudimenti della musica (cc. 59 e 68), e una pagina singola (c.60) contenente quelli che sembrano essere gli esercizi ad intervalli. Questa antologia è stata copiata presumibilmente da uno scriba professionista il quale, secondo una nota posta a fine del manoscritto, a 67v., fu pagato in natura il 17 ottobre di un anno, purtroppo, non riportato.2 un attento studio del manoscritto in situ tuttavia mostrò chiaramente i segni che la musica fu accuratamente corretta e, in parte, rivista da una seconda mano, probabilmente in un periodo posteriore. Le sessantacinque composizioni contenute in DCCLVII non hanno né il testo né incipit del testo, in sporadici casi vi è l’attribuzione ad un dato compositore.3 Le concordanze, tuttavia, rivelano che quasi tutte le composizioni sono pezzi o secolari o estratti di brani sacri di una specie che spesso ha fatto strada in manoscritti prevalentemente secolari.4
il repertorio incluso in DCCLVII è molto simile a quello dell’Odhecaton di Petrucci 5 e dei numerosi chansonniers compilati in gran numero in Italia e nel Nord Europa negli ultimi decenni del XV secolo. Tra gli autori riconosciuti in quaranta composizioni su sessantacinque totali, vi sono: Herich Isaac (1450 ca. – 1517) in sei composizioni, Jacob Obrecht (1457/58 -1505) in due composizioni, Johannes Tictoris (1435 ca. – 1511), Josquin Desprez (1450 ca. – 1521) in due composizioni, Alexander Agricola (1457 ca. – 1506) in sette composizioni, Johannes Martini (1440 ca. – 1497/98) in sei composizioni, Loyset Compére (1440/45 ca. – 1518) in due composizioni, Johannes Touront (1450 ca. – 1480 ca.), Firminus Caron (1430/40 ca. – 1475 ca. ) in tre composizioni, Petrus Congiet (1480 ca. ), Jean Japart (1474 – 1507) in due composizioni, Hayne von Gizeghem (1445 ca. – dal 1476 al 1497), Antoine Busnois (1430 – 1492) in due composizioni, Walter Frye (?? – 1474 ca.), Enrique Urrede (?? – 1488), Gaspar van Weerbeke (1445 ca. – dopo 1516), Robert Morton (1430 – 1479) e Johannes Regis (1425 ca. – 1496 ca.). Costoro sono tutti compositori e cantori franco fiamminghi i quali, come noto, ebbero grande fortuna in Italia tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500. Il fatto che le loro musiche furono riportate in DCCLVII è un’ ulteriore prova di come queste fossero “di moda” anche nella Verona del primo ‘500. Risulta tuttavia difficile capire come questo manoscritto poteva essere utilizzato in connessione con servizi in una cattedrale. Secondo alcune ipotesi, il manoscritto potrebbe essere stato di proprietà di qualcuno collegato con la cattedrale, un canonico, magari, con un gusto per la musica; nel qual caso avrebbe funzionato come qualsiasi altra antologia di musica profana del XV o dell’inizio del XVI secolo. Il fatto che il manoscritto non presenti testo solleva diverse questioni: era destinato a sole esecuzioni strumentali? I brani copiati in DCCLVII e ai quali è stata attribuita la paternità sono di diversa genesi: alcuni nascono come musiche vocali, altri invece erano composizioni strumentali già all’origine. Considerando ciò non vi è alcuna prova che veda le parti musicali modificate in modo da essere eseguite esclusivamente da strumenti (come invece accade chiaramente in: Roma, Biblioteca Casanatense, MS 2856) anche se, come noto, la letteratura musicale per voce e per strumento, fino all’affermarsi di una letteratura specifica per strumento dal tardo XVI secolo e, ancor più, dall’inizio dell’epoca barocca, mostrava spesso caratteristiche simili e corrispondenti alle peculiarità delle linee vocali le quali, successivamente, potevano essere diminuite a piacere dagli strumentisti più abili. Di ciò è prova il fatto che molto spesso in quest’epoca le stesse parti vocali erano raddoppiate se non addirittura sostituite da strumenti melodici come cornetti, lisarde, bombarde, serpentoni, dulciane etc.
Qual’era infine la funzione di DCCLVII? Le musiche in esso contenute erano effettivamente musiche vocali ricopiate senza testo poiché vi era l’esigenza di udirle solo suonate? E in questo caso, per quali occasioni? Fu compilato solo come un campionario esemplare di musiche che andavano per la maggiore in quel periodo e in quel luogo? O fu un vero e proprio manoscritto d’uso destinato ad uno o più organici? Le questioni sono evidenti, le risposte molto meno.6 Oltre alla destinazione del manoscritto, molto interessante ed enigmatica risulta la questione delle musiche per le quali gli opportuni confronti non sono riusciti a trovare la paternità; ben venticinque composizioni. È possibile che le composizioni anonime siano degli stessi autori riconosciuti e riportati in precedenza; se così fosse, non essendoci riscontri in altri manoscritti o stampe dell’epoca, DCCLVII sarebbe l’unico testimone fino ad ora rinvenuto di queste musiche, ma non essendoci in esso indicazioni specifiche il dubbio rimarrebbe e ci si dovrebbe basare solo su un’analisi stilistica la quale, in ogni caso, non potrebbe rispondere in maniera esaustiva a questo fondamentale quesito. Un’altra ipotesi è che le composizioni anonime possano essere di musicisti locali che abbiano provato ad imitare il complesso stile fiammingo; se così fosse, potrebbe essere validata la tesi scondo la quale il manoscritto potesse essere un mero quaderno di ricopiatura e esercizi di contrappunto.
In virtù di quanto sostenuto, può risultare interessante riportare di seguito la trascrizione musicale di una di queste composizioni anonime, contenuta a c. 15v., secondo i seguenti criteri di edizione:
1) Non essendo presente nel manoscritto la denominazione delle voci, nella trascrizione sono stati usati i termini generici «Voce 1, Voce 2 e Voce 3». 2) I valori delle note e delle pause sono dimezzati per rispettare il segno di diminutum posto nell’indicazione di tactus e, inoltre, per agevolare una lettura corretta delle partiture anche dalle compagini corali e strumentali che non hanno esperienza in questo tipo di repertorio;
3) Le chiavi musicali originali figurano all’inizio di ciascuna composizione, nella trascrizione vengono impiegate le moderne chiavi di violino, violino-ottavizzata e basso, corrispondenti alle estensioni delle singole voci;
4) Le indicazioni di tempo utilizzate nella trascrizione sono «₵» per l’indicazione di tactus originaria di Tempus imperfectum cum prolatione imperfecta – diminutum.
5) Le barre di battuta sono collocate nei singoli pentagrammi di ogni voce ma non tra i pentagrammi; In virtù del posizionamento delle barre di battuta sono state inserite le legature di valore;
6) Le ligaturae presenti nelle fonti sono state indicate in trascrizione con una legatura quadrata posta sopra le note.
7) I segni di alterazione presenti nei testimoni sono riportati integralmente e posti davanti alle rispettive note; le alterazioni proposte (musica ficta) figurano sopra le note interessate.7
1. RISM B/IV: 5,562-65. = VerBC757 = ms DCCLVII, Biblioteca Capitolare di Verona e SPAGNOLO, I manoscritti della Biblioteca Capitolare di Verona.
2. La presumibile note di pagamento riporta quanto segue: A li 17 otobris / Fazoli 3 cum una peza / drapis 2 camise 2 con un zupon
3. Se si escludono quelle segnate a matita da Giulio Cattin nella seconda metà del XX secolo.
4. Le concordanze sono riscontrabili in: ADLER e KOLLER, Sechs Trienter Codices…I. Auswahl; BROWN, A Florentine Chansonnier from the Time of Lorenzo the Magnificent; CATTIN, ed, Italian Laude and Latin in MS Capetown, Grey 3.b.12; EVANS, ed, Johannes Martini, The Secular Works; HEWITT, ed, Harmonice Musices Odhecaton; HUDSON, Hayne van Ghizeghem, Opera Omnia; KENNEY, Walter Frye, Opera Omnia; LERNER, Alexander Agricola, Opera Omnia; LERNER, Heinrich Isaac, Opera Omnia; WOLF, ed, Heinrich Isaac, Weltilche Werke.
5. PETRUCCI, Harmonice Musices Odechaton A.;
6. BROWN, Introduction, in: Verona, Biblioteca Capitolare, MS DCCLVII, pp. V – VI.
7. Le alterazioni non sono state proposte nelle sensibili precedenti le cadenze poiché il periodo di composizione dell’opera risulta lontano dalla propensione alla tensione verso la tonalità che si ebbe invece nella seconda metà del XVI secolo. Sono state invece inserite laddove l’ambito delle consonanze o il disegno imitativo delle voci lo suggerissero o lo imponessero e per evitare tritoni laddove non concessi dalle regole del contrappunto. Sul problema della musica ficta si veda: cfr. APEL, Die Notation; BENT, Diatonic ficta; BENT, Accidentals; BERGER, Musica Ficta; HAYDON, The Case
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