Il progetto, assai articolato, del virtual choir La Rosa Bianca, nasce su invito dell’amico Andrea Angelini, attuale Presidente di AERCO.
L’idea principale che ha animato questo progetto è stata quella di dare la possibilità ai cantori della nostra Regione e non, di esprimere il proprio canto in forma corale, nonostante la difficile situazione venutasi a creare a causa della pandemia da Covid 19 e delle successive restrizioni ad essa connesse.
Sentirsi parte di una grande comunità corale, specialmente in un momento così complesso e drammatico, ha rappresentato una spinta interiore molto forte per ciascun cantore, alleviando, allo stesso tempo, i sentimenti di disagio, di ansia e di paura assai diffusi tra le persone in quei giorni.
Naturalmente l’unica forma di canto corale possibile durante quella terribile situazione di chiusura è stata quella del coro virtuale.
Così assieme alla Commissione Artistica AERCO diretta da Gianluigi Giacomoni, che si è molto adoperato perché questo progetto potesse realizzarsi, abbiamo cercato la formula più efficace per costruire un progetto musicale che potesse coinvolgere il maggior numero di cantori.
Inizialmente mi venne chiesto di scrivere una composizione corale, della durata di circa cinque minuti, su una bellissimo e assai noto testo del poeta parmense Attilio Bertolucci (1911-2000) dal titolo: Vento.
I contenuti di questa poesia erano assai affini al contesto e parevano trarre ispirazione dalla drammatica e surreale condizione creatasi dopo il lockdown.
Così mi buttai a capofitto nel comporre.
La prima idea che mi venne alla mente fu quella di scrivere un brano a molte voci e dal carattere decisamente polifonico.
Leggendo e rileggendo il testo, fino a memorizzarlo alla perfezione, stralci di esso mi riaffioravano alla mente in continuazione.
Così anche di notte durante il sonno, inevitabilmente disturbato, senza soluzione di continuità un vortice di suoni e di fonemi comparivano nei miei pensieri; contribuendo ad alimentare la mia fantasia e, di conseguenza, la mia immaginazione creativa.
Pensai, riprendendo la prima idea di una affastellata moltitudine di suoni, di scrivere per un coro misto a otto voci, idealmente spazializzato ad avvolgere di suoni l’ascoltatore.
Non però a un coro misto strutturato come un doppio coro battente alla veneziana, ma bensì a un reale coro a otto voci, in cui ciascuna voce, soprano, contralto, tenore e basso, fosse sdoppiata o come si dice in gergo divisa a due.
Avevo nella mente che i suoni si dovessero inseguire. Così come, in quel periodo, ciascuna persona inseguiva la libertà perduta.
Dopo la prima stesura, avvenuta di getto, nella quale cercai di fissare sul pentagramma le prime embrionali idee musicali, ne seguì un’altra assai più sofferta e travagliata.
In questa seconda fase lavorai fortemente sulla scrittura corale; quasi ad imitare un orafo che tramite una lima finissima togliesse materia da un particolare oggetto prezioso.
Così, allo stesso modo, cercai di sfrondare la scrittura da tutto ciò che mi parve superfluo.
Il fine di questo lavoro certosino fu quello di raggiungere un giusto bilanciamento tra la scrittura musicale e il testo stesso; prestando molta attenzione a cesellare la tensione musicale e emotiva all’interno della composizione stessa.
Ne uscì un brano di forte impatto drammatico, emotivo e evocativo ma, ahimé, un poco troppo complesso per un’esecuzione corale in forma virtuale.
In quest’ultima modalità, infatti, il problema più importante è rappresentato, nel montaggio finale delle voci, dalla difficoltà di ottenere una perfetta sincronia tra di esse.
Tale sincronismo è assai arduo da realizzare in special modo quando la scrittura musicale prevede una forte alternanza tra suoni e pause e, più in generale, un andamento decisamente contrappuntistico delle voci.
Dopo un breve periodo di riflessione assieme al Presidente AERCO decidemmo di organizzare un incontro via skype che coinvolgesse la Comart AERCO, per poterci così confrontare sulle idee e sul come procedere nella realizzazione del progetto stesso.
Dopo un lungo scambio di pareri e giunti ad una sorta di punto morto, tra me e me pensai: ma io ho già scritto un brano su testo di Attilio Bertolucci e allora perché non utilizzare quel lavoro giovanile e non ripensarlo per coro virtuale?
Proposi al Presidente e ai componenti la Commissione Artistica l’idea di utilizzare questa mia composizione giovanile e di ripensarla per un grande coro virtuale.
Tutti furono favorevoli e rincuorati e così nei giorni successivi cominciai a lavorare su quella mia vecchia composizione per coro a tre voci miste: La Rosa Bianca, per soprano, contralto e baritono, che nel 1999 avevo dedicato ad un coro di ragazzi.
La grande energia e il duro lavoro svolto nel comporre Vento 19 li reinvestii totalmente in questa nuova composizione; che ha rappresentato per me una notevole sfida.
In primis preparai le versioni midi della semplice e breve composizione, registrando anche le parti vocali cantate da me, qualora qualche cantore avesse preferito studiare su una voce umana vera anziché su una voce sintetizzata.
La data di consegna dei lavori fu fissata al giorno 20 maggio 2020, termine di scadenza nel quale ciascun cantore doveva far pervenire alla segreteria di AERCO il proprio video, nel quale interpretava la propria linea vocale.
Mi accorsi già dalla fine di aprile che il progetto stava assumendo proporzioni assai ampie, in particolare dalle tante e-mail ricevute, nelle quali ciascun cantore mi richiedeva lumi su come studiare e interpretare questo mio brano.
La partitura pur sembrando ad una prima lettura di semplice esecuzione, in realtà ad uno studio più attento, svela diverse difficoltà, in particolare, ma non solo, dal punto di vista interpretativo.
All’interno delle sedici misure di questo brano sono presenti diverse difficoltà esecutive, che emergono in maniera lampante, soprattutto se il cantore stesso proviene dalla pratica di generi musicali assai distanti rispetto alla musica classica contemporanea.
Si tratta, infatti, di un pezzo che pur utilizzando un linguaggio ancora saldamente ancorato alla tonalità, richiede una certa flessibilità esecutiva; specialmente nei momenti di carattere espressivo e in quelli in cui la scrittura musicale diviene madrigalistica.
Una delle maggiori difficoltà esecutive di questa composizione è sicuramente connessa all’aspetto ritmico.
Nella scrittura musicale, infatti, sono presenti diverse figurazioni ritmiche particolari, la cui decifrazione abbisogna di diverso tempo di studio, in particolare se il cantore non è in possesso di una solida formazione musicale.
Nei giorni successivi alla scadenza d’invio dei video Andrea Angelini mi telefonò per comunicarmi il numero di cantori che avevano aderito.
In prima battuta credetti che mi volesse fare uno scherzo e stentai a credere a ciò che mi comunicò al telefono.
Ben duecentosettantatré cantanti provenienti da Italia, Lituania, Russia e Filippine avevano accettato il nostro invito, mettendosi in gioco in prima persona, prestando la loro voce per il nostro progetto.
Seguì quindi una fase nella quale dovetti scaricare, su un potente computer dedicato, i vari file video. In seguito cominciai ad estrarre solamente l’audio, tramite l’utilizzo di un ottimo programma di audio editing che abbreviò di molto i tempi di estrazione.
Quindi cominciai il duro lavoro di ascolto di ogni singolo file audio.
In primis per ottenere un risultato accettabile, nella fase successiva di audio editing, dovetti selezionare quei file che dal punto di vista tecnico non palesassero, già ad un primo ascolto, particolari difetti tecnici quali: rumori di fondo, fruscii, interferenze o ciascun altra imperfezione non aggiustabile nella fase successiva di audio editing.
In seconda battuta svolsi un’ulteriore selezione che aveva come parametro principale quello dell’aderenza alla partitura.
Così, pur a malincuore, dovetti scartare quei file audio nei quali il cantore commettesse errori gravi come: sbagliare la parte, non rispettare il ritmo indicato, sbagliare il testo, avere un’intonazione incerta, ecc..
Quindi con le tracce audio aventi i margini indispensabili per essere “ripulite” da piccole imperfezioni, cominciai il lavoro di montaggio audio vero e proprio.
Durante questa fase lavorai su ciascun file per togliere quei difetti, inevitabili, spesso presenti nelle registrazioni quando le sorgenti sonore derivano da attrezzature diverse e non di qualità professionale.
Successivamente divisi le moltissime voci in due grandi cori, cercando di bilanciare al meglio le voci di soprano, in netta maggioranza, con le altre.
I due cori nella mia mente dovevano avere caratteristiche timbriche decisamente diverse e così destinai il secondo coro alle voci più chiare, facendo particolare attenzione a inserire tutte le voci di bambini o di ragazzi in questo secondo gruppo corale.
Tra una rifinitura del montaggio e un’altra, periodo che ha comportato un lavoro costante di oltre venti giorni, nella mia mente “disegnavo” la partitura virtuale che poi, in seconda battuta, fissai su carta. In essa erano presenti gli elementi principali strutturali, musicali e compositivi quali: la gestione della forma, la dialettica musicale, le tensioni armoniche, la minore o maggiore rarefazione del suono, i punti d’ingresso dei vari cori, ecc..
I cori virtuali creati, nel complesso, sono stati dodici e con essi ho ricreato tutti gli effetti “elettronici” come il delay, il chorus, ecc.. Ma non elettronicamente, ma bensì con il materiale stesso; tramite una mirata gestione della densità del suono.
Nella mia mente infatti il brano finito doveva assumere i connotati di una musica acusmatica, alla quale, in seconda battuta, sarebbe stato aggiunto un video e nel caso di un’esecuzione live anche un triplo coro spazializzato all’interno di una chiesa: uno a destra, uno al centro e uno a sinistra del pubblico e eventualmente qualche cos’altro ancora.
In seguito a non pochi ripensamenti la versione finale della composizione è stata strutturata per cori spazializzati, quartetto di sassofoni, elettronica preparata e video.
Dopo un lungo lavoro di “scrittura” e “riscrittura” sono arrivato ad un risultato che mi parve abbastanza soddisfacente. Utilizzo le virgolette perché in realtà per riscrivere questa composizione non ho utilizzato l’inchiostro ma bensì il suono.
Tramite le voci dei cantori, utilizzate come “inchiostro sonoro”, ho scritto, cancellato e riscritto più volte questa mia composizione fino ad arrivare ad un punto in cui il suono fosse vicino alla mia idea iniziale: “un’infinita polifonia spaziale”.
L’unico elemento che mi mancava, all’interno della composizione, era l’antitesi data dalla tensione musicale e dialettica che volente o nolente non ero ancora riuscito ad ottenere.
In poche parole all’interno della composizione mancava la dissonanza, come antitesi alla consonanza. L’alternanza tra consonanza e dissonanza è indispensabile in una composizione della durata di quasi otto minuti perché essa possa “stare in piedi”.
Così pensai di inserire in parallelo al “brano corale”, un altro mio lavoro più recente Voci (2019) per quartetto di sassofoni. Si trattava di una particolare composizione scritta per un progetto SIMC e dedicata al Quartetto di sassofoni del Conservatorio ‘G. Rossini’ di Pesaro, diretto da Stefano Venturi.
Disponevo di quest’ultimo brano di una registrazione live di buona qualità e cominciai a lavorare elettronicamente il file audio perché esso “coprisse” la gamma di registro del suono lasciata “scoperta” dalla mia realizzazione acusmatica de La rosa Bianca.
Per ciò che riguarda il quartetto di sassofoni la mia idea era quella di creare elettronicamente una sorta di “doppio coro battente alla veneziana”.
Pensai che come nel doppio coro esisteva un coro acuto e uno grave, così potevo anche io ricreare questa “idea di suono” tramite lo spostamento delle altezze originali dei due “cori di sassofoni”.
Così ho proceduto lavorando elettronicamente, in particolare, sul pitch, trasponendo, rispetto ai suoni originali, di dodici semitoni sotto il primo coro e di dodici semitoni sopra il secondo coro.
Naturalmente nel montaggio tra i dodici “cori vocali” e i due “cori strumentali”, molto impegno ed energie sono state dedicate alla creazione di una particolare “stanza virtuale” nella quale i vari suoni si fondessero alla perfezione.
In seguito creai due versioni della parte elettronica della composizione finita.
La prima in stereofonia a due canali e la seconda in dolby surround 5.1 a sei canali.
Dopo aver esportato i file audio ho creato una partitura visuale per cori spazializzati, elettronica preparata, video, coro misto e quartetto di sassofoni dal vivo.
Giunti a questo punto con il Presidente AERCO ci siamo confrontati nuovamente per decidere a chi affidare la direzione virtuale, e successivamente dal vivo, del coro e del quartetto di sassofoni e la realizzazione del video.
Dopo alcuni contatti abbiamo avuto la grande fortuna che ad accettare il ruolo di direttore fosse Tim Sharp, Executive Director of the American Choral Directors Association, il quale con grande umiltà, coraggio, capacità, determinazione e professionalità ha accettato di dirige virtualmente il coro; dimostrando grande maestria.
In seguito lo Studio Rec Audio, diretto da Krzysztof Janik, ha completato l’opera realizzando un video di grande suggestione e in perfetta sintonia con il testo di Bertolucci e con la mia musica.
Il progetto ha potuto essere realizzato grazie all’interessamento di Simone Cagozzi e alla generosità della famiglia Bertolucci che ha dato il permesso di poter utilizzare i testi del grande Attilio.
Ora non ci resta che incontrarvi alla prima della composizione che si terrà, Covid permettendo, a Bologna nel dicembre 2020.
In questo modo potrete entrare, in prima persona, nel caleidoscopico mondo poetico di questa composizione di arte totale, fatto di suoni, colori, immagini e poesia.
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