“Chiediti sempre per chi e perché fai qualcosa”
Poche parole, dettate da una saggezza educativa non indifferente, nonché da molto amore per la mia persona e da un sincero interessamento per il mio futuro di donna e direttrice di coro. Mia madre mi ha cresciuta così, suggerendomi di pormi sempre questa domanda. Nel mio piccolo non manco mai di farlo, riflettendo e indagando sul senso degli eventi di vita, sul senso delle mie scelte in relazione ad essi, ma soprattutto sul valore educativo e costruttivo di tali scelte.
Che ci saremmo ritrovati a dover vivere per quasi tre mesi chiusi nelle nostre case, non me lo sarei mai aspettato. Si è soliti temere o ipotizzare di non poter portare avanti l’attività con uno dei propri cori per problemi legati alla sede, all’organico, al ricambio generazionale, agli erasmus: dover sospendere l’attività corale poiché un decreto vieta di respirare assieme e vicini, credo sia uno scenario che nessuno di noi avrebbe mai immaginato. Per quanto il provvedimento fosse necessario, ogni avvenimento terreno fuori dall’ordinario va preso in considerazione come tale e richiede una risposta adattiva non indifferente da parte dell’essere umano. Dirigo otto cori di diverse fasce d’età e appartenenti alle realtà più disparate: dai cuccioli della scuola materna alle persone adulte, dagli adolescenti dei cori scolastici a quelli delle realtà associative, dai bambini della scuola primaria a quelli che compongono i cori delle scuole di musica, dai laboratori corali con saggio a fine anno alle formazioni giovanili con cui prendo parte ad eventi e concorsi. Diverse situazioni, diverse soluzioni, con un unico sole a tre raggi deputato, per me, ad illuminare la via sia in occasioni ordinarie che straordinarie: al centro vi è il corista e la sua appartenenza alla famiglia corale, mentre i tre raggi da e verso il centro sono per me l’educazione corale, sia musicale che umana, i sogni e gli alti ideali che muovono l’animo nel suo intimo e lo motivano a procedere, il senso e il significato di ogni azione. A partire da questi punti fermi, ho mosso i miei primi passi nella gestione di ciascun nucleo corale in tempo di coronavirus. Come poter mantenere il contatto umano e affettivo con i coristi più piccoli, con i quali non sarebbe stato possibile né funzionale realizzare gli ormai noti incontri online su zoom? Attraverso la realizzazione di brevi video, possibilmente personalizzati per ogni gruppo corale. Quello che desideravo giungesse ai bambini era in primis la mia voce, parlata e cantata, modulata differentemente a seconda non solo del brano in questione ma anche della diversa emozione che desideravo e speravo di richiamare in loro. Non si è trattato di semplice ripasso dei brani e neanche solo della possibilità di permettere loro di continuare a cantare a casa: il tentativo è stato quello di mantenere il filo del rapporto creatosi nei mesi precedenti dal vivo, chiamando ciascun bambino per nome all’interno del video, citando una sua caratteristica, ricordando episodi divertenti accaduti a lezione. Ciascuno di loro era nei miei pensieri ed ho ritenuto importante che ciò fosse per loro evidente. Ogni allievo, piccolo o grande che sia, è per me come un figlio in affido: far parte di un coro non deve voler dire confondersi tra gli altri quanto piuttosto fondersi con gli altri, non solo dal punto di vista vocale ma anche e soprattutto dal punto di vista degli intenti, degli obiettivi, dell’approccio al percorso. Non si tratta di individualità da omologare quanto piuttosto di spigoli individuali, sonori ed emotivi, da smussare per essere in grado di dar vita ad un lavoro di equipe. In quanto direttore, lavoro alla costruzione dell’insieme vocale e umano, ma sempre a partire delle identità che lo compongono: tutto ciò emerge in modo particolare nelle realtà corali giovanili associative, nel mio caso una femminile (Coro Giovanile With Us) e l’altra mista (Grifoncoro). Anziché rincorrere il fare a tutti i costi e la soluzione immediata, a pandemia appena iniziata ho interrotto per un breve periodo il lavoro con loro per poter rimanere in ascolto di ciò che accadeva attorno: avevamo grossi progetti in ballo, tra cui la preparazione a concorsi internazionali, ma fermarsi un momento per comprendere gli accadimenti e prendersi una pausa dalle frenetiche corse quotidiane che la città di Roma impone ai suoi abitanti, è stato inizialmente utile e salvifico sia per me sia per i ragazzi. Il secondo passo è stato riuscire a far percepire loro che la famiglia corale avrebbe continuato ad esistere e che il percorso musicale sarebbe stato fruttuoso seppur portato avanti attraverso lo schermo di un computer: l’incontro settimanale su zoom non è diventato solo un ripiego o una soluzione alternativa, quanto piuttosto un’opportunità per dar vita ad incontri ed attività che in tempi precedenti ci sarebbero apparsi impossibili da realizzare. Abbiamo dedicato molto tempo ad analizzare nuove partiture e ad approfondire e confrontarci su brani già in repertorio: ho proposto loro di osservarli ed analizzarli dal punto di vista del direttore il quale, in virtù del suo ruolo, deve poter avere una visione d’insieme del brano completa e dettagliata. Non potendo cantare tutti insieme a microfoni accesi per ovvie problematiche di latenza, gli ho invece proposto di dirigere tutti assieme tenendo come sottofondo una loro esecuzione del brano in oggetto. Le loro braccia e mani non fluttuavano in sincrono, ma ciò non disturbava poiché ciascuno aveva gli occhi sullo spartito, ricco di minuziose indicazioni appuntate poco prima, e alzando lo sguardo ognuno aveva la possibilità di osservare i propri compagni disegnare nell’aria quella partitura e provare così a risentire di meno della staticità della lezione online e della lontananza fisica. Il non poter cantare in contemporanea suggerisce l’aprire le porte ad approfondimenti individuali, sia da vivo durante gli incontri online sia in differita attraverso registrazioni che i coristi mi hanno inviato per poter da me ricevere indicazioni personalizzate su aspetti di vocalità e dinamiche. Il non poter concertare i brani dal vivo lascia più spazio al confronto su aspetti esecutivi e di immaginazione, dando vita a vere e proprie assemblee di sezione in stanze virtuali, utili anche a mettersi d’accordo a tavolino su questioni come organizzare i respiri in un brano all’interno della propria sezione di appartenenza.
Il virtuale impedisce il pulsare assieme a livello corporeo, di primaria importanza nella vita corale, ma può permettere l’incontro con professionisti sparsi in tutta Italia: ho invitato a prendere parte alle nostre prove telematiche colleghi che stimo enormemente e che con grande generosità hanno accettato di contribuire alla formazione musicale dei ragazzi. Direttori, preparatori vocali, foniatri, compositori che hanno condiviso con i miei ragazzi il proprio sapere riguardo la vocalità, il repertorio, l’igiene e la salute vocale, allargando i loro orizzonti sulla musica antica, romantica e contemporanea ed analizzando insieme a loro le proprie composizioni in vista di una prossima esecuzione dal vivo. Mi sono ritrovata a sentire telefonicamente i consigli direttivi e i singoli coristi molto più del solito, alla ricerca di un nuovo senso da dare a questo periodo corale, ricalcolando insieme progetti e obiettivi, tenendo conto in primis delle esigenze emotive dei singoli. Laddove vi era l’esigenza di sognare in grande per visualizzare qualcosa di molto bello al termine di un periodo di isolamento forzato, abbiamo dedicato intere serate a visionare bandi di concorsi internazionali e ad immaginare di essere già tutti in volo verso mete inaspettate; laddove obiettivi generavano ansia per il non poter prevedere gli sviluppi futuri dell’emergenza sanitaria, siamo rimasti nel presente dando ad ogni incontro online uno suo preciso scopo e ritrovandoci ad organizzare cacce al tesoro virtuali per festeggiare insieme i compleanni e tentare così di mantenere unito il gruppo anche a livello amicale. Ci siamo chiesti per chi e per cosa stavamo ricalcolando percorsi, inventando soluzioni, cercando spunti creativi, in attesa di poter tornare ad essere coro sul serio, ovvero respirando e sintonizzandoci assieme sulle nostre frequenze preferite. Ci siamo risposti che era la relazione il tesoro da salvaguardare: quella relazione corale che permette unisoni da pelle d’oca, quella relazione tra cuori che permette ad ogni ragazzo di sentirsi accolto e apprezzato per la storia che porta con sé e per i doni che sceglie di condividere, quella relazione che insegna a rimodellarsi per dar vita ad un lavoro d’equipe funzionale e portatore sano di meraviglie. Insieme, abbiamo riflettuto su quanto non sia scontato né aver avuto né tornare ad avere l’opportunità di respirare vicini e lasciar uscire fuori in libertà il nostro suono corale. Sento ora più che mai il dovere e la responsabilità di indicare sempre ai miei allievi che il sole è sopra di loro, c’era prima e ci sarà poi: da quella luce, si possono prendere coraggio ed energie per illuminare le proprie paure e poterle scaldare assieme, in coro.
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