Nel repertorio dei cori a voci bianche c’è un capitolo specifico dedicato all’Opera Lirica. Non è musica molto diffusa nei repertori dei cori e nei programmi da concerto (anche perché non sempre si tratta di ‘pezzi chiusi’), anche se rappresenta un segmento particolare ed interessante, sia dal punto di vista vocale che musicale.
Quasi sempre il coro di voci bianche è utilizzato per aumentare la tavolozza dei colori sia timbrici che scenici, in quanto, oltre ad aggiungere un timbro in più al canovaccio vocale, consente alla regia di avere a disposizione ulteriori elementi scenici e possibilità recitative. Sembra quasi che i bambini possano aumentare la verosimiglianza della scena rispetto alla storia che si sta svolgendo in palcoscenico. I cori di bambini vengono utilizzati anche per alleggerire un po’ l’atmosfera generale oltre che per dare una nota di colore, viste anche le trame sempre abbastanza tragiche. Spiccano particolarmente le voci infantili, anche perché voci naturali, messe a confronto con voci con un’impostazione lirica, con risonanze diverse, vibrati e timbri ben differenziati. Una discussione sempre viva e interessante è proprio quella legata al tipo di vocalità utilizzata dai bimbi coinvolti nelle opere liriche. Spesso si sentono cori a voci bianche che timbricamente tendono ad imitare la voce con impostazione lirica, addirittura con una qualche propensione al vibrato. In altre occasioni si predilige una voce più naturale che si distacca dalle altre voci e crea un colore differente per tutta la partitura corale. Quando i bambini cantano da soli può essere un argomento di scarsa rilevanza; ma quando cantano insieme al coro e/o ai solisti, la differenza è notevole nel risultato finale. Personalmente prediligo dare spazio alla voce naturale, esaltando anzi la differenza timbrica; se l’autore ha messo in scena dei bambini lo avrà fatto anche per motivazioni musicali e non solo sceniche suppongo. Altrimenti poteva dare la parte ai soprani; oltretutto spesso succede che, quando i bambini non ci sono o non sono in grado di cantare la parte (e quindi vengono usati solo come comparse), siano proprio alcuni soprani a cantare la parte delle voci bianche. Il risultato è abbastanza innaturale. Ad esempio, il caso più evidente è il quarto atto di ‘Carmen’ di Bizet. In quest’opera i bambini cantano già una gioiosa canzone mentre entrano in scena nel primo atto scimmiottando e festeggiando (a seconda della regia) i militari che si apprestano al cambio della guardia e quelli che abbandonano il posto di guardia dopo il turno. ‘Avec la garde montante’ è forse il brano più conosciuto tra quelli operistici per voci bianche ma Bizet ha previsto i bambini anche nel quarto atto, nel maestoso quadro ‘Marche et Choeur Les voici! Voici le quadrille!’. Molto spesso, anche in teatri prestigiosi, questa pagina viene eseguita da soprani al posto dei bambini; il quarto atto va in scena molto tardi e ai bambini non è permesso entrare in scena dopo la mezzanotte e poi da un punto di vista vocale necessita un coro con una buona preparazione considerata l’estensione molto ampia. Ma sia le parti solo delle voci bianche sia il suono globale, sono molto più interessanti, freschi e veritieri con il suono dei bambini. Oltretutto, gli armonici creati dal coro polifonico, rinforzano notevolmente le frequenze della voce dei bambini, donando un carattere ancor più squillante a tutto l’organico. Molto probabilmente chi ha utilizzato di più le voci bianche nell’opera lirica è proprio il nostro Giacomo Puccini.
In ‘Tosca’ nel primo atto la ‘cantoria’ viene convocata per le prove e insieme alle voci maschili dà vita ad un siparietto nel quale discute delle sorti di Napoleone. Si tratta di un intercalare di frammenti, esclamazioni, piccole frasi musicali che si inframmezzano al dialogo degli adulti, mentre viene disturbato il sagrestano che cerca di riportare l’ordine. Il coro a voci bianche si unisce poi a tutta l’assemblea per cantare il maestoso ‘Te Deum’ che chiude l’atto. Particolare è la scelta di dare un ruolo da solista ad una voce bianca: l’apertura dell’ultimo atto viene infatti affidata ad un ‘pastorello’ che, mentre sta badando il gregge, all’alba intona una canzone popolare in un dialetto romanesco un po’ ibrido. Forse l’opera più impegnativa per il coro a voci bianche è ‘Bohème’; nel secondo atto la scena si svolge nel quartiere latino. Il coro a voci bianche, come del resto il coro lirico, stenta ad avere più di 3 battute alla volta. E’ tutto un dialogo, un rilanciare di richieste di frutti e ninnoli, esclamazioni davanti alle bancarelle. Pagine complicate perché non si ha mai una melodia e spesso si incappa in modulazioni e intervalli poco agevoli. Pare come un puzzle dove tutti i pezzi sono autonomi ma si devono incastrare in un’unica visione globale, un capolavoro di Puccini dal punto di vista scenico e corale. Finalmente arriva ‘Parpignol’ il giocattolaio che attira l’attenzione dei bambini e regala loro un momento di protagonismo con uno squillante motivetto estremamente ritmico anche se molto sintetico. C’è poi l’arrivo del ‘tambur maggiore’, un momento estremamente corale dove finalmente tutte le voci, dai bassi ai bambini, ritrovano una melodia comune, abbandonando il dialogo a brevi frammenti. Anche ‘Turandot’ regala una pagina di musica alle voci bianche. L’ingresso in scena della principessa Turandot è annunciato dal Coro dei ragazzi, che la invocano cantando ‘Là sui monti dell’est’. La melodia è tratta da una canzone popolare cinese che si intitola ‘Mo li hua‘ (‘Fiori di gelsomino’); Puccini ebbe modo di ascoltarla dal carillon di un amico e la utilizzò a più riprese ‘citandola’ in vari punti dell’opera, sempre associata a Turandot stessa: oltre a tradurre musicalmente la sua bellezza, la delicatezza di questo motivo lascia intravedere il lato nascosto del suo carattere, più dolce e umano. Si tratta di un pezzo chiuso, eseguibile a se stante solo dal coro a voci bianche anche in concerto. Altri brani piuttosto conosciuti completano l’elenco delle principali opere che prevedono le voci bianche nell’organico. Nel secondo atto di ‘Otello’ di Verdi il coro dei bambini intona ‘t’offriamo il giglio’ facendo contrappunto con il coro degli adulti. Questo brano, anche se in scena viene cantato mescolato alle voci del coro adulto, viene spesso estrapolato ed eseguito come un breve ‘pezzo chiuso’, che riesce ad avere una sua forma autonomamente. Altro quadro abbastanza conosciuto è nei ‘Pagliacci’ di Leoncavallo quando nel primo atto i bambini si mescolano al popolo all’arrivo dei pagliacci. ‘I zampognari’ ‘din don suona il vespero’ cantano i popolani tutti insieme; una musica dal carattere popolare dove i bambini sono una delle voci del coro, senza avere una particolare rilevanza musicale, al contrario delle opere di cui abbiamo parlato fino ad ora.
Ennesima ‘particina’ nel ‘Werther’ di Massenet; nel finale Werther è sofferente e ode un canto di monelli che gli ricordano il Natale. Poche battute, quarte ascendenti squillanti e una allegra melodia, che sottolinea il contrasto tra la gioia del Natale e la morte imminente. Spesso ‘Noel Noel’ viene eseguito come ‘interno’ senza portare i bambini in palcoscenico, in quanto le voci nella storia si odono provenire da una casa vicina. In ‘Cavalleria Rusticana’ di Mascagni il famoso coro ‘Inneggiamo il Signor non è morto’ prevede la possibilità di raddoppiare una delle parti dei soprani con le voci bianche, anche se raramente capita di vedere il coro dei bambini in scena in questa opera. Non possiamo dimenticarci dei 3 piccoli geni che ogni tanto appaiono a consigliare i protagonisti del ‘Flauto Magico’ di Mozart, anche se in questo caso si tratta non di un coro ma di un trio a voci bianche, protagonisti, così come il pastorello Pucciniano. Uno spazio a parte ( che in questo numero non abbiamo) meriterebbe l’opera da Camera ‘Il Piccolo Spazzacamino’ di Britten. Va sottolineato come per i ragazzi del coro a voci bianche cantare in un’opera lirica rappresenti un’esperienza molto formativa. Cantare recitando, armonizzandosi con il coro Lirico, seguendo direttore ed orchestra in buca e tutto a memoria, porta i coristi a raggiungere una buona sicurezza sia da un punto di vista musicale che personale. E non possiamo negare l’aspetto ludico del travestimento, del trucco, dell’acconciatura, dell’entrare nella parte di un altro, del divenire personaggio… perché non dimentichiamo che << …i bimbi fanno tutto giocando ma non fanno niente ‘per gioco’ >> (Giulia Cremaschi).
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