L’AERCO (Associazione Emiliano-Romagnoli Cori) si colloca in tale orientamento con la rivista Farcoro che fin dall’origine è il periodico di riferimento per i cori associati della regione. Negli articoli della pubblicazione la coralità è trattata sotto ogni angolatura: compositiva, direttoriale, musicologica, estetica. Questo grazie a contributi di personalità della regione e di musicisti nazionali ed internazionali. Alla regolare uscita di Farcoro negli ultimi anni l’AERCO ha affiancato una serie di “quaderni”. Queste pubblicazioni, senza vincolo d’uscita sistematica, sono redatte con criteri ancor più precisi e specialistici: atti di convegni, trascrizioni di corpus di manoscritti inediti, monografie e manuali tecnici sono oggetto di trattazione estesa e approfondita. Il decimo numero de I Quaderni di Farcoro uscito recentemente s’intitola Esercizi d’intonazione e lettura a due, tre, quattro voci di P.P. Scattolin.
Il volume, piuttosto corposo (quasi 300 pagine), è suddiviso in tre blocchi (esercizi a due, a tre, a quattro voci) e si occupa del problema intonazione in maniera globale ed esaustiva ponendo come obiettivo l’intonazione del coro come prodotto di un preciso modo del fare musica insieme. Questo significa, come prima cosa, tradurre il significato di intonazione come una combinazione di questioni la cui soluzione è data dal ruolo “attivo” di tutte le componenti del coro; coro qui inteso come organismo unitario pur nelle sue infinite variabili.
L’intonazione è, nel percorso di Scattolin, un esito si potrebbe dire “omeostatico”, un costante equilibrio tra i diversi elementi costituenti il linguaggio musicale: armonia, melodia, ritmo, che lo strumento coro impara a esplorare e a padroneggiare attingendo a risorse già insite fisiologicamente nel gruppo vocale e sapientemente fatte emergere. L’autore induce a far sì che l’intonazione esatta sia ottenuta e sostenuta da due presupposti. Il primo come una necessità del coro, la seconda che tale necessità debba divenire un’abilità gestita in modo ludico se non divertente. Esaminiamo il primo aspetto: la necessità.
Fin dal primo esercizio Scattolin fa propria e sviluppa la lezione di Z.Kodaly[1]: il cantare a due voci dal primo approccio del cantare in gruppo per “vivere” l’intonazione. Il meccanismo circolare canto-ascolto-canto si attiva spontaneamente e si configura come requisito sostanziale del fare coro. Il corista/coro non intona bensì “ascolta e di conseguenza intona”; il cantare è un seguire un punto percettivo creatosi interiormente tramite il cosiddetto orecchio interno.
Il circuito percettivo tra suono ascoltato e suono emesso è una vera e propria sintonizzazione tra apparato auditivo e fonatorio; così avviato, questo meccanismo genera quella sintesi funzionale cha fa del feedback individuale il principale punto di forza e di autonomia della formazione vocale sia corale che solistica. Cosa s’intende? S’intende che l’orecchio del cantante tende ad “auto-formarsi” indirizzando la frequenza emessa in concordanza di armonici con l’ambiente sonoro esterno. Come? Partendo dagli intervalli fisicamente neutri: unisono, ottava giusta e quinta giusta. Chi abbia un minimo di esperienza di tecniche d’intonazione sa che intonare due voci umane su un suono fermo a distanza di ottava (rapporto frequenza 2:1) non è un fatto di volontà né di conoscenza musicale, ma di induzione acustica.
Con un’abbondanza di esercizi e variabili, si giunge a incardinare il gruppo nelle consonanze perfette con il semplice e unico ausilio dell’autoascolto. Senza ancora entrare in questioni di tecnica vocale la voce si trova “costretta” a seguire un’urgenza percettiva che diventa sempre più una necessità interiore. Impostando dal principio tale stile di lavoro, l’intonazione più che ottenuta, è “provocata”. In tal modo i capisaldi delle aggregazioni armoniche sono chiariti e disponibili per possibilità d’accordatura diverse (temperata, naturale etc.).
Due elementi concorrono costantemente all’ottenimento timbrico-intonativo ottimale. Si possono identificare come due polarità con natura complementare, una tendenzialmente verticale l’altra orizzontale: l’unisono e il pedale. L’unisono, come origine e come convergenza d’intervalli melodici e armonici, viene utilizzato in infinite variabili; rappresentando “il” più puro degli intervalli inquadra e incolonna intonazione, timbro, ma anche dinamica delle diverse voci del gruppo coro. Unito al pedale, spesso in un medesimo esercizio, consente di porre sotto controllo anche l’intonazione orizzontale e le relative risultanti armoniche.
Eccone un esempio
Tramite un movimento obliquo le voci sono incolonnate sull’unisono sette volte (vedi le note: do, mi bemolle, mi naturale) fatto questo che non consente “distrazioni” percettive.
Qui un esempio di pedale doppio e unisoni più distanziati.
La corresponsabilità dell’esatta intonazione è, come anticipato, di tutto il gruppo, fatto per il quale diventa utile l’alternare in modo circolare i diversi ruoli da assegnare alle linee polifoniche. Tale reversibilità è esemplificata nell’esempio 2.7.4. Si considerino alcune possibilità combinatorie tra voci:
– femminili (soprani-voce 1, alti-voce 2 e poi rovesciate)
– maschili (tenori-voce 1 bassi-voce 2 e poi rovesciate)
– femminili (voce 1) maschili (voce 2)
– maschili (voce 1) femminili (voce 2).
Contestualmente alle consonanze perfette si precisano degli intervalli interni alle stesse, sia le consonanze (terze e seste) sia le dissonanze. Questa forma di neutralità nel trattare consonanze e dissonanze con criteri sostanzialmente analoghi consente di non porre al coro aspetti “apparentemente” più facili o “apparentemente” più difficili. Nell’esempio seguente, mantenendo l’uso associato di pedale e unisono si elabora l’esercizio sull’intervallo di quarta eccedente.
Con formule elementari come scale e arpeggi, in forme variate ritmicamente, con modalità imitative, con giochi di scambio tra voci etc. e soprattutto con un pertinente criterio di gradualità il processo di formazione audio-vocale procede utilizzando stilemi musicali per cosiddetta immersione. Ed ecco la parte ludica: combinando esercizi diversi ci si accorge che la letteratura ha in nuce formule che possono diventare esercizi. Si rovescia la prospettiva, la si capovolge. Tasselli di brani estrapolati, ricomposti e combinati a piacere diventano nuovi esercizi preparatori. Si crea un circuito virtuoso tra grammatica e letteratura. Ecco diventare esercizi le formule di punteggiatura:
le cadenze
le progressioni
le modulazioni
Il testo indugia e insiste su fattori chiave, in special modo quelli che spesso tendono a sfuggire. Solo come esempio si osservi l’attenzione posta all’intervallo melodico di seconda maggiore: cosa c’è di più agevole di cantare do-re? La risposta è che, frequentemente, tale intervallo paga per due volte la sua precarietà d’intonazione: è mentalmente pigro (facile) e per opposto la sua distanza richiede un allargamento intonativo, la sopratonica deve essere crescente rispetto la tonica.
Nell’esempio vedi la linea del soprano nelle prime misure.
Un argomento come quello appena descritto si può sperimentare nell’esercitazione a due, a tre o a quattro voci e su tale conformazione modulare (come per un ipertesto) si può ampliare ogni tema distribuito nei tre blocchi del volume. Tale duttilità d’utilizzo consente di predisporre un percorso funzionale a ogni esigenza.
Nella parte degli esercizi a quattro voci, ossia con l’organico stabilizzatosi come standard classico, le tematiche già affrontate per gli esercizi a due e a tre voci vengono ulteriormente mostrate ed integrate con esercizi-esempi in diversi stili e linguaggi: modalità rinascimentale, magma, frazionamenti del semitono. Per quest’ultimo tema l’affinamento dell’ascolto-feedback consente l’utilizzo e la padronanza del fenomeno acustico dei battimenti. Come coronamento di ogni parte si trova un’utile sezione di esercizi ritmici e/o di agilità.
Ampio rilievo assume il fattore timbro come sommatoria risultante da suoni combinati (consonanze e/o dissonanze), registro e tensione vocale, numero di voci, parole associate. Oltre al repertorio classico Scattolin identifica specifici brani contemporanei utili a sviluppare quell’attenzione attorno al “suono” come fenomeno timbrico tipico del repertorio del XX e XXI secolo. Così facendo egli conferma quel concetto nel quale si dimostra che la sovrapposizione di suoni, sia secondo grammatica armonica, sia concepiti in dissonanza più o meno cromatica, è prioritariamente un fatto timbrico. Si chiarisce in modo concreto che armonia e timbro sono parametri musicali generati della medesima essenza fonico-acustica; l’esatta intonazione non si limita quindi solo a soddisfare una centratura di frequenze, ma è fattore costitutivo della qualità sonora.
In conclusione il lavoro, frutto di profonda conoscenza e di esperienza della materia coro, s’inquadra come un sussidio spendibile in ogni ambito corale. La scorrevolezza discorsiva agevola un iter formativo articolato ed esauriente. L’attenzione verso l’oggetto di studio (l’intonazione) è continuamente contestualizzata come parte di fenomeni musicalmente compiuti; essa s’identifica quindi come particolare chiave d’accesso per l’indagine e lo sviluppo di diversi fondamenti tecnici e morfo-sintattici. Il primo di questi è evidentemente, lo strumento voce che qui è eletto a strumento ascolto-voce. Il secondo aspetto è la graduale consapevolezza acustica dei principali procedimenti di natura armonica: collegamenti tra consonanze, dissonanze, cluster e addirittura suoni-rumore. Il terzo riguarda lo strumento insieme: un percorso come questo pone le premesse per uno sviluppo-formazione omogeneo da parte di tutto il gruppo. Quest’ultimo aspetto tende quindi a uniformare verso l’alto il rendimento del coro facendo emergere le reali potenzialità sia individuali sia dell’ensemble.
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[1] Z.Kodaly con le sue numerosissime opere a carattere didattico ci lascia un’eredità concettuale fondamentale per la formazione intonativa sia corale che individuale. Tra i principali titoli: BICINIA HUNGARICA , ÈNEKELJÜNK TISZTAN (a due voci) e TRICINIA (a tre voci)
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