È arrivato dicembre e molti cori sono impegnati nel cantare le liturgie del Santo Natale; proviamo allora a suggerire spunti di riflessione per la scelta dei brani da eseguire in questa Solennità. Per cominciare proponiamo un esercizio mentale: immaginiamo di avere a disposizione un coro di amatori (nel senso più nobile del termine), equamente distribuiti nelle canoniche quattro sezioni (SATB), un direttore di coro preparato, un organista esperto. Battezziamo così l’ensemble Sine Nomine al quale è stato affidato l’incarico di cantare le liturgie natalizie nella chiesa parrocchiale del paese Tal dei Tali alle celebrazioni di mezzanotte e del mattino. Innanzitutto va detto che le messe di Natale sono tre: quella della Notte, dell’Aurora e del Giorno, ma per brevità ci concentreremo su quelle della Notte e del Giorno, le più vicine alla pratica corale. Partiamo da uno sguardo al repertorio Proprio, cioè quello scelto dalla liturgia della Chiesa – e pubblicato nel Graduale1 – come interpretazione cantata del messaggio biblico. Per la Messa della Notte sono indicati l’Introito Dominus dixit ad me, il Graduale Tecum principium, l’Alleluia Dominus dixit ad me, l’Offertorio Laetentur caeli, il Communio In splendoribus sanctorum; mentre per la Messa del Giorno vengono prescritti l’Introito Puer natus est, il Graduale Viderunt omnes, l’Alleluia Dies sanctificatus, l’Offertorio Tui sunt caeli, il Communio Viderunt omnes. Il maestro del coro Sine Nomine conosce bene potenzialità e limiti dei suoi cantori e intende preparare un repertorio il più possibile coerente con le due celebrazioni cui l’ensemble è chiamato a partecipare. Così decide di attingere al Proprio gregoriano, alla polifonia classica e contemporanea e ai brani tradizionali natalizi, costruendo una scaletta rispettosa dei testi liturgici, che contribuisca a far risuonare la bellezza della produzione artistica e, perché no, aiutare i fedeli a vivere pienamente le atmosfere che questa Solennità evoca. Egli esercita il ministero di cui è investito con senso di responsabilità e passa in rassegna tutte le possibilità del repertorio corale con spirito di studio e ricerca: affascinato dai due brani d’ingresso gregoriani (Dominus dixit ad me e Puer natus est), opta per inserire la polifonia in altri momenti, mentre la complessità dei Graduali lo fa protendere per la sostituzione con il moderno Salmo responsoriale su formule stereotipo. Per la stessa ragione di difficoltà del repertorio Proprio, sceglie un Alleluia monodico da cantarsi prima e dopo il versetto in italiano, cantato dal solista. All’Offertorio ritiene “appropriate” le polifonie rinascimentali di Hans Leo Hassler (Laetentur caeli a 4) per la Notte e di William Byrd (Tui sunt caeli a 4) per il Giorno. Al Communio – infine – il corale contemporaneo (2008) In splendoribus sanctorum di James MacMillan, per coro SATB e tromba in Do o organo ad libitum, per la Notte e Viderunt omnes, in forma salmodica antifonale dal Graduale Simplex, per il Giorno. Il direttore del coro ha poi previsto prima della celebrazione di eseguire tre brani della tradizione (Tu scendi dalle stelle, Astro del ciel, Adeste fideles), ognuno introdotto da un breve preludio organistico ispirato alla melodia e seguito da alcuni istanti di raccolto silenzio. All’uscita dei fedeli, poi eseguirà l’antifona mariana gregoriana Alma Redem- ptoris Mater seguita da un brano libero organistico. Ecco compilate le scalette… e l’assemblea cosa canta? Canterà quello che è previsto che canti! Magari alcuni brani dell’Ordinario e, dove sarà possibile, qualche intervento nel Proprio come vedremo tra poco. Ma specialmente tutte le risposte al celebrante! Infatti a cominciare dalle intonazioni di natura sillabica, fino al Prefatio, si incontrano moltissime possibilità di rendere attiva l’assemblea dei fedeli. Non praticarle e chiedere ai cori di coinvolgere il popolo – rinunciando al carattere proprio dei brani a favore di un repertorio “per tutte le stagioni” – rischia di essere vissuto come un ipocrita (quanto assai comodo) scaricabarile. Cerchiamo allora di analizzare le scelte del coro Sine Nomine e del suo maestro, affinché l’esempio della parrocchia di Tal dei Tali possa ispirare le future scelte di molte altre. Anzitutto gli Introiti gregoriani, Dominus dixit ad me e Puer natus est. Il canto gregoriano fa risuonare con questi canti processionali un primo approccio al messaggio evangelico del giorno. Interessante è notare come pur mantenendo uno stile semi – sillabico, venga proposta una melodia piuttosto uniforme e dimessa (II modo) nella Messa della Notte, diversamente dal grande annuncio del Puer natus del Giorno, che si apre con l’intervallo di quinta perfetta sol-re sul motivo – parola “Puer”. Si afferma così da subito il VII modo, ribattezzato come angelico dai trattatisti rinascimentali. Il maestro non ha voluto rinunciare a questa grandiosità espressiva scegliendo con dedizione e passione, animato da sincero entusiasmo, di trasmettere ai cantori la consapevolezza del ministero liturgico insito nel loro operato. Il Graduale è, insieme all’Alleluia e all’Offertorio in stile ornato, pensato per far risuonare con ricchezza di contenuti musicali il testo biblico. Richiede senza dubbio una schola ben attrezzata e la sua durata è spesso considerata oggi una frattura notevole al ritmo della liturgia. Per questi motivi la sua sostituzione con il Salmo responsoriale va per la maggiore, al caro prezzo della perdita in termini sia estetici che esegetici. Infatti la salmodia viene eseguita in stile sillabico e consiste in una fluente e normale intonazione cantata dei versetti, senza particolari sottolineature, preceduti e seguiti da un responsum (il ritornello, per intenderci), anch’essa sillabica. Mentre i versetti sono affidati a un solista, il responsum può essere cantato dalla Schola, insieme – stante la semplicità – all’Assemblea. L’Alleluia subisce le stesse sorti del Graduale: il carattere melismatico dello jubilus alleluiatico affidato alla schola e lo stile ornato del versetto solistico risultano spesso troppo complessi per la realizzazione da parte della maggioranza dei cori. Quindi il maestro ha ripiegato su una melodia alleluiatica molto più semplice (cantabile anche dai fedeli) e da un versetto solistico sillabico. Ancora una volta si potrà mantenere la pertinenza testuale, nel senso che il testo – seppur tradotto in italiano – corrisponde a quello contenuto nel Messale, a fronte però di una perdita stilistico formale rilevante. Per quanto riguarda il brano d’Offertorio, il Proprio gregoriano è solito prevedere una vera offerta musicale in stile ornato. Di certo non si parla sempre di “pane e vino” e nemmeno lo si fa secondo uno stile semplice; bensì viene data occasione ancora una volta di meditare sul messaggio evangelico della specifica giornata attraverso melismi, centonizzazioni modali e ampi fraseggi. Il coro Sine Nomine ha dunque centrato la questione scegliendo due bei mottetti, di media difficoltà, tratti dal repertorio rinascimentale. Il Communio, poi, rappresenta l’ultima occasione propria per riflettere, ri-cantare (ergo ri-ascoltare) il tema del giorno (si badi che non si tratta necessariamente di un canto eucaristico!). Anche il gregoriano autentico cede il passo. Il momento è processionale, i fedeli si accingono a fare Comunione, lo stile del canto torna semi – sillabico. Il maestro del coro si è lasciato andare seguendo due direzioni diverse: nella celebrazione notturna ha scelto un corale di composizione contemporanea in cui il coro canta quasi omoritmicamente, alternato alle parti più libere della tromba (od organo, ad libitum); mentre nella Messa del Giorno ha scelto di dare spazio anche al Graduale Simplex2 in cui compare l’Antifona di Comunione Viderunt omnes alternata ai versetti solistici. Con stile sillabico e melodia semplicissima, s’invita l’Assemblea dei fedeli a cantare insieme la compiutezza degli eventi: Tutta la terra ha veduto la salvezza del nostro Dio. La scelta di eseguire alcuni brani tradizionali fuori dal contesto della Messa è stata senza dubbio dettata dalla volontà di raccogliere i fedeli attorno alla celebrazione con gusto e inducendo la preghiera personale, senza voler rinunciare alla tradizione che ci ha consegnato bellissime melodie popolari, assegnando però loro una collocazione adeguata, extra liturgica appunto. Così pure l’antifona mariana cantata ad dimittendum populum va nella direzione del recupero anche del repertorio gregoriano tardivo, collegata alla capacità tecnica dell’organista che può offrire, a seguire, uno sfoggio di abilità rendendo onore all’invito lasciato dal celebrante, “Andate in pace!”. Non abbiamo invece notizie precise su quali brani dell’Ordinario (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei) il coro abbia scelto di cantare. Probabilmente, stante l’impegno profuso nel preparare tutto il resto del repertorio e intendendo coinvolgere i fedeli con melodie già sentite (ma senza scadere troppo!), il maestro avrà deciso per alcune parti della ben nota Missa De Angelis, magari accompagnata con intelligenza dal bravo organista… Ma avremo occasione di approfondire meglio il discorso nelle prossime uscite di Musica dell’anima. Chiudiamo quindi cogliendo l’occasione per augurare a tutti i componenti dell’ensemble Sine Nomine e ai nostri numerosi lettori (in particolare quelli di Tal dei Tali che ci seguono con attenzione!), un Natale sereno, ricco di gioie, soddisfazioni e – certamente – di molti impegni corali.
AVE MARIA di Giuseppe Mignemi
L’idea originale di questa Ave Maria nasce per un coro di voci bianche e miste. La versione qui pubblicata, solo per voci miste, ripropone la parte delle voci bianche distribuendola tra contralti e soprani. In ogni caso la linea melodica è da interpretare con naturalezza e semplicità, mentre le altre voci creano un abbraccio musicale tenero e non invadente, proprio con quell’atteggiamento di accoglienza che è tipico di quando si entra in contatto con i più piccoli. In tal modo l’Ave Maria diventa una preghiera fondata su un concetto universale di Maternità che pone al centro il Figlio.
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