Dovessi riassumere questi dieci anni del Coro Giovanile “Bassi & Co.” con delle parole-chiave, scriverei: fatica, impegno, senso di responsabilità, ma anche intima soddisfazione, gioia, condivisione, sostegno reciproco, accoglienza, rispetto e forza di gruppo.
Vediamo se, ripercorrendo assieme a voi cortesi lettori, la storia di questo coro che tanto mi ha dato, sia in termini di crescita musicale, sia personale, riesco a esplicitare meglio che cosa ci sia attorno alle parole d’apertura di questo articolo.
L’avventura con il Coro Giovanile “Bassi & Co.” inizia nel 2008 con l’idea di riunire i due cori d’Istituto dei Licei “Laura Bassi” e “Niccolò Copernico” di Bologna, presenti nelle due scuole fin dalla stagione 2005/2006. Dieci anni, festeggiati proprio a marzo di quest’anno con un concerto tenutosi presso l’Aula Magna del Liceo “Laura Bassi”. Ma facciamo un passo indietro all’anno precedente, l’anno scolastico 2004/2005. Fu quell’anno, infatti, in cui ricordo di aver redatto un piccolo progetto corale per le scuole superiori, e di averlo inviato a tutti gli istituti superiori di Bologna e provincia. Dopodiché, mi ero pazientemente messo al telefono per sentire scuola per scuola, e chiedere se avevano ricevuto il progetto, e se fosse possibile andare a presentarlo di persona, al Preside o a qualche referente dei progetti extra-scolastici. Solitamente le risposte erano del tipo: “Grazie mille della proposta, ma non siamo interessati”!, ma anche :“eh sì, ci manca anche che adesso li facciamo cantare questi ragazzi, così poi non studiano più!”. Nel migliore dei casi capitava anche che dicessero: “Sarebbe molto bello avere un coro nella nostra scuola, purtroppo però non abbiamo i fondi necessari a sostenerlo”. Su circa un’ottantina di scuole contattate telefonicamente, solo una scuola mi diede un appuntamento. Fu il Liceo “Niccolò Copernico” di Bologna, nella persona dell’allora Vice-Preside e prof. Marco Baroni, che mi convocò una mattina per capire meglio di cosa si trattasse. Persona assai disponibile, ascoltò pazientemente e con interesse quanto avessi da dirgli, per poi confessarmi, alla fine dell’incontro, che anche lui era un amante della musica, e che cantava come basso in un coro amatoriale della città. Purtroppo, mancando fondi per progetti “extra”, mi disse, dispiaciuto, che la scuola non poteva accogliere il progetto.
L’anno successivo venni a conoscenza del fatto che l’Accademia Filarmonica di Bologna stava cercando dei direttori di coro per promuovere un progetto volto ad avvicinare gli studenti degli istituti superiori di Bologna e provincia al canto corale. Si trattava di una coincidenza imperdibile! Proprio ciò di cui avevo bisogno. Mi proposi all’Accademia, gli piacqui, e immediatamente ricontattai il prof. Baroni, dicendogli che l’Accademia avrebbe coperto i costi del progetto e che, a quel punto, la scuola non avrebbe potuto più rifiutare, trattandosi di un’occasione unica, da non lasciarsi assolutamente scappare. Lieto di rivedermi, in particolare, con quelle buone notizie, il Vice-Preside acconsentì a cominciare.
Dopo qualche mese, l’Accademia mi contattò e mi disse che, se ero disponibile, ci sarebbe stato anche il Liceo “Laura Bassi” che voleva prendere parte al “Progetto Cori”. La situazione delle “Laura Bassi” era abbastanza diversa rispetto a quella del “Copernico”. Il Liceo “Laura Bassi” aveva una lunghissima tradizione corale nella propria scuola: Regia Scuola Normale Superiore per Maestre (dall’anno 1860), Istituto Magistrale (dall’anno 1922), sperimentazione dal Liceo Pedagogico-Sociale al Liceo delle Scienze Sociali (dall’anno 1998 fino poi al 2009), aveva sempre avuto un coro al suo interno, ma, proprio quell’anno, il coro rischiava di chiudere per abbandono del maestro. Devo ammettere che fui quindi piuttosto fortunato a capitare, come si dice in questi casi, nel luogo giusto, al momento giusto. Mi accolse a scuola il referente prof. Cosimo Caforio, uno di quei professori che ancora crede nel valore educativo della scuola e nel valore formativo della musica per i ragazzi, quindi, persona fortemente motivata a rilanciare il coro alle “Laura Bassi”. Insomma, non potevo capitare in mani migliori, in entrambe le scuole. A distanza di dieci anni, non posso che sentirmi grato e riconoscente nei confronti di queste due persone che, per tanto tempo, con instancabile impegno ed entusiasmo, hanno affiancato e supportato il mio lavoro con i ragazzi.
E fu così che, nel giro di poche settimane, mi ritrovai a dover occuparmi di due cori nascenti, in due giorni settimanali diversi, con due organici diversi (uno misto, l’altro femminile), formato da coristi con capacità differenti e che, quindi, necessitavano anche di due repertori distinti. Fin dai primi momenti, mi resi subito conto di quanto sarebbe stato complesso. Eh sì, perché diciamola tutta…anche se negli ultimi anni l’Italia sta cercando – più o meno bene – di recuperare un ritardo a dir poco abissale rispetto ad altre nazioni, in quegli anni, non era di certo facile lavorare con la musica, in particolare, quella corale, all’interno della scuola, da esperto esterno. Avevo avuto modo di viaggiare per studio in alcuni paesi del Nord Europa, in particolare Norvegia e Svezia, e mi ero reso subito conto di quanto fosse consolidato in quei paesi che uno studente tra i 14 e i 19 anni facesse parte del coro o dell’orchestra della propria scuola. In quei paesi, come del resto anche in gran parte dell’Est Europa, si canta o si suona, e a volte, si fanno entrambe le cose, anche senza aver l’obiettivo di studiare musica per farne una professione, ma semplicemente, con l’idea che la musica, o l’arte in genere, possa contribuire in modo decisivo alla formazione educativa e sociale dell’individuo. Personalmente trovo alquanto desolante pensare che l’Italia, paese che vanta una tradizione secolare dal punto di vista musicale, rispettata e invidiata da tutti gli altri paesi europei e non solo, non sia veramente riuscita a rendere giustizia, a livello istituzionale e legislativo, a questo grande patrimonio culturale che possiede. Ovviamente, questa enorme mancanza a livello istituzionale aveva, ed ha, delle ricadute piuttosto negative su almeno altri due aspetti: le capacità medie dei ragazzi che partecipano al coro e il tipo di atteggiamento nei confronti del coro. Se proviamo a confrontare le più felici situazioni di quei paesi in cui si inizia a cantare in coro all’età di sei anni, fin dalla scuola elementare, e si pensa quindi che un sedicenne, mediamente ha alle spalle una decina d’anni di esperienza corale, o orchestrale, e la situazione italiana, in cui nella scuola elementare non si studia musica, se non in casi rari e sporadici, che invece si affronta solo nella scuola media (parliamone!), per poi interrompersi nuovamente – fatta eccezione per i Licei Musicali – alle scuole superiori, beh, si possono immaginare facilmente quali possano essere le differenze tra le competenze musicali di partenza di uno studente di quella fascia proveniente dalla scuola italiana e di un altro proveniente dalla scuola di uno di quei paesi di cui si accennava sopra, certamente più lungimiranti dal punto di vista educativo.
L’altro aspetto di diversità è quello dell’approccio al “coro” da parte dei ragazzi, cosa che spesso può influenzare anche le scelte relative al repertorio. Provo a spiegarmi meglio. Una decina di anni fa, con i social networks e youtube nati da poco, gli unici esempi corali che passavano in televisione, e comunque, poche volte all’anno, potevano essere i cori gospel, in periodo natalizio, e qualche coro – mi si passi il termine qui volutamente un po’ grossolano – di stile “alpino” tipo SAT, in qualche canale televisivo locale. Ciò significava che nell’immaginario dei ragazzi, la parola “coro” non significava quasi nulla, se non, evocare quegli unici due modelli, a cui si poteva aggiungere, per qualche ragazzo, il modello del coro parrocchiale. Quindi, non proporre un repertorio che ricordasse il gospel o lo spiritual, o la musica che quotidianamente passava in tv o alla radio, ritmata e “poppeggiante”, risultava, alle orecchie dei ragazzi, sicuramente poco attraente. E quindi, gli studenti, spesso non erano interessati nemmeno a venire a vedere una prova e, se miracolosamente capitavano, difficilmente tornavano una seconda volta. Cantare in coro, per la maggior parte di loro, era “out”, come dire, un po’ da “disadattati”. In questi ultimi anni, qualche cosa, dal punto di vista della percezione dei ragazzi nei confronti del cantare in coro è certamente migliorata, forse anche grazie alla proliferazione dei “Talent Show”, in cui, in mezzo a tante realtà soliste, sono passate proposte anche di gruppi vocali e qualche realtà corale. Diciamo pure che ragazzi di oggi, rispetto a quelli di dieci anni fa, sono forse un po’ meno prevenuti nei confronti dell’idea “coro”. Forse è proprio per queste ragioni che all’inizio dell’articolo, una delle prime parole che mi è venuta in mente, è stata la parola “fatica”. E’ stato faticoso “fare coro” con gruppi di coristi spesso esigui, magari formati da 10/15 coristi, o 20 nelle annate migliori. Ricordo che a volte si partiva a inizio anno anche in 25 o 30, per gli incontri di presentazione. Alla prova successiva una decina non tornavano nemmeno e, non appena i ragazzi si accorgevano che cantare in un coro significava anche prendersi un impegno nei confronti dei compagni coristi, allora abbandonavano (il senso di responsabilità di cui si accennava all’inizio). Altri abbandonavano nel corso dei mesi, spesso per cause di forza maggiore, cioè impegni dovuti allo studio, magari in corrispondenza con la fine della chiusura del primo quadrimestre o la fine della scuola. E così, il numero scendeva inesorabilmente. Ricordo di aver fatto prove anche con 4/5 coristi, magari in coincidenza con influenze stagionali e impegni scolastici, scambi, stages, corsi di recupero, corsi di teatro, corsi d’inglese, francese, tedesco, spagnolo, e a tutti gli altri mille impegni a cui gli adolescenti, in numero sempre crescente, devono far fronte. E in quelle prove con così pochi coristi, magari dovevamo cantare a 3/4 voci, e quindi, il sottoscritto, ricordo che cantava (non dico contemporaneamente, ma quasi!) la parte del basso, del contralto o del soprano, in falsetto, pur di dare una mano alla sezione più in difficoltà. Ecco, certi momenti, sono stati davvero molto impegnativi. Ma ora, a distanza di tempo, ne conservo un ricordo, come dire, quasi eroico. E poi, penso sempre che, in certi momenti, non ero mai da solo, ma in compagnia di quei 4/5 coristi, eroici pure loro, o con quei 12/13 superstiti che arrivavano ai concerti di fine anno. Ecco, quando rifletto su questi numeri, mi viene un po’ da pensare, anche umoristicamente, se vogliamo, alla musica reservata: la maggioranza dei ragazzi non si avvicina nemmeno al coro e alla sua musica, una piccola parte la ascolta, ma dal di fuori, senza farne parte o entrarne veramente in contatto, e solo un gruppo di pochi “eletti” ha veramente il coraggio di addentrarsi nei suoi meandri. Quando lo fa, ne rimane affascinato, avvolto, conquistato, e questa passione, se la porta con sé per il resto della vita. Ecco perché all’inizio ho parlato di intima soddisfazione. La gioia e il piacere raccolti in questi anni, mi sono reso conto, sono dipesi dalla qualità delle relazioni avute proprio con i ragazzi. In alcuni momenti ricordo di essermi sentito un po’ frustrato e arrabbiato a causa del numero di coristi coinvolti. C’erano delle volte che pensavo: “ma perché non capita mai che una volta vado a scuola, entro nell’aula delle prove, e mi trovo cinquanta ragazzi che han voglia di cantare?”. Se ci pensiamo un momento, poi, cinquanta ragazzi – per scuole che hanno oltre mille studenti – non sono nemmeno un numero impossibile. Ma non è mai accaduto. Ho sempre dovuto lottare (e come me, anche tanti altri miei illustri e cari colleghi direttori di coro) per aver gruppi ben più esigui numericamente, e quindi, sempre assai precari dal punto di vista dell’organico. Alcuni di questi coristi, però, sono ancora a fare coro con me, oggi, dopo tanti anni. Ed altri, quando finiscono il liceo, continuano a venire al coro per almeno 2/3 anni, perché non vogliono smettere. Ma la soddisfazione più grande è certamente stata quando, un gruppo di ex coristi dei “Bassi & Co.”, ormai più che ventenni, mi ha proposto di mettere in piedi un nuovo gruppo, per poter proseguire assieme il cammino cominciato qualche anno prima. E’ il caso del Coro “Ad Maiora”, nato nel 2011 e formato da ragazzi tra i 20 e i 28 anni, di cui, un nucleo consistente, proviene proprio dalle esperienze fatte a scuola, nei due licei. Il prossimo 20 marzo, con loro, festeggeremo con un concerto i cinque anni di attività.
Qualcosa sul repertorio. Forse anche sbagliando, devo confessare di non aver mai utilizzato il repertorio come un elemento per attirare coristi, una specie di merce di scambio. Ho sempre pensato che se avessi proposto brani in cui credevo, che amavo, che insegnassero qualcosa, che portassero un messaggio e che – almeno a me – piacessero, sarei riuscito in qualche modo a trasmettere questo amore, e, prima o poi, facendoglielo vivere, li avrei conquistati. Ho dedicato sempre molta cura alla scelta del repertorio, andando a cercare brani spesso non tanto conosciuti, il meno “di massa” possibile, privilegiando un repertorio forse anche un po’ di nicchia, ricercato. Di musica per così dire colta ne abbiamo cantata tantissimo: dalla musica medievale, al rinascimento italiano (G. M. Nanino, ma anche P. Fonghetti, ad esempio, con dei madrigali a due voci, molto difficili da imparare, per via della scrittura contrappuntistica, ma anche molto belli e formativi) e al rinascimento inglese (T. Bateson, W. Cornysh, J. Dowland, J. Hilton, T. Morley, T. Weelkes, T. Ravenscroft), al corale bachiano, ai notturni di W. A. Mozart (quattro su sei), fino ad arrivare – saltando quasi a piè pari il repertorio romantico, poco adatto alla vocalità dei ragazzi di quella età – al Novecento (B. Bettinelli, B. Britten, M. Duruflé, Z. Kodaly), fino ai giorni nostri (P. Caraba, G. Eriksson-L. Jansson, J. Mäntyjärvi, C. Margutti). Se mi sono sempre tenuto un po’ lontano da un certo repertorio, come dire, più commerciale, come quello pop (oggi comunemente definito vocal-pop), ho invece cercato di avere, semmai, un occhio di riguardo verso le musiche popolari, con l’ottica, da un lato, di far scoprire ai ragazzi tradizioni locali (per noi, quelli emiliani), e dall’altro, alcuni aspetti delle culture “altre”, con l’idea che questo potesse portare un arricchimento per il gruppo. E’ così che, nel repertorio non sono mancati brani provenienti sia dalla nostra regione, anche in dialetto (con armonizzazioni di autore, prime tra tutte, quelle di G. Vacchi), sia dal resto d’Italia (G. Malatesta e A. Pedrotti), fino a quelli di vari paesi europei, con una certa preferenza per l’affascinante repertorio dell’Est Europa e della zona balcanica in particolare, prendendo a piene mani dal repertorio de Le Mystère des Voix Bulgares, e anche di altri continenti[1].
E così, dopo alcuni anni di prove con i cori separati, nel 2008 decisi che sarebbe stato meglio unire le forze: pochi coristi del Liceo “N. Copernico” e pochi coristi del Liceo “Laura Bassi” avrebbero così formato un gruppo più numeroso e, quindi, più solido. “Bassi & Co.”, sia perché il nome ricordava i due licei, e lasciava aperta l’idea di possibili collaborazioni con altri licei, sia perché il gruppo – storicamente – era sempre stato formato da pochi maschi (la maggior parte, bassi…), e tante voci femminili. Del resto, non è un mistero per nessuno che, in quella fascia d’età, i maschi sono meno propensi a mettersi in gioco in attività di questo tipo, preferendo, di gran lunga, il calcio o delle attività sportive. Allora, che avevo più tempo e, soprattutto, non avevo l’incarico al Conservatorio “G.P. da Palestrina” di Cagliari, facevamo due prove settimanali, alternando la sede nei due licei. Oggi, è possibile fare una sola prova settimanale, alle “Laura Bassi”, poiché il progetto è ormai sostenuto interamente da questo istituto, e si inserisce nel progetto INS con il contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Il coro, comunque, continua ad accogliere tre coriste del Copernico, oltre che qualcuno del Salvemini e del Righi, volendo rimanere un coro aperto a tutti gli studenti di istituti superiori di Bologna che vogliano unirsi al gruppo.
E a proposito di accoglienza, vorrei inoltre sottolineare che “Bassi & Co.” è sempre rimasto luogo aperto anche a ragazze e ragazzi con disabilità, nella convinzione che ogni elemento di un coro possa sempre dare il proprio contributo – musicale e umano – al resto del gruppo, facendolo diventare unico e speciale al tempo stesso.
Per chiudere. Oltre al senso di prospettiva del Coro “Ad Maiora”, che offrirà continuità ai ragazzi del Coro Giovanile “Bassi & Co.”, da quest’anno c’è un nuovo progetto che vuole essere anche una nuova sfida. E’ il progetto del Coro Interscolastico “Nativi Musicali”, curato dall’Ass. Mediamente, a cui stiamo aderendo con entusiastico impegno, convinti che anche la sinergia tra più scuole possa essere una strada utile e quanto mai preziosa per continuare a diffondere la musica corale fin dalle nuove generazioni, poiché spesso, dietro agli occhi silenziosi e attenti degli adolescenti, si nasconde un senso profondo di affetto e gratitudine nei confronti di chi non smette di credere in loro e nei valori che la musica porta con sé.
Noi direttori di coro, comunque, siamo e restiamo persone molto, ma molto fortunate.
[1] Ho iniziato a conoscere e amare questo repertorio nei miei anni di studio al Dams Musica e al Conservatorio “G. B. Martini” di Bologna, ma, decisiva per la mia formazione, è stata l’esperienza che ho fatto con i coristi di Mikrokosmos – Coro Multietnico di Bologna, nato nel 2004 con l’obiettivo di avvicinare italiani e stranieri in un unico progetto corale e sociale […].
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