di Guerrino Parri

Bologna, Cimitero Monumentale della Certosa. Chiostro meraviglioso. Cipressi. La luna nel cielo, serata mite. Le luci piccole, migliaia, a ricordo di tante persone, di tante vite, di tante storie. La guida ci chiede silenzio, quel silenzio che permette l’ascolto, l’attenzione, la riflessione. Inizia il nostro viaggio fatto di passi nelle vie del cimitero, al buio, all’interno di loggiati e cappelle. Arriviamo al sacrario e qui ci accoglie un Cristo di bronzo, meraviglioso, sofferente, dal volto umano, tanto umano. Sotto il Cristo una voce, e cominciano a risuonare parole, ricordi, versi di grandi della poesia italiana nel ricordo di una guerra, la Grande Guerra. Continua il nostro percorso tra lapidi, monumenti funebri e piccoli lumini fino all’ossario comune. Qui, illuminati da piccole fiaccole “i custodi del tempo”, due statue suggestive raffiguranti dei soldati: il “Bocia” e il “Vecio”, come dicono a Bologna. Sono i guardiani di ben tremila vittime, maggior parte italiane, ma anche austro-ungariche, soldati gravemente feriti e morti negli ospedali di Bologna, primo avamposto sicuro di quella tragica e terribile guerra. Questo è il luogo della memoria collettiva di una città, di un popolo, di una nazione. La Grande Guerra o anche prima guerra mondiale. 600 mila italiani caduti, 9 milioni di vittime per il conflitto in tutto il mondo, 7 milioni di vittime civili non solo per i diretti effetti delle operazioni di guerra ma anche per le conseguenti carestie ed epidemie. Non c’è luce, gli occhi si abituano e piano piano la luna fa affiorare questo luogo della memoria. I pensieri corrono e la voce recitante ci porta nuovamente nello spazio del ricordo. Sono ancora frasi, racconti, immagini di un popolo, di un’intera generazione tra i 17 e i 24 anni sterminata, di una guerra intollerabile, incomprensibile. Il gruppo si muove e riprende il suo cammino e arriviamo ad un chiostro interno. Il suono della voce umana ci avvolge. É il Coro Euridice. La musica corre nell’aria ed evoca in tutti noi emozioni. Il suono diventa ricordo, vibrazione umana. L’armonica a bocca, il violino, ma soprattutto la voce del coro che viaggia nell’aria tra suono e silenzio. Sono echi di melodie popolari, di canti della tradizione che tutti conosciamo. E’ il ricordo in musica, è il ricordo nel canto, la memoria nel canto. A un certo punto il suono delle voci modula dal suono puro, etereo al suono graffiante, ingolato, popolare e i brividi corrono nel corpo. “La Somalia Bella” così struggente, “Oh Barbiera” accendono l’animo popolare in un susseguirsi di citazioni e di alternanza tra musica e parole. La Trenodia si sviluppa, prende forza. Il suono vellutato, analogico, anch’esso quasi umano dell’organo cessa e il coro a cappella si invola con un linguaggio fatto di improvvisazioni nel terzo movimento. L’Alea così mirabilmente composta e la finee tecnica esecutiva ci conducono tra cluster sonori, magma di frequenze, glissati, voci recitanti, in un turbinio di effetti vocali. Mescolato sapientemente affiora a sprazzi il testo poetico “Natale” di Ungaretti. Scorrono davanti a noi le varie sezioni: l’odio, il dolore, l’irreparabile, la speranza. Si, la speranza che ha subito il disastro, ma pur sempre speranza. Siamo all’ultimo tempo: Catarsi. Il coro si mescola nuovamente al suono dell’organo e il vocalizzo sul tema dell’Adagio for Strings di Samuel Barber ci fa compiere la catarsi, la purificazione. La musica termina e il suono del coro lascia spazio al silenzio. Sono vari secondi di meraviglioso silenzio, la musica nata dal silenzio torna nel silenzio. Parte l’applauso, lungo, composto, caloroso e vivo. Pier Paolo Scattolin e il Coro Euridice ci hanno donato un alto momento di riflessione. La Trenodia ci ha condotti in uno spazio temporale in cui le voci, i suoni e le parole ci hanno fatto vibrare come strumenti conee un linguaggio innovativo e attuale. Le citazioni musicali della tradizione hanno risvegliato in tutti noi la forza e la bellezza delle nostre origini. La forza della vita risuona chiara in questa lamentazione funebre. La Trenodia ha mosso i suoi primi passi in questo scenario suggestivo e di grande forza evocatrice verso altre rappresentazioni future, verso altri lidi dell’animo umano. Appuntamenti estivi alla Certosa 2015 – Venerdì 25 settembre 2015
Trenodia: ovvero “[se]… questo è l’uomo” prima assoluta dell’opera di Pier Paolo Scattolin composta in occasione del centenario dalla Grande Guerra
Interpreti:
Coro Euridice
Gianluca Caselli, armonica
Maiu Kull, violino
Federico Bettini, attore
Direttore: Pier Paolo Scattolin

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