L’alfabetizzazione musicale viene condotta con una metodologia che segue il naturale sviluppo delle capacità del bambino. Le prime formule del linguaggio musicale sono proposte con giochi ritmici e melodici che portano il bambino a dotarsi di un bagaglio di conoscenze e di competenze musicali. Il canto, fin dai primi momenti, rappresenta l’ideale strumento di contatto con la musica. Con i corsi propedeutici il bambino raggiunge un livello di conoscenza del linguaggio musicale che gli permette di leggere con facilità un brano musicale a prima vista. Il possesso di questa competenza musicale, l’educazione all’orecchio attraverso la propria voce, lo accompagnerà poi tutta la vita. Gli consentirà di apprezzare e scoprire capolavori musicali e polifonici altrimenti preclusi. Chi canta leggendo è protagonista del canto, perché è lui a costruirlo. L’alternativa è l’imitazione, erroneamente ritenuta la forma di canto più immediata. In realtà l’imitazione consente un’esecuzione approssimata e limita grandemente il repertorio. Chi va a orecchio, infatti, ricorda quel che può e col tempo fatalmente dimentica. Dopo i quattro anni propedeutici i bambini entrano finalmente nel coro. Lì incontrano ragazzi più grandi che diventano il loro esempio più concreto del “cantare in coro”. Il coro è inoltre un esempio di comunità vera, dove tutti si sentono partecipi. E’ come un mosaico formato da tante tesserine. Non esiste la tessera più importante. Basta toglierne una qualsiasi che, ovunque sia, si vede il buco. Ognuno ha la sua importanza. Se manca qualcuno, anche fra i piccoli, lo si sente. Il Coro Giovanile, composto esclusivamente da ragazze dai 15 ai 24 anni provenienti dalle Voci Bianche, è la naturale prosecuzione del lavoro didattico-artistico degli anni precedenti. Il notevole bagaglio di esperienze maturate permette loro di affrontare repertori molto impegnativi con un livello vocale di rilievo. Le ragazze, di età diverse, formano un gruppo molto compatto, che pur di partecipare alle prove, riescono a superare le difficoltà che comportano le scuole superiori, l’università e il lavoro. Il Maestro Goitre, in “Validità del canto corale”, si esprime in questi termini: “ Il coro è infatti una comunità nella quale si deve tendere al massimo controllo della personalità per la maggior omogeneità possibile di suono e di colore; ciascuno deve dare il meglio di se stesso a favore del risultato artistico del complesso senza che nessuno dei suoi componenti ne possa menar vanto mentre d’altra parte qualunque piccola distrazione, una emissione incontrollata del suono, un segno dinamico non rispettato, possono danneggiare tutto il coro e rendere inutile un lavoro di preparazione durato settimane e forse mesi interi. Non è forse questo il migliore specchio della società in cui viviamo? Dove tutti dovrebbero tendere a dare il meglio di se sessi per il bene comune mentre la mancanza di un singolo individuo può essere delitto contro l’intera comunità entro cui egli vive? E allora perché non diamo al canto corale il giusto posto nella graduatoria dei mezzi educativi, degli svaghi, dei metodi correzionali, delle attività di gruppo? Perché le autorità non tengono in considerazione e non sostengono queste iniziative con mezzi adeguati e con cauto discernimento? Facile è la risposta: perché mai ebbero modo di provare che cosa significhi, oltre il fatto musicale, cantare in coro. Un proverbio tedesco dice: ”là dove senti cantare, fermati; gli uomini malvagi non hanno canzoni”; sarà forse paradossale, ma contiene certamente una fondamentale verità: il cantare in coro educa alla tolleranza verso gli altri, all’umiltà, alla perseveranza, all’amore verso la comunità, tutte componenti dell’uomo sociale.”
Scrivi un commento