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Da dove si comincia?

Molti musicisti, anche qualche direttore di coro, guardano con sufficienza ai cori a voci bianche. Si dimenticano che dal canto ha preso vita LA MUSICA, che in epoche storiche dove la musica colta era certamente più ascoltata e meno bistrattata di oggi, i fanciulli erano spesso educati “al” e “con” il canto. I Direttori di coro dimenticano a volte che se vorranno avere dei ricambi nelle sezioni con dei coristi “freschi” domani, un pubblico interessato dopodomani, non possono prescindere dalla consapevolezza del fatto che chi lavora con le voci bianche, crea la continuità nella coralità. Quindi anche chi si avvicina alla coralità infantile lo deve fare con un grande rispetto e con la consapevolezza di avere in mano le sorti della coralità futura. Quando si pensa di dare vita ad un coro di voci bianche le domande sono tante, i dubbi, i “bivi” a cui ci si trova davanti. Credo, dopo aver fondato da solo -e in un caso in collaborazione con un collega – 4 cori a voci bianche e 2 cori giovanili, di aver fatto tante delle prove, degli esperimenti, in parte anche degli errori che sono comuni a chi si appresta ad una simile “impresa”. Il contesto culturale e sociale sono il primo aspetto da tenere in considerazione. Un coro, qualsiasi coro, diventa in breve un tessuto di relazioni personali. Nel caso delle voci bianche le relazioni sono allargate in quanto oltre ai coristi comprendono le intere famiglie che seguono i loro piccoli cantori. E’ bene chiarire con tutti gli obiettivi e le finalità educative oltre che musicali; e le aspettative dei genitori rispetto ai percorsi educativi dei loro figli sono solitamente alte. Ma ancor prima di ciò, bisognerà pensare a quale tipo di corista noi ci rivolgiamo ( e in prospettiva a quale tipo di coro noi puntiamo ad avere in futuro). Selezionare i coristi o no? Questo è un primo grosso bivio al quale ci si trova di fronte. È chiaro che selezionare le voci da dei vantaggi : il gruppo lavora meglio, si possono affrontare prima dei repertori più accattivanti e coinvolgenti.”Intonare” un gruppo, è sicuramente più difficile ma sul lungo periodo può dare delle notevoli soddisfazioni. Non va dimenticato poi che i piccoli che ci troviamo di fronte sono degli organismi in piena fase di crescita e decine di volte mi sono trovato di fronte a casi di ragazzini che crescendo hanno subito delle mutazioni della voce incredibili che li hanno portati da livelli di difficoltà nell’ emissione vocale, al manifestare ottime capacità individuali. L’ideale sarebbe poter istituire del gruppi impostati su un livello preparatorio e altri più avanzati, con attività e repertori differenziati. Avere davanti un gruppo “avanzato” al quale poter approdare, è spesso uno stimolo fortissimo che sprona i più piccoli o i meno dotati vocalmente, ad impegnarsi durante tutta l’attività corale. In una delle realtà corali dove lavoro, siamo riusciti ad impostare un lavoro molto articolato: -il corso preparatorio al quale approdano i ragazzini più piccoli (6/7 anni) -il coro scolastico dove si entra con una selezione vocale non troppo rigida e si lavora per ampliare l’estensione, migliorare l’intonazione, iniziare a lavorare in gruppo e ad “assaggiare” la polifonia -il coro a voci bianche al quale si accede dopo un tirocinio adeguato nei livelli precedenti -il coro “da concerto”, formato da quei ragazzi che hanno dimostrato caratteristiche vocali, musicali, ma anche umane e personali adeguate all’attività del coro. In questo livello si approfondiscono autori di ogni genere e stile, si lavora in maniera approfondita sul suono, la vocalità, la tecnica corale. Questo gruppo è quello che poi si propone per concerti nei quali viene richiesto un particolare livello artistico, le opere liriche, i concorsi. -il coro giovanile, al quale si accede verso i 13/14 anni in tirocinio; poi si entra in attività dopo un periodo più o meno prolungato di prove e attività d’insieme. Qui ci sono ancora i nostri primi coristi, ormai arrivati all’età di 22/23 anni. È chiaro che per arrivare ad una differenziazione tale, abbiamo impiegato diversi anni, nei quali siamo scesi a tanti compromessi per mantenere più o meno salda la rotta. Non è sempre ( anzi quasi mai) possibile proporre un’organizzazione simile in partenza. Ho visto tantissimi tentativi, purtroppo, fallire. Uno degli aspetti più complicati per un direttore che si dedica alle voci bianche, è la gestione del gruppo e delle sezioni corali in funzione della muta della voce. Nella programmazione delle attività del gruppo – e dove è possibile dei vari gruppi – non va mai dimenticato il fatto che i bambini …crescono ! Un direttore che si trova a lavorare con una giovane soprano di 25 anni, può pensare di continuare ad avere quella persona nel coro per altri 40 anni senza problemi. Chi lavora con le voci bianche, potrebbe trovarsi a iniziare a lavorare con una bimba di sei anni, lavorare per un paio di anni per farla crescere ed integrare nel gruppo. A quel punto, dopo qualche anno di attività, potrebbe trovarsi di fronte ad una tredicenne che a causa di uno sviluppo precoce cambia radicalmente voce e riesce ad utilizzarla per poco come voce bianca. E poi il mio esempio è partito da una bimba di sei anni… basta che l’approccio alla coralità avvenga magari a 8/9 anni e il lasso di “tempo utile” si stringe. Io, come tanti miei colleghi, mi trovo ciclicamente a gestire cambiamenti radicali di organico dovuti alla muta della voce, al cambiamento di timbro ed estensione (che non necessitano per forza l’età della preadolescenza per manifestarsi), a qualche inevitabile abbandono ( i ragazzini oggi hanno mille impegni e stimoli extrascolastici). Credo che questo sia uno degli aspetti che richieda maggior capacità di previsione, programmazione e ricalibrazione degli obiettivi, lavorando con le voci bianche. L’esperienza più difficile da me vissuta in questo senso è stata ad esempio quella vissuta con una mia piccola soprano, forse la più acuta, vocalmente pulita e precisa che avessi mai avuto. Una ragazzina che a 14 anni era ancora una purissima voce bianca. Stavo preparando concerti e concorsi con un repertorio che prevedeva diversi assoli ed in un paio di brani lei era inarrivabile.Nel giro di 6 settimane, ha iniziato ad avvertire delle difficoltà, un po’ di raucedine dopo le prove, una certa fatica. In capo a due mesi il su corpo ha iniziato a trasformarsi e la sua voce pura e cristallina si è trasformata in una bellissima voce da mezzo soprano, che però ha perso quasi una quinta d’estensione sugli acuti. Se non avessi iniziato a prepararle “gli eredi” anche quando non pareva ce ne fosse bisogno, sarei rimasto scoperto in almeno 3 brani. Queste sono alcune riflessioni sul “come iniziare”, che spero possano essere utili a quei maestri che si avvicinano alla coralità infantile. Nei prossimi numeri di FARCORO, proseguiremo alla scoperta di repertori, semplici tecniche vocali, esperienze, sempre con la speranza di poter mettere il proprio bagaglio di esperienze al servizio degli altri.za