“Il nostro obiettivo: elaborare una pedagogia che insegni ad apprendere, ad apprendere per tutta la vita dalla vita stessa” (Rudolf Steiner). Il 7/8/9 marzo L’Associazione per la Pedagogia Steineriana di Reggio Emilia ha organizzato in città tre giornate dedicate all’educazione musicale, proponendo una serie di iniziative di confronto e scambio tra diverse realtà culturali e formative. Il programma era così articolato: Venerdì 7 marzo: Conferenza pubblica a cura del maestro Peter Appenzeller dal titolo ‘Il valore della musica per il nostro tempo’ Sabato 8 marzo: Tavola rotonda Dal titolo ‘Il ruolo della musica nei processi formativi ed educativi’ Hanno partecipato i relatori: Peter Appenzeller, insegnante di musica e formatore secondo il metodo Steiner Waldorf , Gabrielangela Spaggiari docente di didattica musicale preso l’ Isituto Superiore di Studi Musicali “Achille Peri”, Paolo Perezzani, direttore del sistema delle orchestre giovanili dell’Emilia Romagna, Filippo Chieli,atelierista e rappresentante dell’Istituzione Nidi e Scuole d’Infanzia di Reggio Emilia, Fedele Fantuzzi, presidente dell’Associazione Emiliano Romagnola Cori e, in qualità di moderatrice, Claudia Gasparini presidente della Federazione delle Scuole Steiner Waldorf in Italia. Domenica 9 marzo: esecuzione dell’opera ‘Frate Francesco’ . Un ‘opera musicale composta e diretta dal Maestro Peter Appenzeller, eseguito da tutti gli Allievi della Scuola Steiner-Waldorf di Reggio Emilia con la partecipazione del Coro Cantus. L’Associazione per la Pedagogia Steineriana di Reggio Emilia è senza scopo di lucro,laica, apolitica. E’stata fondata nel 1991 da genitori, insegnanti e persone sensibili alle tematiche educative, riuniti con il comune intento di far nascere una scuola Steiner-Waldorf a Reggio Emilia. Dal 1995 ha dato vita ad una scuola materna per bambini da 3 a 6 anni: il Giardino d’Infanzia S. Michele. Nel 2002 è iniziata l’esperienza della scuola Steiner-Waldorf, che comprende un ciclo di 8 anni, coprendo così il percorso scolastico della scuola primaria e secondaria di primo grado. I bambini che frequentano la nostra realtà educativa sono attualmente circa 200. Crediamo in una scuola che i bambini e i ragazzi frequentino volentieri, imparando con entusiasmo. Una scuola dove si apprendano tutte le materie curriculari con un approccio artistico ed esperienziale, che veda l’alunno parte attiva del processo di conoscenza,dove talenti e doti di ognuno trovino spazio per la crescita e la completa espressione . Gli allievi hanno infatti la possibilità di sperimentare un ricco programma interdisciplinare che prevede, accanto alle materie accademiche, attività quali: due lingue straniere, musica, canto, lavori manuali, recitazione, pittura, scultura, euritmia, disegno, falegnameria, giardinaggio ed educazione fisica. Il ruolo educativo della musica nella scuola Waldorf (Dalla I° all’ VIII° classe) Una delle peculiarità che da sempre contraddistingue la scuola Waldorf, da altri indirizzi pedagogici, è quella di considerare come fondamentale la conoscenza
delle caratteristiche dello sviluppo evolutivo di bambini e ragazzi. Lontani dal ricorrere a pianificazioni didattiche dai contenuti rigidamente prefissati, si procede quindi orientandosi all’interno di una cosiddetta mappa climatica o Klimaplan, come ci suggerisce Stephan Ronner, insegnante e didatta che da molti anni si occupa di pedagogia musicale Waldorf. Siamo quindi a contatto con vere e proprie zone di sviluppo, che somigliano in pratica a vere e proprie zone climatiche, le quali rappresentano, attraverso la loro dimensione sfumata, i passaggi di sviluppo vissuti dai bambini e dai ragazzi. Pertanto il Piano di studi può intendersi in effetti come Piano dello sviluppo interiore, che partendo dal bambino passa attraverso l’età giovanile, fino a raggiungere la piena maturità dell’uomo: “ tutto ciò deve svilupparsi, trasformandosi in un incontro, in un compenetrarsi, da parte del singolo, con le proprie qualità musicali […] è necessario che la musica accompagni progressivamente la maturazione in senso biografico dell’individuo”.( S. Ronner) Nella scuola Waldorf i bambini vengono inseriti in una comunità, in una classe, in base al proprio anno di nascita. Nei primi tre anni di scuola la musica deve come “ispirarsi” al bambino in divenire e quindi ciò che lo forma ed al tempo stesso aderisce alla sua natura è l’utilizzo di melodie “fluide” che “respirano”. Anche la dimensione ritmica ha a che fare con una qualità “fluida” e cioè con una forza che, scorrendo continuamente è presente in tutto ciò che è vivo e che porta alla vita. E’ importante che le cosiddette forze musicali elementari che ogni bambino possiede possano emergere attraverso la musica: è una musicalità molto elementare, forse primitiva, apparentemente un po’ caotica, “… una musicalità che ha in se già una volontà di formare, di prendere e darsi una forma […]”. Il canto, introdotto per imitazione dall’insegnante, è lo strumento principe di questo approccio pedagogico, una modalità di canto corale, monodico, che utilizzerà melodie costruite su una particolare scala pentatonica: quella anemitonica di Re. Sempre seguendo lo stesso principio, dopo pochi mesi dell’avvio dell’attività del canto corale, si introdurrà poi l’utilizzo di un semplice strumento musicale – il flauto pentatonico – con il quale i bambini sperimenteranno cosa significa produrre suoni ricorrendo uno strumento melodico. Altri strumenti elementari poi verranno utilizzati durante le lezioni di musica, e non solo in quelle di musica: parliamo infatti di campanellini, triangoli, gong, piccoli legnetti, xilofoni, ecc. Sarebbe opportuno – per far sperimentare la dimensione sonora e tattile di una corda pizzicata – utilizzare anche una lira per bambini, costruita ovviamente sempre sulla scala pentatonica. Non dimentichiamo che i bambini vivono le cose in un modo immediato e completamente diverso dagli adulti. In essi, fino agli otto-nove anni, è presente un forte legame con l’elemento melodico: questo può essere definito come una monodia vissuta intensamente. La melodia comunque si accompagna anche ad altro: infatti essa include ancora tutta una serie di qualità unite fra loro; gesto, immagine e testo musicale, costruzione ritmica e formale. Possiamo quindi in questo caso parlare di un vero e proprio primato del Melos. “ Così, nei primi tre anni di scuola si prepara il terreno all’emergere di una prima musicalità, che si esprime innanzitutto nell’essere attivi, nell’agire, partendo da elementi immaginativi, con atmosfere adeguate, e sviluppando percorsi dinamici, in modo che il passo dalla tradizione orale alla cultura scritta trovi già un primo fondamento”. ( Ronner) Il genere di musica frutto della tradizione musicale occidentale invece entra nel repertorio che dalla quarta classe prosegue fino alla sesta. Entriamo in una seconda zona climatica, che sempre Ronner definisce come oscillante-pulsante, un ritmo quindi che acquista gradualmente attraverso il metro, dei contorni precisi. Lentamente, attraverso il canto, ci si muove all’interno di semplici forme musicali: si arte dal canone, fino a toccare esempi tratti delle pagine polifoniche più celebri, scoprendo così anche la notazione musicale e tutte le sue leggi principali. Dopo aver sperimentato alcuni esempi di melodie modali si passa ora al “ mondo del minore e del maggiore” e questo ovviamente porta alla consapevolezza della tonica, la cosiddetta nota di base. L’insegnante fa ascoltare musica strumentale di celebri autori come Bach, Mozart, Schubert, Grieg, Bartòk e altri, ricorrendo all’esecuzione pianistica, in modo da destare meraviglia o invitando a suonare uno o più strumenti ad altri musicisti o allievi più preparati. Questo è anche il momento nel quale entrano nell’orchestra di classe anche altri strumenti ( che affiancheranno i flauti dolci), come il violino, il violoncello, la chitarra, l’arpa, l’oboe ed il clarinetto, ed infine, ma non per ultimo l’immancabile pianoforte. Alla pratica strumentale e a quella corale sarebbe bene affiancare spesso anche quella dell’ascolto di celebri brani musicali. Ci preme qui ricordare che all’attività dell’ascolto sarebbe utile far seguire, ad ogni allievo, anche per iscritto, le proprie impressioni, oppure – utilizzando gli acquarelli – poter ricorrere all’espressività pittorica. Con ciò si vuole stimolare, attraverso l’insegnamento della musica – come sottolinea sempre Ronner – “una maggiore flessibilità nell’apprendimento, un’attenzione molto precisa, nella comprensione della stessa, cogliendo le più diverse impressioni e riflessioni fino ad innescare sofisticati processi di analisi”. Un nuovo percorso interiore a questo punto entra
prepotentemente in scena: entriamo nella terza zona climatica. Dalla sesta all’ottava classe i temi di fondo ricorrenti sono quelli legati alla ricerca interiore del giovane, ai suoi cambiamenti, ai suoi nuovi orientamenti. “ E’ in questo momento che gli studenti si accorgono maggiormente della presenza di una tensione all’interno della musica stessa, cioè sono più aperti a scoprire i contrasti e il lato espressivo di quest’arte, sentendo la vicinanza emotiva di questa disciplina al proprio percorso evolutivo. La struttura della battuta fa emergere qualcosa che potrebbe far pensare ad una sorta di legame con la gravità: si collega pertanto gradualmente il flusso musicale alla forza di gravità. Mentre prima ci trovavamo al centro dell’infanzia ( movimento fluttuante) ora siamo testimoni del suo esaurirsi; il centro si sposta sempre più verso la soggettività, in quanto il mondo viene percepito attraverso una visione del tutto soggettiva”; il movimento diviene ora misurato. Attraverso la musica ci si spinge fino a continenti e culture lontani. Le forme musicali più utilizzate sono quelle della Chansons francese, le Canzoni italiane, i Songs o le Ballate. Tutto ciò che è noioso e vuoto viene criticato senza pietà. Invece è utile ricorrere a tutto ciò che è comune, ciò che risuona nei giovani e che trova un eco in loro. Nel periodo drammatico tra infanzia ed adolescenza si vivono sentimenti forti: paure, gioie, uno sbocciare di colori, oppure atmosfere di cupo pessimismo. Si vive nella dimensione della polarità. In questa zona climatica quindi incontriamo il fenomeno della melodia accompagnata e quindi dell’armonia: si afferma l’importanza centrale del fenomeno dell’accordo. Giunti al termine di queste riflessioni volevo riportare un’ ultima citazione tratta dal testo, sempre di Stephan Ronner, Perché insegnare musica? Edizioni Clast, 2005, dove si descrive, in modo sintetico, ciò che bambini e ragazzi imparano durante una lezione di musica. Vediamo quindi quali sono nell’insegnamento della musica le principali qualità necessarie che vengono sviluppate per affrontare le sfide della vita di oggi e di domani:
• Suonando insieme nasce il senso del rapporto tra il tu e l’io, tra lui e lei, cioè tra noi; maturiamo come gruppo che fa musica, oltre ad imparare a lavorare in gruppo;
• Nel canto a più voci, nell’improvvisazione e nel sovrapporsi di ritmi che scorrono non sempre paralleli, oltre che nei cambiamenti di armonia, in questo intreccio musicale dinamico s’impara la flessibilità.
• Nei processi creativi si cerca di stimolare, di esercitare e di promuovere la creatività, ciò che deve determinare tutto il lavoro musicale;
• Capacità innovative: l’imparare a comporre, ad esempio, implica lo svolgere un’attività approfondita, che mette in gioco varie abilità, che ha anche un aspetto di improvvisazione e pone le basi per ciò che verrà in futuro;
• La sicurezza di se stessi: va curata fin dall’inizio, per esempio la capacità autonoma di cantare in un gruppo, grande o piccolo, e persino in veste di solista, la possibilità di risvegliare negli altri un entusiasmo autentico;
• Nel campo delle improvvisazioni elementari si esercitano anche capacità comunicative non verbali. Per molte persone questo livello rappresenta un confronto primario ma molto radicale con il fenomeno dell’ascolto vero, dove il nucleo di ogni conversazione rappresenta innanzi tutto la capacità di dedizione e nello stesso tempo una presenza vigile;
• Non ultima, la capacità di integrazione che viene messa in pratica quotidianamente, cioè quell’agire insieme in cui le diversissime capacità di ogni studente vengono sperimentate in modo costruttivo; se ciò non avviene, il proprio processo musicale non può avviarsi;
• Gli studenti devono quindi imparare a compensare i deficit, propri e altrui, nonché a trovare un equilibrio fra i propri punti deboli e quelli forti.
Il “fare musica” nella scuola Waldorf quindi è un momento fondamentale dell’agire pedagogico, un elemento essenziale di una Bildung, di una Formazione caratterizzata da una forte dimensione relazionale intersoggettiva ed espressiva. In questa fondamentale attività artistica sono quindi presenti i semi delle azioni future dell’individuo. Vedremo così che è proprio di quest’arte assumere la dimensione della speranza che , come diceva il filosofo tedesco Ernst Bloch, ci conduce ad intraprendere un pellegrinaggio nelle profondità del Sé e del Noi. Ed è proprio attraverso l’ascolto musicale che si aprono spazi per l’ascolto interiore, divenendo quindi possibile percepire e scoprire se stessi nell’appartenenza ad una comunità. Infatti l’instaurarsi di una vera e propria comunione diventa possibile proprio grazie all’appartenenza a questa specifica comunità. ‘Frate Francesco’ – Ritratto Musicale Un messaggio universale Il libretto, scritto dalla autrice svizzera Rose Aggeler, porta come sottotitolo “Ritratto musicale”. Ma che cos’è, in fondo, un ritratto? Potremmo dire che si tratti della traduzione in forma artistica di un messaggio, profondo e universale come certamente è quello francescano, ancora attualissimo: nella figura di San Francesco si fondono poesia e verità. Egli aprirà una nuova stagione espressiva; una nuova sensibilità si trasfonderà sia nell’arte figurativa sia nella letteratura: dopo di lui la natura sarà ritratta nella sua forma sensibile, i concetti di ritratto e di paesaggio si coloreranno di un più vivo realismo, di un rinnovato gusto del racconto. Ecco quindi ciò che ritroviamo tra le pagine musicali di Frate Francesco. Il Cantico delle Creature, a cui Appenzeller si è ispirato, ci narra di luoghi, animali e piante come immersi in un’atmosfera comune, colti nell’intimo e profondo legame da loro vissuto. Se il Cantico delle Creature è un compendio di diverse tematiche, Frate Francesco riesce pienamente a cogliere e a tradurre in musica una serie di quadri e immagini veramente suggestivi: al di là di un’unica, ma toccante allusione al ritorno futuro del Sole come immagine della divinità, le stelle, il vento, le nubi, il cielo, il fuoco, i fiori, l’erba sono visti ed amati nel loro essere sensibile, nella loro bellezza naturale. Nella meraviglia di uno sguardo infantile rivolto a un fiore, a un albero, nel notare gli animali con le loro peculiari caratteristiche, noi leggiamo le tracce di un percorso ben preciso, troviamo le indicazioni di una vera e propria parabola evolutiva il cui soggetto è l’essere umano. Si parte dall’infanzia – quasi dall’indistinto – dalla fusione con il mondo, per passare alla sua conoscenza, alla sua misurazione,alla sua collocazione, in un viaggio verso il raggiungimento di uno stadio tutto interiore di maturazione. Vediamo ora i momenti più significativi dell’ opera Frate Francesco. Dopo la toccante esecuzione del Cantico delle Creature e del Prologo, il coro narratore accompagna e sostiene i brani vocali eseguiti dagli alunni di tutte le classi. Sono i bambini più piccoli ad iniziare. Come il Cantico delle Creature ricorda le bellezze del creato, così la narrazione musicale ci introduce nel regno della natura partendo dall’ulivo, a cui seguirà la spiga, il rovo e la margherita. Sarà poi la volta della seconda classe, che ci svelerà il mondo animale, in particolar modo quello degli uccelli, così cari a Francesco. La terza classe porta in scena altri animali, con canti che rievocano prima le caratteristiche della lumaca, poi dei pesci, delle caprette, della lucertola ed infine degli agnelli e dei serpenti. Da questo mondo animato si passa a rappresentare, simbolicamente, i quattro elementi: terra, acqua, fuoco e aria, affidati al canto delle classi quarta, quinta e sesta. Con la settima classe ci muoviamo nella dimensione dello spazio cosmico: i ragazzi rappresenteranno il movimento dei pianeti e il fascino del cielo stellato. Nella ricerca di una nuova identità l’essere umano sperimenta il movimento: ciò che spinge alla ricerca di se stessi passa appunto per il movimento, sia esteriore, sia interiore. Il tema è la ricerca del proprio ideale, sulle orme di un vero e proprio pellegrinaggio, di quella pratica che proprio San Francesco ha fondato in Occidente.
In quest’ultimo quadro ascolteremo il Canto dei pellegrini eseguito dai ragazzi di ottava classe. Prosegue l’opera il coro narratore con Dolore, Stelle e Risveglio, in questi canti, che richiamano i versetti VII e VIII del Cantico, risuona lo stato d’animo che corrisponde all’età dei 17, 18 anni. Frate Francesco si conclude con la ripresa del Cantico in un emozionante finale eseguito da tutti gli alunni della Scuola e dal Coro Cantus. Peter Appenzeller è nato a St. Moritz nel 1955. Diplomato in pianoforte, è direttore di coro, insegnante di musica, compositore e formatore. Dirige varie compagini corali in Svizzera, dove risiede, e in Italia. Conduce seminari di formazione musicale in Europa. Ha composto canti e oratori per bambini e adulti. È autore di tre libri di canti in ladino e tedesco: Eu sa d’iina staila, Muond surdorà, Die Liederspirale. Ha composto diverse fiabe musicate, tra cui, Asaria, per bambini, adulti e orchestra; Christophorus, per bambini, adulti e orchestra; La canzun dil Rhein, per coro maschile e ottoni; Oratorio di Natale 08 in ladino, per coro misto e ottoni; Oratorio di Natale 10 in tedesco, per coro misto e strumenti. Il Coro Cantus Il coro Cantus, formato da 25 elementi, nasce nel 2007 sotto la direzione del Maestro Peter Appenzeller, grazie all’impegno di musicisti professionisti e insegnanti di musica provenienti da scuole Waldorf italiane e svizzere, che già da un decennio collaborano condividendo momenti di studio, stages di formazione e concerti. Lo studio del Requiem di Mozart ha portato alla presentazione di un lavoro in forma di concerto, strutturato con il solo coro a 4 voci e l’accompagnamento del pianoforte. Questo concerto è stato presentato presso la Sala Teologica della Basilica del Santo a Padova,nella chiesa di S. Giacomo Maggiore a Bologna,nell’ Abbazia cistercense di Valvisciolo in Sermoneta e nella chiesa di S. Michele a Conegliano Veneto. Nel 2011 ha lavorato alla messa in scena dell’opera musicale Frate Francesco, scritta e diretta dal Maestro Appenzeller, in collaborazione con la scuola steineriana “Maria Garagnani” di Bologna e rappresentata al teatro Testoni della stessa città. Nel 2012 ha partecipato alla realizzazione dell’opera Il Flauto magico di Mozart in collaborazione con Liceo scientifico statale “Grassi”di Latina, rappresentando l’opera presso il teatro cittadino. L’ultimo progetto ha visto il coro Cantus impegnato nello studio e nella concertazione della Mariazeller- Messe per coro a 4 voci di Joseph Haydn, eseguita a Milano nell’aprile del 2013 presso la Chiesa di S.Maria delle Grazie al Naviglio. La seconda parte del concerto ha visto la partecipazione degli allievi della II, III e IV classe della scuola steineriana Cometa di Milano che, insieme al Coro Cantus hanno presentato alcuni brani tratti dall’opera musicale Frate Francesco.
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