Quando porre le giuste domande diventa fondamentale…….
Ogni tanto ho il privilegio di essere chiamato a far parte delle Giurie di Concorsi Corali Internazionali. Mi piace questo tipo di esperienza soprattutto perché il dover seguire e valutare gruppi, cori ed artisti è per me fonte di arricchimento professionale e personale. Qualche anno fa ricordo che ad un grande Festival in Inghilterra conobbi una collega di giuria, Vivien Pike, che aveva avuto una lunga carriera sia come direttrice di cori, insegnante in tutta Europa ed esperta di problemi di vocalità. Una mattina, durante i giorni del Festival, saputo che stava conducendo un Masterclass per cantanti, le chiesi se potevo seguire le lezioni, giusto come spettatore. Così, non appena la classe di concorso dove ero impegnato in giuria finì la sua prova, mi precipitai nella sala dove stava iniziando la sua lezione. Arrivai mentre un cantante stava tornando al suo posto e così sedetti, senza disturbare, nelle ultime sedie della stanza. Tirai fuori il mio fido notebook per scrivere tutto ciò che poteva essermi utile ricordare di quella lezione.
Lei stava seduta su una sedia vicino al pianoforte a coda, su un bassa pedana alla fine della sala, guardava verso i partecipanti seduti ed ad un certo punto disse: “Bene, Michael, vorresti venire qui a cantare qualcosa per noi?” Io annotai sul mio notebook “conosce il suo nome”; è stata questa la prima importante lezione che ho appreso quella mattina. Vivien si era presa l’onere di imparare i nomi dei corsisti così da essere in grado di comunicare con loro in modo molto diretto evitando di dire solamente “Il prossimo, prego”.
Michael, un tenore allampanato e di statura elevata, si avviò nervosamente verso la pedana. Guardò verso il pianista collaboratore, si schiarì la gola e cominciò a cantare, purtroppo per lui, poco bene. Finita la sua esibizione ci fu da parte dei presenti un applauso di circostanza. Da lì a poco mi sarei aspettato che la Sig.ra Pike gli dicesse, pubblicamente, che avrebbe dovuto studiare molto di più per giungere a livelli accettabili. Invece lei lo guardò in modo incoraggiante e disse “Bene, Michael, quale era l’argomento del brano che hai appena cantato?” Lui la guardò un poco perplesso e rispose: “E’ la storia di due giovani innamorati”. “Sì” – aggiunse lei – “e cosa succede nel primo verso?” Michael ci pensò un attimo e disse “Il ragazzo dice questo e questo…. alla ragazza”. “Quasi giusto, Michael, ma cosa pensi che egli stesse veramente provando mentre glielo diceva?” La domanda colpì nel segno perché Michael, quasi subito, rispose: “Io credo che lui stesse pensando questo e questo….”. Poi Vivien, allo stesso modo, lo fece riflettere sul significato del secondo verso (altro non era che la risposta della giovane innamorata al suo ragazzo). Naturalmente Michael non aveva mai assolutamente considerato il significato vero del brano e così le domande della Sig.ra Pike lo avevano fatto riflettere molto più in profondità. Lei, continuando allo stesso modo per tutti gli altri versi, lo aiutò a ricreare nella sua mente cosa realmente stesse succedendo tra i due ragazzi, protagonisti di quel canto.
Vivien non diede a lui alcun aiuto o consiglio di cosa dovesse fare per migliorare la tecnica vocale. No! Dopo avergli solamente rivolto quelle domande sul significato del pezzo, tutto ciò che aggiunse fu: “Bene Michael, ti prego di cantare nuovamente quel brano per me!”. E Michael cantò ancora. Ma, mio Dio, con quale differenza ora! Quando eseguì il primo verso, interpretando l’innamorato, fremeva con grande veemenza mentre quando cantò la replica della giovane lo fece con delicatezza e passione. Fu una magnifica esecuzione che fece risorgere il brano a nuova vita e che gli riservò un tumultuoso applauso.
Cosa e quanto disse Vivien per ispirare Michael a cambiare tanto drammaticamente la “performance”? Non disse proprio nulla! Si era semplicemente adoperata a tirar fuori da quel cantante quanto egli aveva nel suo animo ma che, inconsapevolmente, aveva relegato in uno spazio non accessibile agli abituali automatismi. Io ero stupito da quello che Vivien aveva raggiunto solamente ponendo le giuste domande e sono sicuro che non avrebbe mai potuto realizzare quella mutazione impartendogli delle “aride considerazioni tecnico-vocali”. Non ho mai più dimenticato quell’esperienza perché essa ha cambiato il mio modo d’insegnare. Quando lavoro con il Coro, cerco sempre di fare riflettere i cantori con domande del tipo: “Abbiamo veramente cominciato insieme?”, “Abbiamo cominciato il crescendo troppo piano o troppo forte?”, “C’era una nota sbagliata in quella battuta; qual’era? Chi mi può cantare quella giusta?” Porre la domanda corretta è un modo infallibile per assicurarsi che i cantanti ricorderanno al concerto quanto appreso durante le prove, proprio perché lo avranno fatto da loro stessi e solo con l’ausilio di piccoli stimoli utili a ragionare. Il mio debito a Vivien, per il metodo che quel giorno mi ha insegnato, è immenso e sono sicuro che esso sarà utile anche a tutti i colleghi direttori!
Scrivi un commento