Raccontare la storia di un coro
Illustrare le formule didattiche
Presentare la metodologia dell’apprendimento musicale
Convincere i genitori dell’importanza di un’esperienza corale
Le Voci Bianche del Coro Farnesiano nascono nel 1976 per iniziativa del Maestro Roberto Goitre, allora docente presso il Conservatorio di Musica G. Nicolini di Piacenza. Qualche anno prima, nel 1972, il maestro Goitre aveva pubblicato il “Cantar leggendo” e da entusiasta voleva realizzare quanto aveva teorizzato.
Nacquero così i corsi di propedeutica musicale e poco dopo era pronto un coro di voci bianche. La formula didattica era quindi molto chiara: corsi di preparazione, selezione naturale o quasi, ingresso nel coro. Ma per reggere il grande avvicendarsi delle voci che nel corso di sette anni ( da 8 a 15 ) cambiano continuamente la compagine corale occorrevano, oltre che delle idee teoriche, dei risultati concreti, tangibili.
Nel corso degli anni i corsi di propedeutica diventarono sempre più importanti ed articolati: si passò da un corso annuale a due anni di corso, poi a tre anni e infine ad una struttura che prevedeva un corso preparatorio per il terzo anno di Scuola Materna (5 anni) e tre anni di corsi propedeutici. Un progetto didattico di così lunga durata aveva bisogno di un filo conduttore che portasse i bambini ad apprendere il linguaggio musicale proprio come una seconda lingua:
la metodologia didattica del “Cantar leggendo” !
Il problema che si presentava nel X secolo a Guido d’Arezzo era quello di poter insegnare ai bambini, con un sistema semplice, a decifrare il linguaggio dei suoni e quindi cantare con facilità a prima vista canti mai uditi. Dopo quasi un millennio il problema si presentava così a Zoltan Kodaly: come poter leggere la musica in modo semplice che privilegiasse il suono alla cerebrale dizione parlata dei nomi. Zoltan Kodaly trovò nella pedagogia musicale di Guido la genuina radice di una didattica sicura e funzionale e sulla matrice guidoniana fondò la sua linea didattica. Roberto Goitre, quando in un suo viaggio in Ungheria si rese conto dei brillanti risultati di questo lavoro, non perse tempo: aveva trovato quanto da anni cercava, l’idea madre del suo progetto di alfabetizzazione musicale. Esaminò progetti e programmi della scuola ungherese e soprattutto studiò attentamente la metodologia di Kodaly e in modo particolare quella di Guido d’Arezzo. Nel 1972 era pronto il “Cantar leggendo” un libro appunto più da cantare che da leggere!
Attorno a questo libro sono nati poi una serie di esercizi giornalieri, consigliati in parte nel libro stesso e in parte frutto dell’esperienza del Coro Farnesiano nel corso di questi anni, che rappresentano l’ossatura della pratica quotidiana del “Cantar leggendo”. Esaminiamo ora queste formule didattiche che permettono di sentire, riconoscere e riproporre il suono per poi avere un rapporto attivo nell’ambito della lettura cantata e cioè saper leggere la musica attraverso i segni, tenendo conto soprattutto del rapporto degli intervalli.
Le abilità di lettura e di canto vengono così supportate da una serie di esercizi che mirano a sviluppare in concreto le capacità personali del bambino.
Analizziamo quindi ogni punto cercando di cogliere le motivazioni didattiche e le valenze metodologiche.
La lettura chironomica (lettura sulle dita della mano che indicano mimicamente le relazioni di intervallo) rappresenta la fase avanzata della capacità di memorizzare e ripetere un intervallo da qualsiasi punto della scala, portando il bambino ad una predisposizione alla relazione immediata e quindi quasi spontanea.
La lettura chironomica si può realizzare ad una voce, a due e anche a tre voci. Naturalmente la difficoltà di esecuzione sarà soprattutto di coordinamento. Sempre con la lettura chironomica si può predisporre un vocalizzo estemporaneo come preparazione ad un canto e come esercizio di vocalità.
La lettura chironomica con mutazioni rappresenta il momento più interessante della lettura con il sistema del do mobile; con la mutazione si ritorna all’antico: alla metodologia guidoniana. Con Guido d’Arezzo mutare significava utilizzare con perizia i tre esacordi naturale, molle e duro e quindi solmisare era la capacità di passare da un esacordo all’altro mediante la sostituzione delle sillabe.
Oggi per noi mutare ha un significato molto più ampio poiché le tonalità e la modulazione hanno notevolmente arricchito le possibilità di mutare.
Nella lettura chironomica la mutazione avviene dopo una precisa richiesta del maestro di mutare un suono dal nome x al nome y e quindi come effetto si
produrrà una nuova concatenazione dell’intervallo
che prenderà come punto di partenza il nuovo nome. La mutazione quindi serve a poter identificare una relazione diversa in modo molto veloce, arrivando ad una elasticità mentale davvero notevole.
La lettura chironomica con alterazioni. Alterare un suono significa innalzarlo con un diesis o abbassarlo con un bemolle. Con il do mobile ogni alterazione viene identificata con un nome, quindi i cinque diesis e i cinque bemolli hanno tutti un nome preciso: di ri fi si li e ta lo sa ma ra, desinenza -i per i diesis e desinenza -a per i bemolli. Unica eccezione il la che avendo già la desinenza a viene chiamato lo.
L’utilizzo di nomi diversi per suoni diversi porta ad una maggiore possibilità di identificare il suono e ad una notevole precisione di intonazione. L’intervallo cromatico verrà indicato dal maestro con un solo dito invece delle due dita che indicano l’intervallo diatonico.
Scale cromatiche. La scala cromatica è costruita ascendendo con i cinque diesis e discendendo con i cinque bemolli. Diremo quindi:
do DI re RI mi fa FI sol SI la LI ti do do ti TA la LO sol SA fa mi MA re RA do
Dopo una buona ripetizione sia ascendendo che discendendo, con particolare attenzione all’intonazione, si può procedere anche per terze a canone, quindi per moto contrario e con ritmi diversi.
La lettura mentale è un esercizio fondamentale per l’affinamento dell’orecchio interno. Abituarsi ad immaginare i suoni significa acquisire capacità di controllo costante dell’intonazione e della relazione dei suoni stessi.
E’ esattamente il contrario di chi si abitua a cantare ad orecchio.
Nella pratica per lettura mentale si intende leggere sulle dita come nella normale lettura chironomica, ma ad un cenno del maestro, si sospende il canto per seguire mentalmente la concatenazione degli intervalli per poi dichiarare, ad un cenno del maestro, qual è il nome e l’intonazione dell’ultimo suono.
Nella lettura mentale con mutazioni le cose si complicano un pochino poiché, oltre a seguire mentalmente le relazioni degli intervalli, bisogna anche mutare l’ambiente tonale e questo non è molto facile senza la possibilità di verificarlo in modo sonoro.
L’esercizio porta ad una buona elasticità mentale molto utile al futuro musicista -cantore.
Tutto si svolge come nella lettura mentale soltanto che la mutazione viene di volta in volta dichiarata a voce dal maestro.
La lettura a tre parti parallele rappresenta un ulteriore affinamento delle capacità musicali. L’ orecchio interno, che ha già sviluppato con la lettura chironomica una buona capacità di controllo dell’intervallo, deve ora confrontarsi con le altre due voci che procedono sì per intervalli paralleli, ma partendo da punti diversi. Il maestro porta le tre voci ad una disposizione che ritiene opportuna al gruppo e con un gesto circolare indica l’inizio della lettura a parti parallele.
Glissati. Nel percorso di educazione dell’orecchio trova spazio questo moderno esercizio di intonazione che non contempla la scomposizione di un intervallo per toni o semitoni, ma prende in esame solamente il punto di partenza e il punto di arrivo.
Per realizzare l’intervallo il cantore dovrà raggiungere i due estremi come scivolando su di un tappeto sonoro. Chironomicamente il maestro,
dopo aver stabilito l’intonazione di partenza, indicherà prima l’intervallo con le dita quindi muovendo la mano stabilirà la velocità di raggiungimento dell’intervallo stesso.
Il canone: la formula didattica per eccellenza nell’insegnamento del canto corale, con la quale i compositori di ogni epoca si sono destreggiati nel predisporre formule per ogni tipo di difficoltà. Il canone estemporaneo che ci interessa in questa esposizione si realizza in due modi: uno ritmico ed uno melodico.
Il canone ritmico viene proposto dal maestro utilizzando fonemi dei simboli musicali mentre il canone melodico viene proposto utilizzando le sillabe guidoniane.
Nella pratica il maestro propone all’ascolto due misure e i bambini, sulla seconda misura proposta, devono già imitare la prima, mentre il maestro passa a proporre la successiva instaurando così un processo di ripetizione a distanza di una misura. Ciò implica quindi la capacità di ascoltare, pensare, memorizzare e ripetere allo stesso tempo.
Nella proposta didattica è bene procedere per gradi di difficoltà:
a) proposta di una cellula ritmica o melodica seguita da pause
b) proposta di una cellula seguita da un valore lungo
c) proposta di una cellula seguita che procede con andamento libero.
Durante l’esecuzione se il gruppo dimostrasse difficoltà sarà cura del maestro ritornare alla formula più facile per poter procedere nel modo migliore.
Esercizio di riconoscimento di brevi frasi melodiche. Il maestro propone con la propria voce o con uno strumento una breve frase melodica: i bambini devono intuire l’ambito tonale e rispondere nel modo più naturale con il nome dei suoni. Dopo aver affermato varie situazioni melodiche in un ambito tonale è bene spostarsi in diversi ambiti tonali: l’orecchio si abituerà ad individuare le nuove strutture melodiche e a ricostruirne l’identità musicale.
Esercizio mnemonico. La memoria è un sussidio importantissimo per il musicista che va continuamente allenato e sviluppato con ogni tipo di esercizio. Esempio:
Il gioco dei colori come preparazione ai giochi musicali.
Il maestro propone ai bambini due colori: rosso, giallo
I bambini rispondono immediatamente: rosso, giallo
Il maestro ripropone rosso, giallo e aggiunge verde, blu
I bambini ripetono: rosso, giallo, verde, blu
Il maestro continuerà a ripetere da capo e ad aggiungere due nuovi colori fino a quando sarà possibile. Chi sbaglia per primo avrà perso!
E’ importante una proposta ed una ripetizione a cadenza ritmata.
Con le cellule melodiche il procedimento è identico.
Il piano vivente. Il principio del piano vivente è il seguente: ogni bambino deve compiere un determinato gesto, emettere un determinato suono, produrre un determinato rumore al cenno del maestro. lo scopo del piano vivente è di sviluppare le capacità di attenzione, concentrazione e prontezza di riflessi. Il piano vivente si può realizzare in tantissimi modi: con fonemi, con rumori, con suoni, in gruppi o affidando un compito ad ogni singolo bambino. La realizzazione: il maestro si comporterà come se suonasse un pianoforte vero, quindi dopo aver affidato i vari compiti indicherà in modo preciso un gruppo che risponderà al comando nel modo designato.
Crescere con il canto, immersi nel mondo dei suoni, imparando ad usare lo strumento più bello e perfetto che la natura ci ha dato: non è una cosa straordinaria per un bambino?
Cosa può desiderare di più un genitore che vuole dare al proprio figlio delle possibilità di crescita?
La musica è una grande arte; ma chiede molto: impegno costante, studio, prove, prove , prove…. quanta fatica!
Il segreto sta nel cambiare la fatica in gioco e per un bambino è molto facile.
Se si riesce a far cantare e suonare un bambino come se si trattasse di partecipare ad un bel gioco allora il gioco è fatto.
Molti genitori vorrebbero capire subito se il proprio figlio è portato per la musica… forse per prima cosa dovrebbero osservare quanta voglia ha di fare musica.
Il coro è il miglior modo per avvicinarsi alla musica e per capire se è il caso o no di farla diventare una cosa molto importante nel proprio futuro.
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