E’ Maestro di Cappella nella Basilica di S. Luca, dal 1954 al 1962; nella Parrocchia di S. Anna a Bologna, dal 1963 al 1972; in Cattedrale a Bologna col CALAB dal 1964 al 1975; della Cappella musicale di S. Biagio nella Collegiato di S. Biagio di Cento (Fe) dal 1970 al 2006; a Budrio (BO) dirige la Corale Bellini, dal 1976 al 1977; alla parrocchia dell’Immacolata di Bologna nel 1987 fonda l’omonima Cappella Musicale. Tiene corsi di aggiornamento di musica e canto gregoriano per insegnanti, corsi di Musicologia per studenti italiani e stranieri; insegna all’Istituto diocesano di Musica Sacra di Modena; tiene corsi di Canto Gregoriano; trascrive musiche antiche; riordina gli Archivi Musicali della Collegiata di San Biagio di Cento e della Società corale “Euridice” di Bologna; è relatore a convegni sull’Iconografia musicale e sulla tutela del patrimonio bibliografico musicale.
E ’ Responsabile del Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna, (olim Civico Museo Bibliografico Musicale) dal 1976 al 1993. Qui Giorgio diventa per studiosi e ricercatori il punto di riferimento obbligato, sia per la sua conoscenza diretta dell’immenso tesoro librario/documentario, sia per la sua grande disponibilità umana e professionale. A questo proposito desidero ricordare la sua segnalazione che consente di scoprire e riconoscere in alcune composizioni musicali quelle che il Guercino affrescò tra il 1615 e il 1617 in una stanza dell’abitazione di Bartolomeo Pannini, a Cento (Fe) in Borgo di Mezzo, oggi Corso Guercino. Ma Giorgio non si accontenta di “aspettare le richieste” e vuole aprire al mondo questa struttura museale: propone, ad esempio, la trascrizione e pubblicazione di musiche inedite ivi conservate, a cura di giovani musicisti e ricercatori, per cui il Museo diventa centro propulsore di inediti e occasione per giovani interpreti di farsi conoscere: ricordo, tra gli altri, “Kyrie e Gloria alla Pastorale per la notte di Natale, per soli, coro e orchestra d’archi” di G.A. Riccieri, a cura di Giorgio Piombini, “Le Sonate per Organo” di G.B. Martini, a cura di Davide Masarati, ecc. Al suo deciso interessamento si deve l’attuale prestigiosa sede del Museo Internazionale della Musica di Bologna in Strada Maggiore 34. Liuwe Tamminga, concertista e organista di S. Petronio in Bologna, racconta che entrare in Biblioteca, per gli studiosi era come entrare in Paradiso. L’ambiente era accogliente, professionale ma umano, competenza e affabilità erano i tratti che apparivano subito allo studioso che veniva quasi coccolato in questo “Sancta Sanctorum” della musica.
Pubblica per le Edizioni Fondazione Levi di Venezia, 1983, gli Indici della rivista “Note d’archivio per la storia musicale” 1924-43 con la premessa di Oscar Mischiati; per i tipi Eurarte, 2004, pubblica le “Composizioni inedite per Organo”di Enrico Drusiani, mentre nel 1987 aveva pubblicato su “L’Archiginnasio” “La prima dello Stabat Mater all’Archiginnasio”.
Così lo ricorda Pier Paolo Scattolin: “(…) la sua casa era per lui uno strumento musicale, dove organo, clavicembalo, pianoforte si incrociavano in maniera raffinata e continua (…) era inseparabile dal Coro della Collegiata di San Biagio di Cento così come dal suo berretto da operaio della musica (…) la sua migliore azione didattica si esprimeva nell’andare incontro alle persone che studiavano musica partendo da posizione veramente umili; Giorgio si potrebbe definire il musicista ideale per coloro che in qualche maniera trovavano difficile il percorso accademico o per quelli che addirittura ne erano stati respinti (…), la ricerca e lo studio hanno sempre caratterizzato la sua azione, dall’attività di direttore di coro a quella di ripristino ad uso liturgico degli organi, allo studio musicologico del repertorio corale e della catalogazione (…)”.
Non ha mai dimenticato le sue origini montanare: per questo ha saputo trasfondere nella musica un valore fondamentale della sua montagna, quello della continuità, per cui ha saputo “seminare”, mettere a dimora tante piantine, tra le quali una delle più belle è la Rassegna “Itinerari Organistici nella provincia di Bologna”. Da sempre aveva compreso che l’inesorabile avanzare della tecnologia e dell’elettronica avrebbe rischiato di confinare a ruolo di inutili cimeli questi tesori musicali unici ed irripetibili di storia, di cultura e di religiosità. Grazie anche al progressivo coinvolgimento in questa titanica impresa di Enti pubblici e privati, fra i quali la Provincia di Bologna, la Sovrintendenza ai Beni Culturali, il Gruppo di Studi Savena-Setta-Sambro, le Comunità parrocchiali, si è ottenuto dall’estate del 1986 in media, un restauro all’anno di organi presenti nelle chiese dell’Appennino bolognese.
Ricordo
a cura di Davide Masarati
Ho collaborato con Giorgio Piombini per venticinque anni e prima di me, per altri undici anni, mio padre. Trentasei anni di vita musicale, di rapporto entusiasticamente collaborativo: due organisti e un maestro del coro uniti da una costante e convinta dedizione al servizio musicale nella liturgia, in un contesto, quello della Cappella Musicale di S. Biagio di Cento, straordinario per longevità e continuità (attività ininterrotta sin dal 1589). Visto il lungo periodo vissuto insieme nella appassionata attività musicale e soprattutto per la sincera amicizia e reciproca stima che ha sempre legato chi scrive e Giorgio Piombini, mi permetterò di chiamarlo per nome in questo breve resoconto e omaggio al suo lavoro e alle sue opere.
Succeduto a mio padre nella carica di organista titolare nel maggio del 1981, fui immediatamente coinvolto da Giorgio nell’arricchimento del repertorio della Cappella Musicale. La buona conoscenza da parte mia delle potenzialità dell’organo dei Fratelli Benedetti della Basilica e la condivisa volontà del maestro di evitare accuratamente le “pallide” composizioni liturgiche per organo e coro realizzate negli anni del post-concilio, caratterizzarono per tanti anni e caratterizzano tutt’ora l’azione musicale liturgica della Cappella di S. Biagio.
Giorgio ha compiuto una preziosa opera di ricerca, selezione e studio di decine di brani di autori quali Haendel, Bach, Haydn, Mozart, brani che ottimamente si prestano ai tempi e ai caratteri dei vari momenti della liturgia.
Terminata questa solitaria fase preparatoria, pazientemente iniziava il suo lavoro direttoriale con un coro formato perlopiù da cantori appassionati, senza particolari conoscenze musicali; contemporaneamente svolgeva un paziente lavoro di trascrizione della partitura orchestrale e di riduzione per l’organo. Giorgio in questo era davvero abile e i suoi lavori risultavano da subito di grande effetto e perfettamente rispondenti alle esigenze esecutive dell’organista. E fu così che la Cappella Musicale di S. Biagio si è distinta per un uso “orchestrale” dell’organo e tanti capolavori, tratti dalle opere sacre e dagli oratori dei più grandi compositori del barocco e del classico, accompagnarono innumerevoli momenti liturgici, con buona pace di Monsignor Baviera, il parroco di S. Biagio, fervente appassionato della musica dei grandi. Giorgio, appena ve n’era l’occasione e la sostenibilità economica, rispolverava la partitura orchestrale, impugnava la bacchetta e dirigeva col pieno organico, dando vita ad eventi indimenticabili, come nel 1989, quarto centenario della Cappella Musicale di S. Biagio con l’esecuzione della Messa del Riccieri, autore “riscoperto” e fatto rinascere dalla solerzia del nostro. Mi ci volle qualche anno per scoprire che Giorgio era diplomato sia in pianoforte che in clavicembalo: modestia di altri tempi che a volte mi parve quasi eccessiva. Ricordo che in occasione di un concerto c’era da accompagnare, al clavicembalo, un flautista. Giorgio cercò di smarcarsi chiedendo a me se ero disponibile, ma io gli dissi che tra i due era lui il diplomato in clavicembalo e così potei vederlo all’opera (l’unica volta) come esecutore e fui sorpreso non solo per l’impeccabile esecuzione, ma anche per la musicalità e la perfetta conoscenza delle prassi esecutive della musica antica. In un mondo dove conoscenze altolocate e curricula enciclopedici rappresentano comode chiavi di accesso ai ruoli che contano, Giorgio si destreggiava con saldo sapere musicale (pudicamente poco vantato), con virtuosa costanza nell’impegno, con una passione incrollabile per il repertorio storico del periodo “aureo” della musica sacra, quello che va da Palestrina a Mozart.
Come direttore di coro Giorgio era bravo e capace, poteva vantare un’esperienza di oltre mezzo secolo, vissuta presso le realtà corali più importanti della diocesi di Bologna e possedeva una conoscenza straordinaria della liturgia, che gli permetteva di guidare coro, organista e fedeli con precisione assoluta.
Lavorare insieme per tanti anni ci permise di superare anche la difficoltà logistica della distanza fisica del coro dall’organo, problema che ha indotto (ahinoi) molti parroci a realizzare consolle elettriche o ad acquistare organi elettronici e pianole da sistemare in mezzo ai coristi. Dopo un paio d’anni di rodaggio, l’intesa divenne davvero perfetta e questo ci permise di affrontare brani sempre più impegnativi: parti della messa in si minore di Bach, i mottetti di Mozart, ed alcune composizioni del repertorio del barocco bolognese.
Nel suo lavoro di bibliotecario del Civico Museo Bibliografico Musicale di Bologna, Giorgio fu punto di riferimento importante e spesso vitale per innumerevoli studiosi provenienti da tutto il mondo. Io stesso, allievo poi neo diplomato del Conservatorio Martini di Bologna, mi rivolsi a lui tante volte nelle azioni di ricerca e sempre ottenni risposte certe. Il suo lavoro, anche in questa attività, rivelò sempre una sano desiderio di migliorare, di rinnovare, di valorizzare, non per il desiderio di personale “visibilità”, ma con lo scopo di dare visibilità agli immensi valori librari posti sotto la sua responsabilità, e di coinvolgere e gratificare i suoi collaboratori che quotidianamente e con lo stesso
entusiasmo lavoravano nella storica sede di Piazza Rossini. Ricordo che Giorgio si muoveva tra le migliaia di opere del CMBM con una sicurezza assoluta, andando a segno, in pochi minuti, anche nella ricerca più difficoltosa. Tanti sono i musicisti che hanno goduto della sua collaborazione e dei suoi ritrovamenti: musicologi, organisti, cembalisti, direttori di coro, filologi. Giorgio era fatto così, non serbava gelosamente le sue piccole o grandi scoperte ma amava condividerle e parlarne, certo di fare, innanzitutto, un doveroso servizio all’arte musicale.
La sua grande passione e l’ambito nel quale, a mio avviso, eccelleva era il canto gregoriano. Oltre a formare il coro “Angelica”, sempre nell’ambito delle attività della Cappella Musicale di S. Biagio, era sempre alla ricerca di nuove occasioni liturgiche per inserire antifone, responsori, inni, sequenze, suggerendomi, a volte, di improvvisare nella prassi dell’alternanza. Anche in questa attività la conoscenza del latino unita ad un senso acutissimo dell’azione liturgica, hanno permesso a Giorgio di guidare coristi e organista in un percorso musicale tanto in voga in epoche passate e purtroppo così poco frequentato oggi.
L’amore per l’organo lo indusse ad azioni le più svariate: aiuto organaro nel ripristino dell’organo di Montorio, consulente preparato e convincente nelle azioni di restauro e valorizzazione di strumenti collocati, in taluni casi, in chiese sperdute nei posti più impensabili dell’Appennino, collaboratore generoso e disinteressato di molte parrocchie nella formazione di cori e di ripresa della prassi musicale con organo (a canne!), organizzatore infaticabile e direttore artistico per vent’anni della rassegna “Itinerari Organistici nell’Appennino Bolognese”. Molti sono gli strumenti storici “salvati” da questa sua opera meritoria e resa nel più autentico volontariato. Pianista, organista, cembalista, musicologo, liturgista, organizzatore, docente, ma soprattutto direttore di coro, tanti sono stati i ruoli che l’amico Giorgio sapeva interpretare con uno stile fatto non solo di professionalità e competenza, ma anche di disponibilità, generosità, lealtà, affidabilità, equilibrio.
Io lo ricordo col suo sorriso affabile, puntuale come un orologio, attendermi in sagrestia, prima di ogni esecuzione della Cappella Musicale di S. Biagio, con il programma musicale provvisto delle preziose istruzioni che ci permettevano sempre di svolgere al meglio due mestieri antichi e bellissimi, l’organista ed il maestro di cappella, e sempre ed esclusivamente “a maggior gloria di Dio”.
Giorgio Piombini
a cura di Pierpaolo Scattolin
Era l’uomo della pazienza, della comprensione verso l’altro, ma contemporaneamente aveva una precisa determinazione nel dirigersi verso gli obiettivi prestabiliti e si arrabbiava quando incrociava l’altezzosità e la presunzione. Lontano dai luoghi e dalle persone che contano aveva abbracciato la coralità al servizio della liturgia ma contemporaneamente come luogo dell’ incontro umano con un istintivo approccio didattica rivolta alla base. La sua casa era per lui uno strumento musicale, dove organo, clavicembalo e pianoforte si incrociavano in maniera raffinata e continua.
L’idea che il compositore “locale” fosse un punto di riferimento musicale importante si è concretizzata nella ricerca sul Riccieri, indicando il radicamento nella cultura locale non come restrittivo punto di conservazione della tradizione ma come ricerca, come base per andare oltre. Inseparabile dal Coro della Collegiata S. Biagio di Cento come dal suo berretto da operaio della musica, in realtà si potrebbe definire un vero “gentleman”.
Buongustaio, i nostri incontri spesso erano proprio nel momento conviviale, dove comunque si discuteva di musica e delle necessità culturali della comunità Montana da cui proveniva. Ricordo anche la sua autoironia e il suo spirito sportivo quando l’ho letteralmente “messo” per la prima volta sugli sci in Val d’Aosta.
In campo professionale particolarmente significativa è stata la sua illuminata attività come bibliotecario del Civico Museo Bibliografico Musicale di Bologna: ha saputo con pazienza e grande senso di responsabilità tessere il d
ialogo con studenti, docenti, ricercatori spesso provenienti dall’estero per favorire il loro approccio con problemi non solo di consultazione ma anche di indirizzo musicologico. Il rapporto fra la biblioteca del Conservatorio e quello del Museo Bibliografico non è stato sempre di piena collaborazione, ma frequentemente di carattere conflittuale: Giorgio si è sempre prodigato nel tenere aperto il sereno collegamento fra le due istituzioni. La sua grande trasparenza unita alla sincerità di rapporto era tesa a favorire ed orientare lo studioso, risolvendo i numerosi problemi legati alla ricerca musicologica. Del resto la ricerca e lo studio hanno sempre caratterizzato la sua azione, dall’attività di direttore di coro a quella del ripristino ad uso liturgico degli organi, allo studio musicologico del repertorio corale e della catalogazione. La sua individuazione nel canto gregoriano e nella polifonia classica non tanto della restaurazione del vecchio come idea liturgica, bensì come convinzione dell’equilibrio tra il senso estetico della preghiera e la sua dimensione sonora.
La musica come espressione ma anche come disciplina e partecipazione umana, come ricerca del bello che discende dal divino, attraverso l’utilizzazione in chiesa della voce in coro e dello strumento principe, l’organo, che preferiva accordato in modo che il coro potesse cantare anche in tonalità lontane da quelle antiche: era il suo senso pratico a indirizzare sempre le sue scelte musicali. La sua migliore azione didattica si esprimeva nell’andare incontro alle persone che studiavano musica partendo da posizioni veramente umili: Giorgio si potrebbe definire il musicista ideale per coloro che in qualche maniera trovavano difficile il percorso accademico o per quelli che addirittura ne erano stati respinti. Punto di rifermento anche nell’Aerco (Associazione Emiliano-Romagnola Cori) di cui è stato redattore dal 1989, contribuendo, a fare della rivista “Farcoro” e dei “Quaderni di Farcoro” uno strumento importante ed essenziale per la coralità regionale e nazionale.
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